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Giuliano Ferrara attacca Trump e Netanyahu A destra: Giuliano Ferrara Il dado è tratto. Giuliano Ferrara ha chiuso il cerchio delle sue critiche a Trump, coinvolgendo ora anche Netanyahu, il Trump di Israele, secondo lui. Anni e anni di gestione politica di Israele da parte di Netanyahu non avevano registrato mai una sola critica, ma anche nessun apprezzamento negli scritti di Ferrara. Ma ora l’incriminazione del leader israeliano sembra aver dato al fondatore del “foglio” una sorta di lasciapassare per attaccare Netanyahu. Un po’ di ipocrisia non guasta mai. Nel suo articolo sul “foglio” di ieri Ferrara dà una lezione di doppiogiochismo incensando e condannando, apprezzando e disprezzando. Sembra che le vicende mediorientali degli ultimi anni non siano mai esistite e che Netanyahu le abbia vissute in una sorta di harem personale. Aver conseguito “risultati di rara efficacia”, secondo Ferrara, non iscrive Netanyahu fra i più grandi uomini politici di Israele. Ma, allora, se il leader israeliano non avesse conseguito questi risultati, quale sarebbe la situazione dello Stato ebraico oggi? È una considerazione cruciale che sfugge, ahimè, a Ferrara. E se, invece, i palestinesi avessero accettato le offerte di Ehud Barack nel 2000, quale sarebbe oggi la situazione di Israele? Per fortuna, la stoltezza o il fanatismo di Arafat, che rifiutò quell’accordo, impedirono a Israele di trovarsi in condizioni di estremo pericolo, grazie alla folle proposta di Barack. Passata quella fase orribile, Netanyahu ha riportato la politica di Israele in uno stato di autodifesa e di contrattacco degna di uno Stato che difende i propri diritti con estrema convinzione e, nello stesso tempo, ha dato una svolta straordinaria alla situazione economica del suo paese, portandolo ad eccellere in molti campi nel sistema economico internazionale. Tutto ciò è riconosciuto da Ferrara, ma, allora, perché attaccare, nello stesso tempo, Netanyahu? L’impressione è che l’articolo di Ferrara sia stato scritto da due Ferrara diversi, una sorta di sdoppiamento della personalità che sarebbe piaciuto ad Arthur Schnitzler tanto da suggerirgli di riscrivere “Doppio sogno”, intitolandolo “Doppio Ferrara”.
Ma, al di là dello scherzo (fino a un certo punto), Ferrara è tanto preso dalla critica a Netanyahu che finge di dimenticare le strategie – non le tattiche, come dice Ferrara – che Trump e Netanyahu, e con loro i leader dei paesi arabi sunniti, stanno mettendo in campo per bloccare l’avanzata dell’Iran in Medio Oriente e le iniziative prese dallo stesso Trump a favore dello Stato ebraico. Perché Ferrara non si è mai applicato ad analizzare questa strategia – non tattica, come egli scrive, diminuendo a bella posta i connotati di questa politica – e ora critica “il contesto al quale il primo ministro ha deciso di agganciarsi, nel mondo e in patria”? Ma qual è questo contesto? Ferrara resta nel vago, rifugiandosi nell’ossessivo concetto di “sovranismo” e di “neonazionalismo”, un termine tanto usato ed abusato da essere ormai privo di significato specifico. Quanto poi al “ferale incrudimento del discorso pubblico e al maltrattamento rischiosissimo delle istituzioni e dei criteri di vita della democrazia politica e delle regole della pace internazionale e civile”, Ferrara evita di individuare le vere responsabilità che si sono accumulate nel tempo: la burocratizzazione estrema dell’Unione Europea, essa sì causa dell’incrudimento reattivo del discorso pubblico, le accuse false, spesso miserevoli, nei confronti di Israele, anch’esse motivo del “maltrattamento rischiosissimo delle istituzioni e dei criteri di vita della democrazia politica”, cui il governo di Natanyahu è obbligato a rispondere con la forza delle sua politica. Tutto questo è, nello stesso tempo, riconosciuto e negato da Ferrara in una sorta di aggrovigliamento intellettuale che lascia stupefatti. Ora che Netanyahu è incriminato, si è sciolto in Ferrara il dilemma che non ha potuto o voluto affrontare a suo tempo. Non potendo negare la positività della politica di Trump verso Israele (l’opposto di quella di Obama), Ferrara fa appello alle sue idiosincrasie nei confronti di Trump. Così, lo stretto contatto politico tra le posizioni di Trump e quelle di Netanyahu sui problemi mediorientali finisce per trascinare il leader israeliano nella condanna della politica generale trumpiana. Temo che ciò che ha scritto Ferrara avrà un’influenza negativa sulle posizioni del “foglio” sulla questione.
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