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La Stampa Rassegna Stampa
20.02.2019 Lia Wainstein: dalla Russia a Roma, il suo impegno a favore dei dissidenti dell'Urss
Analisi di Lucia Correale

Testata: La Stampa
Data: 20 febbraio 2019
Pagina: 24
Autore: Lucia Correale
Titolo: «Lia Wainstein»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/02/2019, a pag.24, con il titolo "Lia Wainstein" l'analisi di Lucia Correale.

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La copertina del libro (Clichy ed.) con una fotografia di Lia Wainstein

«Io qui sottoscritto, inaugurando non senza tremebonda reverenza l’anno 1949 in questo album, affermo che a parer mio la Sig.ra Wainstein è la migliore erede di quella civiltà che si raccoglie intorno all’arte nobile e difficoltosa della conversazione. Ove taluno avesse ad impugnare la veridicità di siffatto mio giudizio, sono pronto a rendergliene ragione in ogni luogo e tempo, e pertanto mi firmo, Cesare Cases».
È il «Libro degli ospiti» del 22 gennaio 1949, che inaugura la lunga stagione del salotto di Lia Wainstein. Primo firmatario è un giovane Cesare Cases, critico letterario e germanista, suo compagno di università a Zurigo, rincontrato a Roma nell’immediato dopoguerra. È solo il primo di una lunga serie di personaggi che frequenteranno per mezzo secolo casa Wainstein a Roma, il villino liberty a due passi da via Veneto, costruito dall’architetto Pincherle negli Anni Venti. Il salotto al primo piano è destinato a diventare un crocevia di intellettuali, giornalisti, politici, artisti e il punto di riferimento per i più importanti nomi della dissidenza contro il regime sovietico.
Russa di origine e madrelingua, Lia Wainstein, nasce in Finlandia in una famiglia ebraica fuggita dalla Rivoluzione d’Ottobre e poi trapiantata a Roma. Cosmopolita e poliglotta per educazione e per necessità, è stata giornalista e scrittrice, curatrice di edizioni critiche e traduzioni di Tolstoj, Babel, Herzen e autrice di racconti fantastici.
Dagli Anni Sessanta fino all’inizio del nuovo millennio ha collaborato ininterrottamente con periodici e quotidiani di area liberaldemocratica: scrive di letteratura sul Mondo di Mario Pannunzio; dalle colonne della Voce Repubblicana condivide le stagioni di Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini; a partire dal 1970 è invitata a scrivere per La Stampa da Alberto Ronchey e poi da Arrigo Levi. E ancora, per decenni, firma di punta del mensile ebraico Shalom.

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Lia Levi

A cento anni esatti dalla nascita, sua nipote Regina Wainstein ha voluto renderle omaggio con un libro che raccoglie un’accurata selezione dei suoi articoli più significativi dal titolo Memorie d’Europa. Lia Wainstein, un’intellettuale libera del Novecento (Edizioni Clichy, pp. 320, € 30). Ad arricchire il volume, i testi scritti da due amici e colleghi di lunga data, nonché ospiti fissi del suo salotto, Stefano Folli, giornalista e notista politico, e Lia Levi, direttore della rivista Shalom, oggi scrittrice.
«Autentica e illuminata combattente per la libertà e antifascista della prima ora», così la ricorda Lia Levi, «è stata una strenua sostenitrice del dissenso sovietico e dello Stato di Israele». Dalla raccolta dei suoi scritti emerge, lo evidenzia Stefano Folli, «un quadro completo dei temi e delle contraddizioni che si sono intrecciati nel “secolo breve”: il totalitarismo in Unione Sovietica, lo stalinismo, il dissenso prima e dopo il dittatore. Ma anche l’antisemitismo sempre riemergente come un dato incancellabile nella storia delle autocrazie novecentesche».
Nel ritratto affettuoso e familiare, la nipote Regina la tratteggia austera nell’aspetto e nell’abbigliamento - con l’immancabile toque a tutte le ore del giorno - eppure totalmente immersa nella modernità: fiera della sua autonomia, curiosa dell’attualità politica e civile, pioniera della dieta vegetariana che però non impose mai agli habitué del suo salotto.
Sfogliando il libro degli ospiti, dopo la prima firma di Cesare Cases, ecco quelle di Elena Croce, Paolo Vita-Finzi, Elena Pincherle Moravia, Ugo La Malfa e i colleghi repubblicani legati al partito e al suo glorioso organo di stampa: Ennio Ceccarini, Michele Cifarelli, Massimo Germinario, Giancarlo Tartaglia, un giovanissimo Maurizio Molinari e Luciano Tas che ingaggiava schermaglie di politica estera con Franco Venturini all’epoca della guerra del Golfo. Tra i fedelissimi Italo Calvino, Giorgio Bassani, Paolo Milano, Aldo Garosci, Arrigo Levi, Vittorio Strada, Alberto Ronchey. E poi lo storico inviato dell’agenzia di stampa sovietica Tass, Aleksej Bukalov, Lia Levi, Franca Magnani, Giuseppe Dall’Ongaro, Ugo Barzini, Silvia Ronchey, Tat’jana Albertini Tolstaja, Viktor Zaslavskij, Giorgio Napolitano, la pittrice Mimì Quilici e, di tanto in tanto, un silenzioso Giulio Einaudi.
Tema particolarmente caro alla Wainstein è il dramma dei dissidenti sovietici: seguiva le loro vicende e con i suoi articoli dava voce ai loro destini. E non solo.
Lia apriva materialmente le porte della sua casa ai pochi fortunati che riuscivano a sottrarsi al regime: Iosif Brodskij, poeta premio Nobel per la letteratura nel 1987, lo scrittore sopravvissuto al Gulag Andrej Sinjavskij, il fisico Andrej Sacharov, perseguitato politico insignito del Nobel per la pace nel 1975, e per molti anni sua moglie Elena Bonner che aveva ottenuto dalle autorità sovietiche un permesso per curarsi in Italia. «Per tutti noi», è il nitido ricordo di Lia Levi, «trovarsi direttamente di fronte questa grandissima donna rappresentava ogni volta una profonda emozione». Per un periodo in casa Wainstein ha vissuto Nina Bejlina, grandissima ed estrosa violinista a cui le autorità sovietiche avevano confiscato il violino in cambio del permesso di espatrio, poi trasferitasi a New York. La padrona di casa, con piglio garbato e severo, si muoveva tra gli ospiti minuta e silenziosa, intervenendo ogni tanto con un commento secco, figlio del suo spirito critico spietato e caustico.
Armata della sua vecchia macchina da scrivere e del suo inesauribile impegno civile, Lia Wainstein ha attraversato e raccontato un secolo marchiato a fuoco dalla Storia. Ha fatto appena in tempo a intravedere il nuovo millennio, prima di chiudere definitivamente il libro degli ospiti e le porte del suo salotto.

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