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Giuliana Iurlano
Antisemitismo Antisionismo
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La storia di Warder Cresson 01/03/2019

La storia di Warder Cresson
Commento di Giuliana Iurlano

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Warder Cresson

Nella prima metà dell'800, la neonata repubblica americana, nata dalla rivoluzione del 1776, stava cercando di delineare le proprie relazioni commerciali con i paesi che si affacciavano sulle rotte del Mediterraneo – rese molto pericolose dalla presenza dei Barbary States – e che, all'epoca, facevano parte dell'Impero ottomano. Quando finalmente, dopo trent'anni di trattative, gli Stati Uniti firmarono, il 7 maggio del 1830, un trattato commerciale e di amicizia con la Sublime Porta, le relazioni consolari tra i due paesi si intensificarono. Una delle conseguenze fu la redazione delle prime descrizioni ufficiali della Palestina e della Città Santa di Gerusalemme, dove viveva una comunità di ebrei,in percentuale la più numerosa, accanto a vari altri gruppi religiosi.

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Una foto di Gerusalemme nei primi anni del Novecento

La storia diplomatica statunitense della prima metà del secolo si caratterizza per il tentativo di costruire o mantenere con l'Impero ottomano una rete di rapporti consolari ad ampio raggio, frequentemente affidati ad ebrei, ritenuti in grado di mediare più di altri tra cristiani e musulmani e, nello stesso tempo, capaci di cogliere appieno gli interessi commerciali americani. Uomini come Manuel Mordecai Noah, David Darmon e Warder Cresson – ebrei di nascita i primi due, convertito all'ebraismo il terzo – si ritrovarono, così, ad assumere tali funzioni in un'area geopolitica complessa e dinamica. Il percorso spirituale e politico di Warder Cresson, un quacchero di Filadelfia convertitosi all'ebraismo con il nome di Michael Boaz Israel, è esemplare di quello che Abraham J. Karp ha definito come un "importante barlume del primo sionismo americano". Cresson – recatosi a Gerusalemme nel 1852, dopo aver vinto una causa contro la moglie e il figlio che volevano farlo dichiarare insano di mente per essersi convertito all'ebraismo – cominciò a pensare all'idea di creare una Soup-House nella Città Santa non soltanto per venire incontro alle gravi condizioni degli ebrei mediorientali, ma anche per prevenire qualsiasi tentativo di convertirli al cristianesimo. Nella sua Circular Letter (pubblicata nello stesso anno su "The Occident"), egli affermava che la nazionalità di Israele richiedeva "la restaurazione e il consolidamento di tutti gli ebrei nella loro terra, [...] perché nessun popolo potrà mai diventare potente se continua ad essere disperso in tutto il mondo, in quanto solo l'unità e il consolidamento è forza, mentre la dispersione è debolezza". Cresson anticipava, così, il classico argomento sionista dell'effetto devitalizzante della galuth (esilio) sul popolo ebraico e faceva appello al sultano Abdul Mejid affinché concedesse agli ebrei la "sua protezione e un pezzo di terra" da coltivare con un innovativo sistema agricolo, che gli avrebbe garantito di raccogliere il doppio del grano.

Interessante è la parte conclusiva della Circular Letter, in cui vengono esplicitati gli scopi basilari del suo progetto proto-sionista: 1) facilitare la migrazione di coloro che desideravano ritornare nella Terra Promessa; 2) fornire i mezzi per migliorare le condizioni fisiche e morali degli ebrei palestinesi e di quelli che avessero voluto trasferirsi lì; 3) istruirli ed assisterli nelle attività agricole; 4) costruire scuole per tutte le età; 5) creare dei comitati internazionali per diffondere tali obiettivi; 6) nominare un comitato per studiare la situazione critica degli ebrei palestinesi e per elaborare delle soluzioni adeguate. Appena giunto a Gerusalemme, Cresson organizzò immediatamente un comitato agricolo con lo scopo di dividere la terra in piccoli lotti da affidare ciascuno a non più di sette famiglie, pronte a far fronte comune per difendersi e proteggersi l'un l'altra. Egli – anticipando quelle che sarebbero state successivamente le obiezioni degli ebrei ortodossi alla nascita di uno Stato ebraico – non credeva che vi fosse contraddizione tra l'idea di una Restaurazione come potenza miracolosa di Dio e l'intervento umano, in quanto profondamente convinto che gli ebrei avessero il sacrosanto diritto "di impegnarsi per promuovere la felicità futura attraverso gli sforzi individuali", sforzi che, a suo dire, avrebbero trasformato la Palestina in una terra abitata da industriosi agricoltori e soprattutto "un grande centro che accogliesse chiunque volesse andarci ad abitare per far riposare la propria anima perseguitata".

Ma il progetto di Cresson prevedeva anche un forte impegno statunitense, che ne avrebbe garantito la realizzazione e la sicurezza. L'impresa, però, non ebbe successo: essa naufragò di fronte al doppio ostacolo dell'insufficienza dei capitali provenienti dall'estero e dalla mancanza di un reale interesse tra gli stessi ebrei palestinesi. Cresson si ripiegò in se stesso, dedicandosi ai suoi interessi religiosi fino alla sua morte, avvenuta il 27 ottobre 1860. Nonostante l'insuccesso, egli aveva colto alcuni elementi molto importanti che avrebbero caratterizzato il sionismo successivo: il tema della forza devitalizzante della galuth, contrapposta a quella corroborante della Restaurazione in Palestina; il ruolo dell'agricoltura nel processo restaurativo di Israele, un processo realizzato grazie all'intervento attivo degli ebrei in attesa del Messia; infine, il tema, tipicamente americano, del valore del lavoro sull'antica terra del popolo ebraico, che così ne sarebbe risultata rigenerata, restituendo nello stesso tempo al Popolo Eletto quel vigore e quella forza che sembravano ormai perdute.


Giuliana Iurlano è Professore aggregato di Storia delle Relazioni Internazionali presso l'Università del Salento. Collabora a Informazione Corretta


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