Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/02/2019, a pag.2, con il titolo "I big d’Europa dalla parte di Guaidó. L’Italia resta senza alleati e blocca il testo comune della Ue" la cronaca di Marco Bresolin.
Papa Bergoglio ha confermato di aver ricevuto una lettera dal dittatore Maduro con richiesta di aiuto. La mancata presa di posizione contro Maduro del Vaticano č chiaro indice - esattamente come per il governo italiano e in particolare per il Movimento 5 stelle - dell'appoggio al dittatore venezuelano. La Santa Sede (S.S.) non perde il vizio di appoggiare le dittature.
Ecco l'articolo:
Marco Bresolin
Pro e contro il dittatore Maduro
Il primo passo lo fanno Francia e Spagna. Poi, con il passare delle ore, altri governi europei si uniscono. A fine giornata la lista dei Paesi Ue che riconoscono Juan Guaidó come presidente legittimo del Venezuela ne include diciannove. Firmano un documento congiunto per sostenere il numero uno dell’Assemblea Nazionale e per chiedergli di convocare elezioni presidenziali «libere, giuste e democratiche». Restano un passo indietro gli altri nove governi, tra cui l’Italia. Che si conferma ancora una volta lo Stato Ue con la posizione pił radicale su Caracas: anche ieri, infatti, Roma ha posto il veto sulla pubblicazione di una dichiarazione a nome dei Ventotto (c’era il via libera di tutti gli altri). A nulla č valso l’appello di Mattarella, che aveva chiesto «senso di responsabilitą e chiarezza su una linea condivisa con tutti i nostri alleati e i nostri partner Ue». Dopo aver ascoltato le parole del capo dello Stato, il governo ha deciso di ignorarlo e di tirare dritto.
Juan Guaidņ
La linea di Mosca
La prima reazione alla raffica di riconoscimenti arriva da Caracas. Il ministero degli Esteri annuncia che riesaminerą le relazioni bilaterali con tutti i Paesi che si sono schierati con il leader dell’opposizione. Ma una dura presa di posizione arriva anche dalla Russia: «Il riconoscimento di Guaidó - dice il portavoce del Cremlino - č un’intromissione negli affari interni del Venezuela». La tesi di Mosca combacia con quella sostenuta dal Movimento 5 Stelle, che si riflette pienamente nella posizione tenuta dal governo italiano. Fonti della Lega definiscono Maduro «un dittatore», lasciano filtrare «l’auspicio» di «elezioni libere il prima possibile», ma nulla dicono sulla legittimitą di Guaidó.
Un manifestazione contro la dittatura di Maduro in Venezuela
Gli aiuti umanitari
Dunque il partito di Matteo Salvini si trova, nei fatti, a sostenere la linea grillina. Una neutralitą che piace al Cremlino e che trova consenso in altri otto Stati europei: sono per il non-riconoscimento anche Grecia, Slovacchia, Slovenia, Malta, Cipro, Romania, Bulgaria e Irlanda. Eccezion fatta per Dublino, si tratta di un gruppo di Paesi appartenenti a un’area geografica omogenea, l’Europa sudorientale, non nuova a posizioni filo-russe. Mike Pompeo, il segretario di Stato americano, ha fatto appello proprio a loro: «Li esortiamo a riconoscere Guaidó». Anche il diretto interessato si č rivolto all’Italia, «Paese fratello», per spronarla a «compiere questo passo». Ma Nicolas Maduro ha invece chiesto ai suoi sostenitori europei di «non andare dietro alle pazzie di Donald Trump». Tra i due leader c’č stato anche uno scontro sugli aiuti umanitari, che Maduro continua a rifiutare. Guaidó ha fatto appello ai militari per consentire l’accesso di cibo e medicine, poi ha accusato il rivale di aver spostato i fondi in Uruguay.
La diplomazia Ue
I governi dell’Unione hanno cercato anche ieri un testo di compromesso da firmare in Ventotto. La scorsa settimana l’Italia aveva rifiutato di avallare una dichiarazione che «prendeva atto» della leadership di Guaidó.
I contatti tra le capitali sono proseguiti per tutto il week-end con nuove bozze, molto pił generiche. L’ultima si limitava a dare «sostegno all’Assemblea nazionale e al suo presidente» e lasciava il riconoscimento di Guaidó «ai singoli Stati membri». Il testo č stato fatto circolare sulla rete CorEu, il sistema interno di corrispondenza utilizzato per concordare le decisioni di politica estera, con la regola del silenzio-assenso. Se nessuno si oppone, il testo viene approvato. Una risposta era attesa per le 10 di ieri mattina e nessuno ha avuto nulla da ridire.
Tranne l’Italia, che ha chiesto altre tre ore di tempo. Prima di mezzogiorno č arrivato il monito di Mattarella. E alle 13 il governo giallo-verde ha detto «no».
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