Aggressione antisemita a Finkielkraut: il Movimento 5 stelle, alleato dei Gilet gialli, tace Cronaca di Leonardo Martinelli, commenti di Giampaolo Cadalanu, Pierluigi Battista
Testata:La Stampa - La Repubblica - Corriere della Sera Autore: Leonardo Martinelli - Giampaolo Cadalanu - Pierluigi Battista Titolo: «Il filosofo aggredito a Parigi: 'Era un odio da pogrom' - Gilet gialli, Dureghello al Movimento: 'Non una parola contro gli antisemiti' - Alain Finkielkraut e i nuovi antisemiti»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/02/2019, a pag. 8, con il titolo "Il filosofo aggredito a Parigi: 'Era un odio da pogrom' ", la cronaca di Leonardo Martinelli; dalla REPUBBLICA, a pag. 4, con il titolo "Gilet gialli, Dureghello al Movimento: 'Non una parola contro gli antisemiti' ", la cronaca di Giampaolo Cadalanu; dal CORRIERE della SERA, a pag. 27, con il titolo "Alain Finkielkraut e i nuovi antisemiti", il commento di Pierluigi Battista.
A destra: Alain Finkielkraut aggredito dai Gilet jaunes
Ecco gli articoli:
LA STAMPA - Leonardo Martinelli: "Il filosofo aggredito a Parigi: 'Era un odio da pogrom' "
Leonardo Martinelli
«Non mi sento una vittima, né un eroe». Ha commentato così Alain Finkielkraut, filosofo e accademico di Francia, gli insulti antisemiti ricevuti sabato per le strade di Parigi, ai margini della manifestazione dei gilet gialli. Non vuole sporgere denuncia «ma vorrei sapere chi sono queste persone, mi interessa», precisando che «almeno una di loro aveva una retorica islamista».
La procura di Parigi ha comunque deciso di aprire un’inchiesta. Ed è stato il ministro degli Interni, Christophe Castaner, ad annunciare ieri pomeriggio su Twitter che «un sospetto, riconosciuto come il principale autore degli insulti, è stato identificato», ma non ancora arrestato. Lui e i suoi compari rischiano fino a sei mesi di carcere («se non fosse intervenuta la polizia, mi avrebbero spaccato la faccia - ha detto il filosofo, intervistato sulla tv Lci -: era una violenza pogromista»). Sono fioccati insulti del tipo «vattene, sporco sionista di merda». Ma quelle persone hanno pure gridato «Palestina». O «Dio ti punirà» e «questa – secondo Finkielkraut – è retorica islamista».
L’«islamo-gauchisme» «Era un miscuglio di giovani della periferia – ha aggiunto –, dell’estrema sinistra e forse di soraliani». Il termine si riferisce al franco-svizzero Alain Soral, ideologo che si richiama sia al nazionalismo che alla sinistra marxista e che è un referente sia per un’estrema destra antisemita che per il cosiddetto «islamo-gauchisme», surrogato di islamismo e di sinistra antisemita (e anti-israeliana).
L’escalation di aggressioni Nel 2018 le aggressioni antisemite in Francia (fisiche e verbali, denunciate alla giustizia) sono state 541, il 74% in più rispetto all’anno precedente. E, secondo il filosofo Pascal Bruckner, «il fenomeno si spiega con la convergenza di tre ostilità: dell’islamismo radicale, dell’estrema destra (vedi le scritte Juden comparse sulle vetrine di alcuni negozi) e dell’estrema sinistra antisionista. E con passerelle tra l’islamismo radicale e l’estrema destra via Soral o Dieudonné», comico già condannato per gli spettacoli sull’antisemitismo. Per Bruckner poi «tutto questo risveglia le passioni più infime in un Paese dove vivono le più grandi comunità di ebrei e di musumani d’Europa».
Sulla scia della II Intifada E i gilet gialli cosa c’entrano in questa storia? «L’antisemitismo non rappresenta assolutamente la colonna vertebrale del movimento – dichiara alla Stampa Jean-Yves Camus, esperto di estrema destra –, ma nei suoi cortei confluisce chiunque, senza un vero servizio d’ordine che faccia da filtro». Per Camus «l’aumento degli atti antisemiti in Francia cominciò a partire dai primi anni Duemila nelle periferie e nelle aree con una maggiore concentrazione di popolazioni musulmane, sulla scia della seconda Intifada. E ancora negli ultimi anni i responsabili delle aggressioni più violente sono persone che provengono da quel mondo e che vi aggiungono un passato nella delinquenza comune».
Il simbolo Intanto, anche Emmanuel Macron è intervenuto su twitter. «Figlio di emigranti polacchi – ha scritto –, diventato membro dell’Accademia di Francia, Finkielkraut non è solo un uomo di lettere eminente ma anche il simbolo di quello che la Repubblica francese può permettere a ognuno». Suo padre era un modesto artigiano del cuoio a Parigi ma il figlio, che oggi a 69 anni, poté frequentare le migliori scuole, anche a livello dell’università del Paese. E per domani in tutta la Francia è convocata una serie di manifestazioni all’insegna del «no all’antisemitismo». In rete, però, Finkielkraut, spesso polemico contro un certo buonismo multiculturale (e in media odiato dalla gauche classica), ha trovato anche voci polemiche nei suoi confronti, della serie «se l’è andata a cercare».
