Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03/03/2019, a pag.10 con il titolo "L'UE avvisa Sarajevo 'Ora restituite i beni confiscati agli ebrei' "la cronaca di Mauro Manzin
Beni espropriati non solo agli ebrei, come recita il titolo, ma anche ad altre minoranze religiose, tra cui la chiesa ortodossa, dal regime di Tito. Questo che segue è il primo articolo che affronta l'argomento. La nostalgia per Tito da parte dei comunisti italiani non si è ancora spenta, come dimostrano le prese di posizione dell'Anpi sulla tragedia della foibe. I nostri media, quanti scheltri negli armadi!
Mauro Manzin
Il miracolo di Sarajevo è inciso a cavallo della Baščaršija, il quartiere musulmano della capitale bosniaca. Qui, nel raggio di 500 metri, pregano il mufti nella moschea, il vescovo nella cattedrale cattolica e il rabbino nella sinagoga. Tre religioni, tre mondi, tre culture fuse nell’anima di una città. Ma non nella politica che rappresenta i suoi cittadini. La risoluzione Lo conferma anche l’Europarlamento che nella risoluzione adottata il 13 febbraio scorso ha invitato le autorità di Sarajevo a «garantire il diritto di proprietà» e ha sottolineato «la mancanza di un quadro legislativo completo sulla gestione delle richieste di restituzione» della proprietà e della terra che è stata sequestrata agli ebrei e alle altre comunità durante la seconda guerra mondiale e dal regime jugoslavo di Tito. Jakob Finci, il presidente della Comunità ebraica in Bosnia, spiega che non ci sono dati precisi sul valore totale delle proprietà che un tempo appartenevano agli ebrei del Paese, ma sottolinea che alcune di queste sono effettivamente utilizzate dalle istituzioni bosniache. «Per esempio c’è l’edificio in cui si trova il ministero degli Interni cantonale di Sarajevo - spiega a Birn - che è l’edificio di La Benevolencija». È ubicato in una strada di Sarajevo dalla quale prende il nome. La Benevolencija è un’organizzazione ebraica fondata nel 1892 nella capitale bosniaca per aiutare a dare agli studenti ebrei bosniaci l’opportunità di frequentare università in altre parti di quello che allora era l’impero austro-ungarico. Sarajevo ospitava circa 12.000 ebrei prima della seconda guerra mondiale, ora ce ne sono circa mille in tutto il Paese. La Benevolencija Nel 1945, dopo la fine della guerra, La Benevolencija fu messa al bando dalle nuove autorità comuniste, ma riuscì a riemergere sotto il nome di Sloboda. Nel 1991, ha riottenuto il suo vecchio nome, e Finci è stato nominato primo vicepresidente ufficiale. Durante la guerra bosniaca del 1992-95 e l’assedio della capitale, La Benevolencija fu una delle organizzazioni ben note che fornivano aiuti ai «saralje», i cittadini di Sarajevo. Per quanto riguarda il motivo per cui questo e molti altri edifici non sono stati restituiti ai precedenti proprietari, Finci parla chiaro: «Manca la volontà politica». E la lista dei bei confiscati è lunga e include anche gli ortodossi e i musulmani. I dati della Commissione per la Restituzione del Consiglio dei ministri della Bosnia indicano che circa un milione di ettari di terra e circa tre milioni di metri quadrati di spazi commerciali e residenziali appartenenti a varie comunità religiose nel Paese sono stati nazionalizzati. Stime peraltro inaccettabili per i musulmani che rivendicano 30 milioni di ettari in tutta la Bosnia. Gli ortodossi Anche la Chiesa ortodossa afferma che è proprietaria di edifici e terreni in posizioni privilegiate. «Proprietà che si trovano per lo più nel centro di Sarajevo come l’edificio della Facoltà di Economia, oppure quello del Parlamento bosniaco e del Consiglio dei ministri, nonché il terreno dove si trova l’Holiday Inn, l’albergo che ospitò tutti gli inviati di guerra durante l’assedio degli anni Novanta. I musulmani solo a Sarajevo rivendicano la Jat House, gli hotel centrali e della città vecchia, un edificio a Markale, uno nel quartiere di Glass Town (area commerciale), 900 locali a Baščaršija e Bezistan, una casa al civico 32 di via Maresciallo Tito (ironia della sorte) e la terra dove sorgono Skenderija e la presidenza bosniaca. Nel 2016 fu predisposto un disegno di legge sulla denazionalizzazione, ma è caduto vittima dei veti incrociati dei partiti etnici che guidano la Bosnia. A dire di no è stata la Republika Srpska per la quale il problema va risolto a livello cantonale e non statale. Poi più nulla.
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