Piccoli e grandi scandali alla Fiera del Libro al Cairo
Commento di Michelle Mazel
Traduzione dal francese di Yehudit Weisz)
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Il 5 febbraio scorso, il Presidente Abdel Fattah Al Sissi ha inaugurato in pompa magna la Fiera Internazionale del Libro al Cairo. Un'occasione doppiamente fastosa: era la cinquantesima edizione di questo evento culturale e artistico, allestito per la prima volta al Nuovo Cairo, la città amministrativa nata nel deserto. Il nuovissimo Centro Internazionale delle Esposizioni ha accolto più di 700 editori, tra cui 570 egiziani e 170 provenienti da 35 Paesi. Israele, un Paese vicino che è in pace con l'Egitto ormai da 40 anni, non è rappresentato o meglio, non è più rappresentato. Nel 1981, inaugurato dall'ambasciatore Eliyahu Ben Elissar, c’era stato un padiglione israeliano che aveva suscitato l'entusiasmo del pubblico egiziano: opuscoli turistici e opere di autori israeliani tradotte in arabo, erano stati avidamente arraffati. Un’esperienza irripetibile.
Lo sappiamo bene, la pace rimane fredda, anzi glaciale.
Ciò non impedisce ai rappresentanti dell'ambasciata israeliana di andare a gironzolare ogni anno tra gli stand della fiera. Ma quest'anno la visita dell'Ambasciatore David Govrin ha causato l’indignazione degli organizzatori, che hanno "scoperto" questa visita sulla pagina Facebook dell'ambasciata e si sono affrettati a condannare il tentativo di "normalizzazione culturale" effettuato dal diplomatico a loro insaputa.
Hanno anche insistito sulla"natura privata" della visita. Data l'importanza della protezione attorno all'ambasciatore, è sorprendente sapere che gli organizzatori non erano stati avvisati né informati in tempo reale. D'altra parte, possiamo capirli. Quest'anno, come negli anni precedenti, le pubblicazioni antisemite erano onnipresenti.
Con delicatezza, il presidente dell'Organizzazione del Libro egiziano voleva probabilmente impedire a David Govrin, che legge correntemente l'arabo, di rimanere scioccato dalle dozzine di titoli incendiari che attaccavano gli ebrei in generale e lo Stato di Israele in particolare.
E anche per coloro che non leggono l'arabo, le copertine raffiguranti individui con il naso adunco, le mani grondanti di sangue o piene di dollari, non hanno bisogno di traduzione.
Il presidente di cui sopra era indubbiamente meno preoccupato per le nuove edizioni di alcuni best-seller che ogni anno mietono consensi e successo: Mein Kampf, o ancora i Protocolli dei Saggi di Sion riccamente illustrati.
Già infastiditi, gli organizzatori hanno poi dovuto subire un nuovo motivo di indignazione. Informato dal Centro Simon Wiesenthal, l'Incaricato d’Affari dell'Ambasciata americana non solo ha chiuso l'importante padiglione americano, ma ha anche avuto l'audacia di presentare una protesta al governo egiziano!
Tuttavia, come abbiamo già visto, i testi più antisemiti sono sempre stati esposti alla fiera sin dalla sua creazione e fino ad oggi, soltanto gli israeliani si permettevano di protestare nell’indifferenza generale.
Dovremmo considerare tutto questo espressione di un "effetto Trump?" Il Centro Wiesenthal ha ringraziato l'Incaricato d’Affari per aver agito prontamente, aggiungendo che "attende reazioni simili da parte delle autorità francesi e britanniche ed egiziane ! Un'attesa che potrebbe essere vana. Tanto più che il 2019 è anche l'anno culturale "Francia Egitto" e l'Istituto francese ha un padiglione in fiera dove presenta una mostra. Non si può certo rinunciare all’evento dopo tutti gli sforzi fatti per organizzare la mostra, per una mera questione di antisemitismo!
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron”