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La Stampa Rassegna Stampa
25.02.2019 Un'autostrada dal Cairo a Città del Capo per unire l'Africa
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 25 febbraio 2019
Pagina: 11
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «La crescita dell’Africa ora corre sull’autostrada Cairo-Cape Town»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 25/02/2019, a pag.11 con il titolo "La crescita dell’Africa ora corre sull’autostrada Cairo-Cape Town" la cronaca di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

Un striscia di asfalto lunga 10 mila chilometri, da Alessandria d’Egitto fino a Città del Capo. È un sogno nato più di un secolo fa, quando gran parte dell’Africa era sotto il dominio dell’Impero britannico. È stato rilanciato subito dopo l’indipendenza degli Stati africani e sepolto sotto un sequela infinita di guerre civili. Ora però è più vivo che mai, e il primo tratto, dalle sponde del Mediterraneo fino al centro della Valle del Nilo è stato inaugurato qualche giorno fa. È un’arteria imponente, che lungo l’area urbana del Cairo si allarga anche fino a otto corsie e che per ora si ferma al confine con il Sudan. Ma il progetto complessivo coinvolge oltre all’Egitto altri nove Paesi, Sudan, Sud Sudan, Etiopia, Kenya, Tanzania, Zambia, Zimbabwe, Botswana, Sudafrica.

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In rosso, il tracciato dell'autostrada


Come la Panamericana, la prima autostrada transafricana è destinata a diventare una leggenda per i viaggiatori su quattro o due ruote.
Una strada che costeggia le Piramidi, il Lago Vittoria, il Kilimangiaro è fatta per sognare. Ma dietro gli enormi investimenti, in tutto 32 miliardi di dollari secondo le ultime stime, c’è soprattutto la volontà di rilanciare l’economia egiziana e di tutta l’Africa orientale. Il completamento del primo tratto è stato annunciato dal ministro dei trasporti Hisham Arafat, che ha parlato di «tappa storica» nell’integrazione delle economie africane. Il progetto è stato lanciato sotto la presidenza di Abdel Fatah al-Sisi, all’inizio del 2015, come parte del piano di infrastrutture, a partire dal raddoppio del Canale di Suez, destinato a portate l’Egitto nel Ventunesimo secolo. Ogni Paese finanzierà il suo tratto ma è chiaro che la Transafricana è destinata a cambiare i rapporti commerciali e politici nella regione in senso continentale.

L’idea del 1890
L’Africa soffre ancora dell’eredità coloniale, quando le vie di trasporto erano concepite per servire gli interessi delle potenze europee, e i collegamenti fra diversi Paesi era quasi inesistenti. L’idea di unire il Mediterraneo all’Atlantico era una eccezione e venne lanciata nel 1890 dal primo ministro dell’allora Colonia di Città del Capo Cecil Rhodes, l’uomo che poi diede il nome alla Rhodesia, oggi Zimbabwe. In quel momento infatti tutti i Paesi che avrebbe dovuto attraversare, tranne l’attuale Tanzania, erano parte dei domini della Regina Vittoria. Rhodes immaginava una «linea rossa ininterrotta», perché allora il progresso viaggiava in treno e le ferrovie erano segnate con un tratto rosso sulle mappe geografiche. Ma dopo due guerre mondiale e la decolonizzazione della «linea rossa» c’era soltanto qualche troncone.

Negli Anni Settanta, però, le nuove nazioni africane cominciano a rilanciare il progetto, questa volta «una linea nera», una moderna autostrada a quattro corsie. Il progetto era duplice: unire Nord e Sud ed Est e Ovest. Nel 1971 i giapponesi finanziano e cominciano a costruire il tratto della Mombasa-Lagos, ma la dittatura e follie di Idi Amin in Uganda bloccano tutto. Negli stessi anni, il Sudan è dilaniato dalla guerra civile, la Rhodesia diventa indipendente, ma finisce sotto il tallone di Mugabe. Oggi le turbolenze continuano, a partire dal Sudan investito da una nuova ondata di proteste, ma i nuovi leader sono consapevoli che senza integrazione regionale non c’è futuro.

Come ha sottolineato lo stesso ministro dei Trasporti egiziano, soltanto «il 13 per cento degli interscambi sono intra-regionali» contro per esempio il 40 per cento in America del Nord e ancora di più in Europa. L’Egitto ha cambiato rotta e nel 2018 ha investito ben 10,2 miliardi di dollari in altri Paesi africani. L’export è salito a 6,2 miliardi, mentre l’import si è fermato a 1,98 miliardi. La Transafricana potrebbe «moltiplicare» queste cifre. Imprese private egiziane sono impegnate anche in tratti fuori dall’Egitto, e il Cairo spera che l’opera possa essere completata entro il 2025. L’autostrada, con un minimo di quattro corsie, è destinata a diventare la spina dorsale di una nuova area di libero scambio, che unisca le organizzazioni già esistenti in Africa orientale (Eac) e meridionale (Sadc) con Egitto e Sudan.

Egitto e Sudafrica sperano anche di integrare una serie di zone economiche speciali, che fanno perno attorno ai porti principali nelle coste orientali africane e sui cui hanno messo già gli occhi i cinesi. Pechino ha investito soprattutto in ferrovie che dall’interno portano merci e materie prime verso la costa. Il Cairo punta invece a una integrazione interafricana, con l’obiettivo di favorire anche la mobilità della sua manodopera qualificata e allentare la pressione sul mercato del lavoro interno. La «linea rossa», diventata «nera», è ora al servizio delle ambizioni regionali del più popoloso Stato arabo e non più dell’Impero britannico.

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