martedi` 24 dicembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Foglio-Il Fatto quotidiano Rassegna Stampa
02.03.2019 Ma Bibi non si lascia intimorire
Cronache e commenti di Rolla Scolari, Fabio Scuto

Testata:Il Foglio-Il Fatto quotidiano
Autore: Rolla Scolari-Fabio Scuto
Titolo: «Bibi è nei guai ma prepara la sua controffensiva (fondata su un'arte)-Re Bibi alle strette, ora parla di 'persecuzione politica'»

Immagine correlata
Bibi non lascia intimidire, risponde a Mandelblit per 16 minuti in TV
nulla di quanto ha dichiarato nei due articoli che seguono

Sull'incriminazione di Netanyahu, riprendiamo oggi, 02/03/2019 due articoli usciti sul FOGLIO a pag.3 e sul FATTO quotidiano a pag.19.
Entrambi preceduti dal nostro commento.

Il Foglio-Rolla Scolari: "Bibi è nei guai ma prepara la sua controffensiva (fondata su un'arte)"
Immagine correlata
Rolla Scolari

Dopo un inizio abbastanza corretto, Rolla Scolari a chi chiede una opinione? Ad Anshel Pfeffer, giornalista di Haaretz e autore di una biografia del Premier. Definire 'liberal' il quotidiano più visceralmente critico verso Netanyahu, è scorretto, in quanto il significato dell'aggettivo 'liberal' si presta  in italiano ad ambigua comprensione, cioè confonderne la traduzione con 'liberale' quando invece dovrebbe essere 'di sinistra'. Scolari poi prende per buona la critica alle elezioni anticipate volute dal Premier, mentre trova naturali le affermazioni di Mandelblit quando giustifica l' apertura della fase processuale  a pochi giorni dalle  elezioni. Sono anni che queste 'accuse' riempiono le pagine dei giornali israeliani, come mai  Mandelblit non ha mai dato inizio a un regolare processo?  Aspettava le elezioni?
Stupisce il tono di Scolari su un quotidiano che ci aveva abituati a ben altre analisi. Il vento anti-Trump comincia a soffiare anche contro Bibi?

