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Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


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La Stampa Rassegna Stampa
22.02.2019 Gli accordi economici di Mohammed bin Salman per contenere l'Iran
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 22 febbraio 2019
Pagina: 10
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Armi d’oro, petrolio e affari Bin Salman star in Asia»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/02/2019, a pag.10 con il titolo "Armi d’oro, petrolio e affari Bin Salman star in Asia" la cronaca di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

Per il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman il tour in Asia è stato trionfale. Il primo ministro pachistano ha voluto guidare di persona l’auto che lo ha condotto dall’aeroporto al centro di Islamabad e poi gli ha regalato una mitraglietta in oro massiccio. Il leader indiano Narendra Modi ha infranto il protocollo ed è andato a riceverlo ai piedi della scaletta dell’aereo. A Pechino è stato accolto da mezzo governo e portato, come aveva chiesto, sulla Grande Muraglia prima del vertice con Xi Jinping. Mbs si è rifatto dell’umiliazione al G20, quando gli alleati occidentali lo avevano isolato per l’affaire Khashoggi. Ma il successo va oltre la soddisfazione personale. Con contratti da centinaia di miliardi di dollari, l’uomo forte del Regno ha trovato il punto di appoggio per le sue riforme economiche, oltre a consolidare le alleanze in funzione anti-Iran.
È un «pivot», un cambio di rotta verso Oriente, destinato a segnare la politica degli Stati arabi del Golfo. L’ultima tappa, ieri e oggi in Cina, è la più importante. Già al G20 di Buenos Aires Xi aveva detto di «sostenere le riforme» saudite e voler «armonizzare» la Vision 2030, il programma di ristrutturazione economica del principe, e la nuova Via della Seta cinese. Pechino ha ottimi rapporti anche con Teheran ma non vuole compromettere i legami commerciali sempre più forti. Il mercato cinese è già il più importante per Riad, con 46 miliardi di esportazioni, soprattutto petrolio. L’anno scorso l’interscambio è balzato a 63 miliardi. Già ora l’Arabia Saudita vende più greggio ai cinesi che agli americani. Pechino è invece interessata a prendersi una fetta degli investimenti in infrastrutture che serviranno a completare la Vision 2030. Ha offerto centrali nucleari chiavi in mano. E armi.

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Mohammed bin Salman


Freddezza negli Usa
Per Mbs è il partner ideale. Anche se l’America di Donald Trump ha puntato su di lui per una rinnovata alleanza, l’intesa ha subito molti scossoni. Con il boom del petrolio di scisto Washington ha sempre meno bisogno di importare greggio saudita. La guerra in Yemen e l’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi hanno incrinato la fiducia reciproca, soprattutto nel Congresso. Per questo il principe punta ad allargare i suoi affari in Oriente. Anche l’India è assetata di petrolio, altro partner ideale. Il premier Modi ha portato il gigante asiatico a crescere al ritmo del 7-8 per cento annuo. Il summit di mercoledì con Bin Salman si è concluso con contratti da «100 miliardi di dollari». Compreso il progetto per la «più grande raffineria del mondo» che sarà costruita a Ratnagiri dalla saudita Aramco, dall’emiratina Adnoc e tre aziende indiane.
La collaborazione strategica ha fatto passare in secondo piano, a New Delhi, persino le tensioni con il Pakistan, alimentate da un attacco alle forze armate dei separatisti musulmani in Kashmir.
Islamabad è stata la prima tappa del principe, la più scontata. Arabia Saudita e Pakistan sono alleati naturali, due potenze sunnite, una la più ricca, l’altra forte di 200 milioni di abitanti e 80 testate atomiche. Il premier Imran Khan è però in un posizione difficile. Sul Pakistan incombe il tredicesimo bailout dell’Fmi, vale a dire riforme lacrime e sangue. I 20 miliardi di investimenti sauditi lo salveranno, per ora. Riad realizzerà anche in Pakistan una mega raffineria, nel porto di Gawdar, che è tra l’altro uno dei nodi principali nella nuova Via della Seta cinese.
Per Riad però Islamabad è soprattutto un bastione anti-Iran. Khan ha regalato al principe una mitraglietta Heckler&Koch in oro, perfettamente funzionante. Un’allusione al suo ruolo di «guardiano» degli interessi sunniti. Ma ha soprattutto aderito alla Islamic Counter Terrorism Military Coalition, la «Nato musulmana» lanciata nel dicembre del 2015 e mai decollata. La visita di Mbs è arrivata subito dopo un attentato contro i Pasdaran lungo il confine, con 27 militari iraniani uccisi. Teheran ha accusato Islamabad di coprire i terroristi «takifiri» e minacciato ritorsioni. L’appoggio saudita è arrivato al momento giusto.

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