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La Brigata ebraica Ci sono graphic novel che hanno la dignità di opere letterarie perché riescono a diffondere la conoscenza degli eventi storici attraverso immagini e narrazioni di grande impatto divulgativo. Un esempio è il bell’album intitolato “La Brigata ebraica” di Mark Van Oppen, conosciuto con il nome d’arte di Marvano, una delle firme più autorevoli del fumetto franco-belga e del fumetto europeo, pubblicato nella collana Comics Historica di Mondadori. Dopo aver lavorato come architetto di interni, Marvano si dedica completamente all’illustrazione raggiungendo la celebrità con l’adattamento a fumetti di alcuni romanzi del grande scrittore di fantascienza Joe Haldeman: Guerra eterna, Fondazione Stileman e Pace eterna. Tuttavia all’immaginario fantascientifico l’artista pare preferire la ricostruzione di epoche passate attraverso l’esplorazione di zone poco frequentate dal genere storico. Dopo il volume “Berlino”, ambientato nella capitale tedesca a cavallo della Seconda guerra mondiale e “Grand Prix”, dedicato al fascino delle corse automobilistiche degli anni ’30, Marvano si dedica al ciclo de “La Brigata ebraica”. Pubblicato in Francia dall’editore Dargaud tra il 2013 e il 2016 questo graphic novel in tre parti porta alla ribalta il Jewish Infantry Brigade Group, la forza di combattimento ebraica dell’esercito britannico che fu attiva sul fronte italiano e austriaco a partire dal 1944 e oltre il termine del conflitto. Composta da giovani reclute ma anche da veterani del Reggimento di Palestina che l’esercito britannico aveva istituito nel 1941 per contrastare l’offensiva di Rommel la brigata, che arrivò a contare fra le proprie fila 5000 uomini, venne inquadrata nel Decimo Corpo dell’ VIII Armata e giunse in Italia combattendo fra marzo e aprile 1945 sul fronte romagnolo sotto il vessillo del Magen David nella cosiddetta “battaglia dei tre fiumi, snodo di importanza nevralgica per il successivo sfondamento della Linea Gotica. Stanziata a Tarvisio dal maggio 1945, incrocio delle frontiere “calde” di Italia, Austria e Jugoslavia, la Jewish Brigade fu protagonista non solo di atti di eroismo con un significativo numero di caduti ma si distinse anche nelle opere di supporto alle comunità ebraiche garantendo l’assistenza in favore dei sopravvissuti alla persecuzione nazifascista, il ricovero dei bambini rimasti orfani, l’organizzazione per consentire l’espatrio agli ebrei che volevano raggiungere la Palestina, oltre a regolamenti di conti con chi si era reso colpevole di atti efferati nei confronti di ebrei. L’incipit del primo episodio dell’album di Marvano, “Il giustiziere”, prendendo le mosse dalla Polonia del 1945 con la guerra ancora sospesa sulla linea d’ombra dei suoi sviluppi futuri, inizia proprio così. Leslie Toliver, un giovane militante della brigata di madre ebrea e padre protestante, insieme all’amico Tamari Feigenb sono sulle tracce di un criminale nazista che si nasconde sotto le vesti di un prete. Incapaci di provare qualsivoglia pietà nei confronti di chi non ha mai mostrato umanità per le vittime ebree, i giovani militanti portano a termine la loro missione e nella chiesa di un piccolo paese incontrano una ragazzina di nome Safaya Meringher, unica superstite di una famiglia di ebrei sterminata che, notata la Stella di Davide sulla spallina dell’uniforme, chiede di potersi unire a loro. Prima di lasciarla in un campo gestito dagli inglesi per displaced persons i tre ragazzi incontrano sulla strada soldati di altri eserciti e civili allo sbando, rivivono nella mente i terribili ricordi di guerra e si imbattono lungo il cammino in bande di aguzzini in cerca di ebrei sopravvissuti per portare a termine il progetto di Hitler. Il secondo episodio, “TTG”, sigla inesistente dal significato volgare che identificava operazioni segrete dietro le quali si celavano le azioni della brigata, prende avvio nel luglio 1945 in una Salisburgo