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Deborah Fait
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Chi l'avrebbe detto?

Chi l'avrebbe detto?
Commento di Deborah Fait

a destra, il giuramento davanti al Kotel

Se i membri della mia famiglia bruciati nell'inferno di Auschwitz avessero immaginato che, a distanza di 80 anni, più o meno la durata di una vita umana, un loro discendente avrebbe indossato una divisa e avrebbe giurato fedeltà a Israele, a Tzahal e al popolo ebraico, davanti al Kotel, a Gerusalemme capitale di Israele, avrebbero pensato di sognare. 
Eppure il sogno, come diceva Theodor Herzl, è diventato realtà, una meravigliosa realtà. Giovedì scorso mio nipote Yonatan, 18 anni, e il suo battaglione, erano davanti a quel Muro dove milioni di ebrei hanno pianto per un Erez Israel perduto, e là hanno giurato. Dopo la formula letta da un ufficiale dell'aeronautica, "Giurate voi di essere fedeli a……." i ragazzi e le ragazze impettiti nelle loro belle divise blu, hanno gridato con tutto il fiato che avevano in corpo "Anì nishbà- Io giuro!" 
 
Faceva freddo, pioveva, il vento ci toglieva il fiato ma eravamo tutti là, genitori, nonni, amici, bagnati come pulcini, intirizziti esattamente come i nostri ragazzi, ma talmente commossi e felici che non sentivamo niente. C'era il gelo, cosa mai vista in Israele, ma dentro di noi avevamo il cuore caldo di amore e di orgoglio per quei ragazzi e ragazze che si apprestavano a difendere la patria, ridendo felici della loro gioventù.

Chi l'avrebbe detto? Chi l'avrebbe detto che a distanza di 80 anni dal più grande, incredibile e infame delitto della storia contro un unico popolo, quello stesso popolo, o meglio quello che ne era rimasto, avrebbe abbandonato un'Europa assassina, ricoperta dalle ceneri di 6 milioni di ebrei, per andare, con tutti i mezzi a disposizione, verso Erez Israel, il paese dei Padri, promesso ad Abramo, Isacco e Giacobbe. Un paese dal quale erano stati separati fisicamente ma che mai avevano lasciato con il cuore e l'anima profondamente ebraica. 
Davanti a quel Kotel, in quella città che per 2000 anni avevano invocato e pianto recitando "L'anno prossimo a Gerusalemme", altri ebrei, oggi, stavano in piedi, giovani e orgogliosi, pronti a sacrificare tre anni della loro vita per difenderla da altri nemici intenzionati a distruggerla per l'ennesima volta.

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Nel giorno del ricordo dei soldati caduti

Si, chi l'avrebbe detto? Chi l'avrebbe detto a quei poveri ebrei che, denudati per togliere loro anche la minima dignità di esseri umani, camminavano verso le camere a gas tra le urla disumane dei loro carnefici, che Israele sarebbe rinato per accogliere e difendere i sopravvissuti. Chi l'avrebbe detto che oggi i figli e nipoti di tutte quelle vittime innocenti sarebbero diventati cittadini di uno stato sovrano, del loro stato sovrano, e avrebbero imbracciato il fucile gridando Mai più! Non accadrà mai più, noi siamo qui per restare a casa nostra, in Israele! 
Chi l'avrebbe detto che, dopo 2000 anni di persecuzioni e dopo la Shoah, quella terra abbandonata, brulla, desertificata dall'incuria degli invasori, sarebbe diventata un giardino di coltivazioni, di fiori, di boschi e foreste. Ogni fiore, ogni filo d'erba, ogni albero piantato dalle mani dai sopravvissuti e poi dai loro figli e dai figli dei loro figli. 
Chi l'avrebbe detto che Israele, dopo Stati Uniti e Cina, avrebbe mandato un' astronave sulla luna, una sonda che porta il nome di Bereshit, la prima parola della Torà, la Bibbia ebraica, che significa "All'inizio"! 
Chi l'avrebbe detto che Israele è da anni nella classifica dei 10 paesi più felici del mondo anche se nuovi nazisti urlano "sporco ebreo, sporco sionista, ti ammazzaremo, ti butteremo in mare". 
Chi l'avrebbe mai detto che Israele, piccolo com'è, è all'ottavo posto tra le maggiori potenze mondiali, sempre tra i primi in classifica nell'elenco dei premi Nobel, leader nella tecnologia. Israele è' nel gruppo di testa dei paesi leader della rivoluzione industriale. E lo è diventato dopo aver abbandonato la vecchia struttura socialista necessaria nei primi decenni in cui si doveva costruire lo stato. 
Chi l'avrebbe detto che Israele, minuscolo e senza risorse naturali (solo ultimamente sono stati scoperti  in mare giacimenti di gas), circondata da nemici spietati e mai sazi di sangue, sarebbe arrivato a un simile risultato in mezzo a infinite difficoltà.

 Tanti anni fa, durante una visita al Mar Morto, la guida che ci spiegava le peculiarità di quella zona, disse: "Israele ha solo una risorsa naturale: il cervello del suo popolo". 
Il cervello di medici, architetti, ingegneri, intellettuali che, appena arrivati qui dall' inferno, si sono tirati su le maniche, hanno preso zappa e badile e hanno costruito il paese, zolla per zolla, lavorando di notte e col fucile in spalla per difendersi da quelli che, dalle colline, sparavano loro addosso. 
E chi lo avrebbe detto che oggi, a 80 anni dalla Shoah, esistono ancora dei satrapi che vogliono eliminare l'ebreo tra gli stati schierando lungo i nostri confini migliaia di missili pronti a distruggerlo. 
Chi lo avrebbe detto che al sud del paese ci sparano addosso missili da 10 anni e incendiano i nostri campi e cercano di sfondare i nostri confini e ammazzare ancora i nostri bambini! Chi l'avrebbe detto che una parte del mondo desidera una nuova e definitiva Shoah!

Ancora oggi quell'Europa che dovrebbe solo mettersi in ginocchio e chiedere perdono, si sta crogiolando nell'odio contro gli ebrei per il semplice fatto che esiste Israele. L'Europa voleva vederci umili, sopravvissuti, demotivati e intimiditi dalla paura, invece si è ritrovata davanti un popolo forte, che non prova neanche odio per quello che gli hanno fatto, pensa un po', e questo ha fatto scoppiare la rabbia furibonda sia a destra che a sinistra e a desiderare di veder scomparire il paese che, suo malgrado, è qui a loro eterna vergogna. 
Stiamo vivendo una situazione paradossale, da una parte ci urlano "ebrei fuori dall'Europa", dall'altra "ebrei fuori dalla palestina". Dove dovremmo andare secondo i nostri nemici? Semplice, da nessuna parte, dovremmo scomparire e lasciar loro tutte le invenzioni, le scoperte scientifiche e mediche, la tecnologia.
Questo è quello che vorrebbero e questo è quello che non avranno perché Israele è il sogno diventato realtà, un paese che costruisce il proprio futuro e ama i propri figli cui ha insegnato la speranza, la felicità, il coraggio e il sacrificio.

"Anì nishbà- Io giuro - hanno gridato i ragazzi e le ragazze di Tzahal davanti al Kotel, a Gerusalemme capitale eterna di Israele - qui siamo, qui resteremo e difenderemo la nostra patria!"

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Deborah Fait
"Gerusalemme, capitale unica e indivisibile dello Stato di Israele"


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