IC7 - Il commento di Enrico Fubini
Dal 3 al 9 febbraio 2019
Il World Council of Churches e l'accusa di 'apartheid'
E’ cosa ampiamente risaputa che Israele e gli ebrei nel mondo hanno molti nemici. Ma questi nemici non sono tutti uguali: alcuni sono noti a tutti, molti paesi arabi e molti paesi mussulmani a partire dall’Iran sino alla lontana Malesia; molti partiti politici anche europei di destra o di sinistra, molte organizzazioni terroristiche, come purtroppo si è potuto constatare in questi anni. Ma ci sono anche nemici più subdoli e meno visibili a prima vista anche se non meno pericolosi. La sigla WCC che significa World Council of Churches, è una potente organizzazione mondiale che comprende 350 chiese in 110 paesi rappresentando circa 500 milioni di cristiani nel mondo e che a suo dire ha come primo scopo battersi per l’unità dei cristiani. Non si può dire che tale organizzazione si presenti come antisemita, perlomeno a leggere parti del suo programma in cui si afferma che l’Assemblea fin dall’atto della sua fondazione nel lontano 1948 “ha denunciato l’antisemitismo come un peccato contro Dio e contro l’umanità”. Tuttavia nel concreto se si esamina il suo operare e non solo le sue parole ci si accorge ben presto che le cose stanno altrimenti. Nel 2002 il WCC ha lanciato un programma denominato EAPPI (Ecumenical Accompaniment Programme in Palestine) che propone di stabilire un osservatorio con una presenza internazionale in ‘Palestina’. In questi 15 anni di attività ha inviato in ‘Palestina’ oltre 1800 osservatori che avrebbero dovuto essere guidati dal principio dell’imparzialità, senza mai prendere le parti di nessuno dei partecipanti al conflitto.
L’obiettivo è di garantire almeno 25-30 osservatori sempre presenti sul territorio, imparziali verso tutti ma non imparziali nei confronti delle violazioni dei ‘diritti umani o delle leggi umanitarie internazionali’. Questi ‘osservatori ecumenici’ dopo il loro ingresso in Israele con visto turistico, hanno un periodo di formazione di dieci giorni a cui seguono due giorni in cui devono render conto di ciò che hanno imparato per poi iniziare la loro attività di controllo. Controllo di che cosa? E’ molto semplice: essi devono verificare e denunciare tutti gli abusi commessi dalle forze di occupazione israeliane negli ultimi cinquant’anni, la situazione di “apartheid” che si è creata nei territori, simile a quella a cui avevano assistito in Sud Africa. Le loro affermazioni sulla somiglianza tra le azioni degli israeliani e quelle dei nazisti sono frequenti, frutto della loro attività di ‘osservatori’ imparziali. La loro aspirazione è l’applicazione del BDS non solo sui prodotti dei territori cosiddetti occupati ma su quelli provenienti da tutta Israele. Dalle conferenze di molti membri dell’EAPPI all’estero si può facilmente verificare come essi siano animati da un forte antisemitismo nutrito da tutti i più vieti pregiudizi antiebraici, contribuendo così a creare nelle chiese cristiane in Inghilterra, in America, in Europa (da cui sono ampiamente finanziati) un clima di ostilità contro gli ebrei e contro Israele. La loro propaganda è diretta anche contro il movimento dei Cristiani per Israele, tacciandoli di eresia alla luce della teologia cristiana.
Si potrebbe continuare a lungo a documentare il risultato dell’attività dei membri dell’EAPPI nel loro lavoro di rilevazione delle nefandezze di Israele. Indubbiamente il loro lavoro produce danni rilevanti all’immagine dello stato che li ospita nelle loro frequenti conferenze in giro per il mondo. Chiunque abbia occhi per vedere e orecchie per ascoltare può sorridere e anche sdegnarsi alla loro insistenza sul regime di apartheid: in un paese in cui, solo nel settore della sanità pubblica dalle ultime statistiche si può contare il 42 % di infermieri, il 38 % di farmacisti, il 31 % di medici tutti appartenenti al settore arabo della popolazione e nelle aule universitarie un numero crescente di studenti arabi, aumentati negli ultimi anni del 78 %. E’ veramente difficile parlare di apartheid! Ma come ben si sa la diffusione di falsità è una professione molto diffusa e lascia comunque sempre un segno profondo. Come si diceva all’inizio molto spesso i nemici che pochi conoscono ma che operano sottovoce e senza grandi risonanze nei media non sono meno pericolosi e meno efficaci nei loro intenti.
Enrico Fubini, già docente di Storia della musica presso l'Università di Torino