Milano. Le elezioni anticipate del 9 aprile in Israele si sono appena trasformate in un referendum: sì o no a Benjamin Netanyahu. Il leader della destra del Likud potrebbe diventare il primo premier nella storia del paese a essere incriminato mentre è al potere.
 Il procuratore generale Avichai Mandelblit ha infatti annunciato la sua intenzione di mettere il primo ministro sotto accusa per i reati di corruzione, frode, abuso di fiducia in tre casi che coinvolgono ricchi uomini d'affari, produttori di Hollywood, editori di giornali e una delle principali aziende di telecomunicazioni nazionali. Prima che arrivi ufficialmente l'incriminazione, però, Bibi Netanyahu ha a disposizione un'udienza in cui la sua vasta squadra legale potrà presentare testimoni per la difesa. Il primo ministro, tra i leader più duraturi della storia del paese, al potere da quattro mandati, ha già chiarito che combatterà, e lo farà con tutte le armi a sua disposizione, e che, a differenza di quanto gli chiedono gli avversari politici, andrà dritto al voto di aprile. "Voglio continuare a essere il vostro primo ministro per molti altri anni, ma dipende da voi", ha detto in un video alla nazione giovedì sera dopo l'annuncio del procuratore. In effetti, le prossime elezioni "saranno tutte su Bibi Netanyahu", spiega al Foglio Anshel Pfeffer, autore di `Bibi: The Turbulent Life and Times of Benjamin Netanyahu" ed editorialista del quotidiano liberal Haaretz. Il primo ministro, ci spiega, ha anticipato le elezioni proprio perché sperava che il voto si tenesse prima dell'annuncio dell'incriminazione, ma la procura non ha atteso, perché "un ritardo" avrebbe significato prendere una posizione politica.
Ora, sulle sorti di un'elezione-referendum, per o contro il lungo regno di Netanyahu, pesa anche un nuovo e inaspettato elemento: da qualche settimana, nel panorama politico israeliano esiste un nuovo attore, il partito Blu e Bianco, dai colori della bandiera israeliana. Con solide credenziali militari, il movimento sfida il premier sul suo stesso terreno, quella della difesa dello stato ebraico dalle minacce esterne. Alla sua testa c'è l'ex generale Benny Gantz affiancato da due ex capi di stato maggiore, Moshe Ya'alon e Gabi Ashkenazi, e dall'ex presentatore di talkshow, Yair Lapid. Il centro politico in Israele è diventato molto affollato, e rischia di attirare, dopo l'annuncio del procuratore generale, parte dell'elettorato che avrebbe altrimenti scelto Bibi. I primi sondaggi dopo la bomba giudiziaria di giovedì arriveranno all'inizio della settimana prossima. L'ultimo prima dell'annuncio vedeva il partito di Gantz, in caso di incriminazione, schizzare a 44 seggi contro il 25 del Likud. In passato, è stato sempre un errore dare per spacciato Netanyahu, uno dei politico più abili nell'arte della sopravvivenza in Israele. E oggi, ci dice Pfeffer, il premier "è ancora un concorrente, perché nessuno tra i suoi alleati lo obbligherà a farsi da parte, perché ha ancora a disposizione un'udienza di difesa, perché pensa di poter essere ancora primo ministro". Benché sia in arrivo un'incriminazione, al primo ministro israeliano non è richiesto di dimettersi. Prima di lui, nel 2008, il premier Ehud Olmert diede le dimissioni perché coinvolto in un'inchiesta per corruzione. Soltanto dopo arrivò l'incriminazione. Lo stesso accadde nel 1977 con Yitzhak Rabin, accusato di aver mantenuto conti in banca negli Stati Uniti quando ai cittadini israeliani era vietato averne all'estero. Netanyahu ha fatto sapere che resterà. Per confermarsi ancora una volta come una reale minaccia elettorale dopo l'intenzione di incriminarlo, deve però tenersi stretta "la destra morbida", "gli elettori che hanno votato Likud o Kulanu (un partito di centro destra alleato del premier, ndr), cui il primo ministro non piace troppo, ma che non hanno alternative valide", dice Pfeffer. Il rischio per il futuro politico di Netanyahu, è che per questa fetta di popolazione Gantz e il suo partito possano diventare un'alternativa possibile. Per anni Benjamin Netanyahu ha governato il paese grazie alla sua solida arte di costruire attorno a sé coalizione di governo. Dopo l'annuncio delle scorse ore, il primo ministro potrebbe ritrovarsi indebolito proprio in questa sua abilità, perché, come spiega Pfeffer, per il leader della destra, in caso di un successo alle urne, la vera difficoltà sarà creare attorno a sé una coalizione: un leader con guai con la giustizia e quindi politicamente debole ha meno potere contrattuale davanti ai suoi alleati, che chiederanno molto in cambio di un sostegno. Il video-discorso dopo l'annuncio del procuratore generale contiene già le basi della difesa che Netanyahu metterà in campo, con soltanto 40 giorni di tempo prima del voto. Netanyahu tenterà di mobilitare l'elettorato di destra attorno a sé, con un mantra che utilizza già da tempo: il suo unico e credibile rivale, Gantz, è accusato d'essere "di sinistra", un'etichetta che tutti i politici di questi tempi in Israele temono. Per Netanyahu, l'annuncio dell'incriminazione è una "caccia alle streghe" di una magistratura di parte, tentativo di una sinistra che non vince alle urne di farlo uscire di scena con altri mezzi. Non è detto che questa difesa però regga: il procuratore generale all'origine dell'incriminazione, arrivata dopo tre anni di inchieste, è stato nominato dallo stesso primo ministro. Oltre a essere stato segretario di gabinetto di Netanyahu, Avichai Mandelblit - religioso, ex capo dell'ufficio legale dell'esercito-è una personalità che piace alla destra e ai suoi elettori.

Il Fatto quotidianio-Fabio Scuto:"Re Bibi alle strette, ora parla di 'persecuzione politica'

 Immagine correlata
Fabio Scuto

Con la firma di Fabio Scuto e la testata su cui esce il suo pezzo, sarebbero già sufficienti a invalidarne la credibilità. Lo riprendiamo ugualmente per sottolineare - almeno- quando sia ridicolo il citare seriamente le testimonianze al giudice inquisitore di tutti gli avversari politici di Bibi. Questo per chiarire da quale parte poltica pende il  giudice Mandelblit.

