13 Milioni di cittadini inglesi hanno una visione demoniaca di Israele
Analisi di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Jeremy Corbyn, leader laburista
Il 21% della popolazione adulta britannica - circa undici milioni di persone - tende ad essere "fortemente" o "in parte" dell'idea che Israele sia uno stato di apartheid.
Il 10% - cinque milioni - tendono ad essere d'accordo sul fatto che "si dovrebbero boicottare beni e prodotti israeliani".
Considerando il numero di persone che approvano queste dichiarazioni contro Israele, non è rassicurante che solo il 23% non sia d'accordo con la tesi secondo cui Israele è uno stato di apartheid mentre il 46% non è d'accordo con il boicottaggio dei beni israeliani.
Questi dati su alcuni aspetti dell'antisemitismo che prendono di mira Israele provengono da un nuovo studio intitolato "Il conflitto dell'apartheid e la richiesta di un boicottaggio" di David Graham e Jonathan Boyd pubblicato nel gennaio 2019, congiuntamente dall'Istituto per la ricerca sulle politiche che riguardano gli ebrei (JPR) e dal Comunity Security Trust (CST).
Agli intervistati sono state sottoposte dodici dichiarazioni con la richiesta di rispondere se erano d'accordo o no "fortemente" o "in parte".
"Israele sta commettendo omicidi di massa in Palestina"
ha ricevuto la percentuale più alta di sì con il 24%. Il 23% concorda con la dichiarazione "Israele sta deliberatamente cercando di annientare la popolazione palestinese".
In altre parole, 13 milioni di cittadini del Regno Unito hanno una visione demoniaca di Israele.
Il 18% degli intervistati concorda con la dichiarazione secondo cui "gli interessi di Israele sono in disaccordo con gli interessi del resto del mondo".
Se la parola "Israele" viene sostituita con la parola "ebreo", è chiaro che una classica immagine antisemita è mutata in un sentimento anti-israeliano.
Lo stesso è accaduto con "Israele ha troppi controlli sugli affari globali", una dichiarazione secondo cui il 17% dei britannici adulti è d'accordo.
Un'altra enunciazione del genere "Israele è la causa di tutti i problemi in Medio Oriente" ha ricevuto il 10% di sì.
Tutte queste affermazioni potrebbero essere uscite da una versione aggiornata di Mein Kampf di Hitler, con Israele al posto di ebrei.
Il 13% degli intervistati concorda con la dichiarazione "Israele sfrutta la qualifica di vittima della Shoah per i propri scopi".
Il 5% non è d'accordo con la dichiarazione "Israele ha tutto il diritto di esistere".
Questo equivale a circa 3 milioni di persone. Per molte affermazioni coloro che non sono né d'accordo né in disaccordo o non sanno, costituiscono più o meno della metà delle persone intervistate.
Molte altre informazioni importanti ci vengono fornite dallo studio.
La percentuale più alta di coloro che sono d'accordo sul fatto che "Israele è uno stato di apartheid" hanno più di 60 anni di età, mentre chi ha meno di 30 anni non è d’accordo. Questo è vero anche per coloro che non sono d'accordo.
Le persone laureate tendono ad essere più d'accordo con la dichiarazione "Israele è uno stato di apartheid" rispetto ad altri ". Per quanto riguarda quest'ultima statistica, ci si potrebbe interrogare sull'influenza della sinistra nei campus universitari oggi. L’antisemitismo nel partito laburista è ampiamente nota.
Tuttavia, il maggior numero di dichiarazioni anti-israeliane si trova tra chi vota per partiti minori. Il 37% di coloro che intendono votare per i nazionalisti scozzesi o gallesi concordano con la dichiarazione che "Israele è uno stato di apartheid".
Il 31% degli elettori del Partito Verde è d'accordo.
Per i liberaldemocratici, la percentuale è del 30% e anche per il Partito dell'indipendenza del Regno Unito (di destra), è del 26%.
Tra coloro che votano per il partito conservatore, il 18% concorda con "Israele è uno stato di apartheid". Tra quelli che intendono votare per il Labour la cifra è del 27%.
Per quanto riguarda il boicottaggio dei prodotti israeliani, i laburiti sono i primi il 16%,seguito dal Partito dei Verdi con il 14%. I conservatori arrivano al 6%. Tutti gli altri sono vicini alla media del 10%.
Se si osservano le percentuali di coloro che sono d'accordo con la "dichiarazione di apartheid" suddivisa per comunità etniche, troviamo il 52% per il sì tra gli arabi britannici, il 33% tra i pakistani asiatici e il 30% tra i bengalesi asiatici. Tutti questi gruppi sono musulmani. Seguono gli indiani asiatici con il 28%.
Tra i cittadini britannici bianchi la cifra è del 24%. La percentuale più bassa tra chi è d' accordo, il 17%, è tra la popolazione nera.
Per quanto riguarda il "boicottaggio di beni e prodotti israeliani", gli arabi e gli altri musulmani sono i primi. Le percentuali sono il 45% di arabi, il 43% di pakistani asiatici e il 37% di asiatici bengalesi. Anche gli indiani asiatici, dove probabilmente i musulmani sono una minoranza, sono al 25%, molto al di sopra della media del 10%.
Lo studio ha anche differenziato le risposte sulla religione degli intervistati.
I risultati confermano che i musulmani sono i più anti-israeliani. Il 34% dei musulmani è d'accordo con "boicottare beni e prodotti israeliani".
I numeri per i non religiosi sono del 14%, mentre i cristiani si fermano all'8%. Per quanto riguarda la definizione di apartheid, la differenza nelle statistiche tra aderenti alla religione è meno dominante.
Lo studio conclude che maggiore è il livello di ostilità antiebraica, maggiore è la probabilità che lo siano anche le opinioni su Israele.
I risultati di questo studio non sono solo un'accusa a molti milioni di britannici, con una percentuale molto maggiore di immigrati musulmani e dei loro discendenti, queste scoperte devono anche portare a una forte condanna del governo israeliano che deve ancora creare una struttura specializzata in anti-propaganda.
Le ambasciate israeliane non sono attrezzate per affrontare questi problemi.
Dopo le prossime elezioni, i membri della Knesset dovrebbero sollevare la questione con forza.
Manfred Gerstenfeld è stato insignito del “Lifetime Achievement Award” dal Journal for the Study of Antisemitism, e dall’ International Leadership Award dal Simon Wiesenthal Center. Ha diretto per 12 anni il Jerusalem Center for Public Affairs.
Le sue analisi escono in italiano in esclusiva su IC