spettrale dove le macerie dei palazzi e l’abbruttimento morale di chi si è salvato dalla guerra sono lo sfondo in cui si muovono gli ex nazisti per cercare una via di scampo alla giustizia verso il Sud America. Mentre Ari, impegnato a organizzare l’espatrio clandestino dei sopravvissuti alla Shoah, non riuscirà a realizzare il sogno di arrivare in Erez Israel, Leslie continua la sua missione per trovare criminali nazisti e, sulle tracce dell’SS Eckhart Krause, approda in un ex lager nazista, ora trasformato in un campo per displaced persons sotto la sorveglianza inglese. E’ qui che apprende della fine della sua fidanzata, morta per tifo il 13 maggio 1945. Nell’ultima parte del fumetto,”Hatikvah”, speranza, l’azione si sposta nella Palestina del 1948 dove Leslie Toliver che finalmente è riuscito a venire a patti con il suo passato è a bordo di un velivolo carico di armi destinate agli ebrei in lotta con inglesi e arabi. Dopo aver appreso nell’episodio precedente che Safaya è riuscita a imbarcarsi per Erez Israel ora la ritroviamo combattente della Haganah, l’organizzazione paramilitare ebraica attiva in Palestina durante il mandato britannico. Mentre le immagini dei campi di sterminio cominciano a fare il giro del mondo e a imporsi nelle coscienze l’organismo delle Nazioni Unite decreta nel 1947 con la risoluzione 181 la separazione della Palestina in uno stato ebraico e in uno arabo: una soluzione di compromesso rifiutata dalla popolazione araba cui seguì una lunga serie di attacchi e massacri contro i kibbutz ebraici in difesa dei quali furono arruolati molti sopravvissuti alla Shoah e giovani coraggiosi come Safaya disposti a lottare strenuamente per la propria libertà. Fino a quando con la proclamazione dell’Indipendenza di Israele il 15 maggio 1948 gli eserciti arabi di Iraq, Libano, Egitto, Siria e Transgiordania invasero il piccolo Stato ebraico con l’intenzione dichiarata di “buttare a mare tutti gli ebrei”. Su questa immagine di grande suggestione che immortala quei giovani ebrei pronti a dare la vita per il proprio paese si chiude la storia di Leslie e Safaya, mentre sullo sfondo si delinea il ricordo della storia della Brigata ebraica con il suo lavoro di assistenza ai profughi che, attraverso l’Italia e i suoi porti, partivano dall’Europa verso Israele, imbarcandosi su battelli fatiscenti pur di raggiungere la Terra promessa. Un messaggio di speranza di grande attualità. Affascinato da questo periodo storico, Marvano si è interessato alla storia della Brigata ebraica dopo aver visto un documentario diretto da un regista israeliano da cui era rimasto molto colpito. “Questo fu sufficiente per cominciare a cercare e a leggere sempre più materiale su questo argomento e diventarne sempre più coinvolto. Com’è possibile che il mondo non conosca tale storia? Da ciò mi sono sentito in dovere di descriverla”, ha riferito l’autore in un’intervista. Il risultato è un lavoro equilibrato e scrupoloso in cui il linguaggio grafico adottato da Marvano appare assai efficace nel sintetizzare una vicenda che sotto il profilo storiografico è complessa e articolata. Con disegni di magistrale incisività l’autore riesce a restituire il clima drammatico e i conflitti storici di quell’epoca e, nel contempo, affronta una serie di tematiche che ancora oggi alimentano accese discussioni: l’antisemitismo della Polonia, il ruolo della Chiesa nella protezione degli ebrei perseguitati ma anche dei loro aguzzini a guerra finita, il problema dei profughi palestinesi e la strumentalizzazione operata in tal senso dalle organizzazioni arabe. Il graphic novel di Marvano è un’opera di pregio e di grande attualità da leggere e assaporare in ogni sua tavola come antidoto all’intolleranza in un’Europa indifferente alle nuove ondate di antisemitismo che inducono un numero sempre più alto di ebrei a cercare rifugio in quella piccola terra di libertà e democrazia chiamata Israele.
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