LA REPUBBLICA - Giampaolo Cadalanu: "Gilet gialli, Dureghello al Movimento: 'Non una parola contro gli antisemiti' "
Meno male che a Roma c'è Ruth Dureghello, che con parole chiare denuncia la connivenza tra i Gilet gialli antisemiti e complottisti e il Movimento 5 stelle, loro naturali alleati in Italia.
Giampaolo Cadalanu
Ruth Dureghello
L’altra faccia dei gilet gialli, quella svelata ad Alain Finkielkraut, è un volto inquietante che tradisce una cultura di intolleranza. E la comunità ebraica di Roma denuncia la totale mancanza di reazioni da parte dei Cinque Stelle. «Ho aspettato 24 ore prima di intervenire, attendevo qualche reazione, speravo che prendessero una posizione chiara rispetto all’antisemitismo», sottolinea la presidente Ruth Dureghello. « Bisogna dire con chiarezza da che parte si vuole stare. E non si tratta di campagna elettorale, ma di dignità delle persone. Se i toni sono quelli squadristi che abbiamo visto sabato, vanno condannati e soffocati sul nascere, senza ambiguità». Il filosofo ha raccontato dell’aggressione: « Ho sentito un odio assoluto, ma purtroppo non era la prima volta » , ha detto Finkielkraut. Fra le motivazioni dell’accanimento contro l’autore di testi come L’ebreo immaginario o L’umanità perduta potrebbe esserci anche un senso di " tradimento", visto che in passato l’intellettuale aveva espresso simpatie per il movimento di contestazione francese, salvo poi ricredersi e prendere le distanze, soprattutto per quello che aveva definito «l’odio delirante» per il presidente Macron. Alla tv Lci il filosofo ha sottolineato che non tutti i manifestanti incontrati erano aggressivi, e che anzi qualcuno, forse ricordando sue posizioni del passato, gli aveva offerto un gilet perché si unisse al corteo. Ma i violenti erano preponderanti, tanto che — ha raccontato — «se non fossero intervenuti alcuni poliziotti, mi avrebbero spaccato la faccia». L’Eliseo ha preso posizione in senso molto duro, ricordando che Finkielkraut, figlio di immigrati di origine polacca e oggi accademico di Francia, «non è solo un uomo di lettere, ma è anche il simbolo di quello che la République offre a ciascuno » . Per Macron « gli insulti antisemiti che gli sono stati rivolti sono la negazione assoluta di ciò che siamo e di ciò che ci rende una grande nazione » . Anche se l’esponente dei Nouveaux philosophes ha annunciato di non voler sporgere denuncia, la procura di Parigi ha aperto un’inchiesta per « offesa pubblica per origine, etnia, nazione, razza o religione » . Il ministro degli Interni Castaner ha fatto sapere su Twitter che « un sospettato, principale autore degli insulti, è già stato identificato».
CORRIERE della SERA - Pierluigi Battista: "Alain Finkielkraut e i nuovi antisemiti"
Pierluigi Battista
Non per insistere, non per stonare nella condanna unanime del linciaggio che gli energumeni antisemiti in gilet giallo hanno messo in scena contro il filosofo ebreo Alain Finkielkraut, ma bisogna sottolineare che, tra le grida vomitate dalla teppa, si stagliavano anche: «sporco sionista», «sionista di merda», «Palestina», «torna a Tel Aviv». Non è un dettaglio trascurabile, è la prova di una saldatura mostruosa che l’opinione pubblica europea tende a ignorare e che esprime l’odio antiebraico in una forma nuova. La fusione è tra un antisemitismo di matrice esplicitamente nazista, cascame mai del tutto sepolto di razzismo hitleriano, alimentato dalla propaganda negazionista sull’Olocausto e fatto proprio da bande di picchiatori con le teste vuote e rasate, e un antisemitismo che si presenta con le forme più oblique dell’antisionismo, con i tratti della torsione jihadista che ha trasformato definitivamente l’appoggio all’originario indipendentismo nazionalista palestinese in un’esortazione, rimbalzata anche nelle piazze europee, a cacciare i «maiali ebrei» dalla terra santa dell’Islam e ad annegarli in mare, come del resto già incitava la tambureggiante propaganda bellicista dell’Egitto nasseriano alla vigilia della Guerra dei Sei giorni del 1967. È questa saldatura, questa fatale mescolanza, che unisce l’antisemitismo «bianco» di ascendenza nazistoide del gilet giallo di provincia che oramai non ha più remore a urlare «sporco sionista» per dire «sporco ebreo» e l’odio antiebraico rigurgitato dalle banlieue parigine a maggioranza islamica in cui nel 2006 venne torturato e bruciato vivo il giovane ebreo Ilan Halimi, nel silenzio imbarazzato e indifferente dell’opinione pubblica «democratica». Questa saldatura che non vogliamo vedere, ma che gli scritti dello stesso Finkielkraut hanno più volte messo in evidenza suscitando l’ostilità chiassosa e intollerante della cultura conformista, viene tacitata per allontanare i «barbari» da noi, rinchiudendoli in un recinto infetto. Per non vedere le ragioni avvelenate che da anni stanno spingendo molti ebrei francesi a cercare rifugio in terra di Israele. Per non porsi problemi quando mostriamo indulgenza per gli Stati che fanno dell’antisemitismo un dogma e della distruzione di Israele e degli ebrei la loro missione. Per rassicurarci, e portare il mostro lontano da noi. Ma è molto peggio di così.
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