Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 28/02/2019, a pag.14 con il titolo "Catalogo senza donne le ebree ortodosse denunciano Ikea" il commento di Vincenzo Nigro.
L'Ikea ha diffuso in Israele un'edizione speciale del catalogo in cui non vi sono immagini di donne "per non urtare la sensibilità della comunità ultraortodossa". Proprio da una donna ebrea ortodossa, però, è arrivata la denuncia di discriminazione contro la multinazionale svedese. La protesta si è allargata presto in Israele, un Paese in cui la maggioranza dei cittadini è sensibile alle discriminazioni, da qualunque parte provengano.
Ecco l'articolo:
Vincenzo Nigro
La copertina del catalogo Ikea
Dopo aver ricevuto nella sua cassetta delle lettere il catalogo Ikea, Hannah Katsman, una cittadina israeliana ortodossa ma non ultrareligiosa, si è accorta che in quel catalogo mancava qualcosa. Le donne. C’erano i mobili, le lampade, i letti, i capifamiglia, i bambini in ginocchio a giocare sui tappeti, ma neppure una donna. In Israele Ikea aveva stampato un’edizione speciale del catalogo destinata alle famiglie ortodosse con questa particolarità: da ogni foto erano state rimosse le donne che pure sono decisive nella scelta di un acquisto per arredare una casa. Gli ebrei ortodossi hanno regole ferree nella separazione dei sessi e le donne vivono in seconda fila. Ikea ha accettato di rispettare le loro tradizioni pur di vendere anche alla loro comunità, ma così facendo ha fatto infuriare gli israeliani laici che non tollerano discriminazioni di genere. Alla Corte distrettuale di Gerusalemme la signora Katsman ha presentato una class action da richieste di risarcimento milionarie.
Assieme alla Katsman si è mobilitato l’Israel Religious Action Center, una delle organizzazioni dell’Ebraismo Riformista, corrente progressista. Secondo Orly Erez-Likhovski, direttore del dipartimento legale del Center, è la prima volta che una compagnia internazionale finisce in tribunale per un caso di sospetta discriminazione contro le donne. Nella denuncia al tribunale di Gerusalemme citata da Haaretz, il Centro sostiene che «l’esclusione totale di donne e ragazze dal catalogo manda il segnale secondo cui le donne non hanno valore e ruolo, che c’è qualcosa di sbagliato nella loro presenza, anche negli spazi casalinghi illustrati nel catalogo». Una discriminazione, prosegue, che «ha danneggiato e traumatizzato chi ha ricevuto il catalogo». Il catalogo era stato distribuito nel 2017 soltanto per pochi mesi, perché Ikea (che in Israele vende perlopiù a famiglie laiche) lo ha ritirato dopo le prime proteste arrivate ai suoi centralini. I querelanti hanno fatto un calcolo dei risarcimenti: valutando in 10.000 le donne che potrebbero essere state offese, chiedono un risarcimento di 1500 shekel a testa, circa 400 euro, per ogni donna che aderirà alla class action.
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