Gerusalmme- L'uomo che un tempo era il capo di Gabinetto di Benjamin Netanyahu potrebbe averne l'altra sera decretato l'inizio della parabola discendente. Avichai Mandelblit oggi è il procuratore generale dello Stato d'Israele, capo dell'ufficio che in 57 pagine ha riassunto i capi di imputazione contro il premier uscente che vanno dalla frode alla corruzione, alla violazione della fiducia. Un pacchetto di accuse serie messo insieme in due annidi indagini serrate dallaLahav 433, l'unità speciale contro la frode e la corruzione, arricchitedalletestimonianze di tre ex intimi collaboratori di Bibi, che hanno collaborato in cambio di un declassamentodelle accuse contro di loro.
L'ANNUNCIO, anche se ampiamente previsto nei tempi, è piovuto nel pieno della campagna elettorale per le elezioni del 9 aprile che si annunciano come quelle che dopo 13 anni potrebbero segnare la fine del regno di "King Bibi". Lui - consapevole che questa potrebbe essere la sua ultima battaglia - promette di vender cara la pelle e parla di "persecuzione politica". Ha imbarcato nel suo schieramento l'ultra destra razzista e xenofoba dei `kahanisti', messi fuorilegge negli anni Novanta e adesso tornati sotto altre sigle, e poi coloni messianici, frange violente del tifo calcistico, per far fronte alla avanzata dell'Alleanza dei generali, i suoi sfidanti: Benny Gantz, Moshe Yaalon e Gabi Askenazi. I tre ex comandanti in capo dell'IDF hanno una fila di medaglie lunga un metro ciascuno e il vento in poppa nei sondaggi, staccano il Likud di Netanyahu di ben 6 seggi. Gantz, che dirige l'Alleanza "Kahol Lavan" (Blu e Bianco, la bandiera di Israele) insieme a Yair Lapid, ha invitato Netanyahu alle dimissioni dopo la formalizzazione delle accuse. I sedici minuti di discorso di Netanyahu via tv e Facebook l'altra sera sono stati solo il primo assaggio del suo schema di difesa che sembra mutuato da quello del suo sostenitore Donald Trump nei confronti delle indagini dell'Fbi sui di lui: delegittimare chi lo accusa. "Questo intero castello di carte crollerà - ha detto - ne sono assolutamente certo e intendo servire il Paese per molti anni a venire". E fino a quando al processo non sarà condannato, potrà continuare a servire come primo ministro, a condizione che il suo partito - il Likud - vinca le elezioni della Knesset e rimanga al potere.
LA DECISIONE di Mendelblit arriva dopo mesi di lunghe discussioni che hanno coinvolto venti alti funzionari del ministero della Giustizia. Circa 140 testimoni sono stati ascoltati, alcuni hanno fornito prove come gli ex collaboratori del premier Ari Harow,Shlomo Filbere NirHefetz; anche cinque ministri del governo attuali o precedenti - Yair Lapid, Gilad Erdan, Yariv Levin, Zeev Elkin e Tzipi Livni - hanno deposto davanti ai giudici. Benjamin Netanyahu, il Likud e ipartiti alleati hanno fatto di tutto perché l'ufficio del Procuratore Generale si pronunciasse dopo il voto del 9 aprile sostenendo che la decisione di Mandelblit avrebbe "influenzato il voto e minato la democrazia". "Il processo - accusano - è stato spinto dalla pressione dei media e della sinistra". La decisione di Mandelblit non è definitiva. Netanyahu avrà l'opportunità di capovolgerla in un'audizione che si terràneimesisuccessivi algiorno delle elezioni del 9 aprile. Nell'udienza preliminare l'accusa presenterà tutte le sue prove contro il premier, sarà la prima volta che il collegio di difesa di Netanyahu potrà consultarle nella loro interezza. 1l processo potrebbe richiedere fino a un anno. I giudici di Israele hanno già dato prova di non farsi influenzare dalla caratura dei personaggi sotto accusati. In un recente passato hanno condannato un capo dello Stato (Moshe Katsav per molestie sessuali), un vice-premier (Ehud Olmert per corruzione),un ministro ortodosso per bustarelle e un altro per spionaggio. Non si faranno intimidire da Bibi Netanyahu.

Per inviare la propria opinione, telefonare:
Il Foglio: 06/5890901
Il Fatto quotidiano: 06/328181
oppure cliccare sulle e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it
lettere@ilfattoquotidiano.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT