Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 31/01/2019 a pag.3 l'editoriale "Attenzione ai 'talebani moderati' ".
"Moderati"?
Ieri Repubblica ha pubblicato un ritratto del mullah Abdul Ghani Baradar, che i talebani hanno appena messo a capo della delegazione che negozia con gli americani in Qatar. Il ritratto è la traduzione di un pezzo di Ahmed Rashid, che ha scritto libri importanti sui talebani, e insiste sulla propensione di Baradar a cercare la pace perché, come dice il titolo, “è stanco di guerre”. Ora, va bene che c’è la tendenza generale a voler abbandonare l’Afghanistan e quindi di colpo anche i talebani sono diventati pacifisti con i quali è possibile immaginare accordi e un futuro assieme, ma la realtà è che non sappiamo come stanno le cose – a partire dalla foto di Baradar messa in pagina che non è la sua. La nota ufficiale dei talebani che annunciava la nomina di Baradar a capo negoziatore era scritta a nome dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, la teocrazia totalitaria che tra il 1996 e il 2001 (quando Baradar era il vice del mullah Omar) ammazzava le donne con un colpo alla nuca nello stadio di Kabul e che ora vuole tornare a dominare il paese. Quando nel 1999 i talebani presero la base aerea di Bagram il mullah Baradar ordinò che undici prigionieri dello staff dell’aeroporto fossero uccisi con un colpo alla testa e dopo l’intervento americano guidò per molti anni la guerriglia nel sud, l’area più violenta. Molti esperti dicono che Baradar, che ha passato gli ultimi otto anni in prigione in Pakistan ed è stato liberato su richiesta dell’inviato americano Zalmay Khalilzad (esatto, l’Amministrazione Trump ha chiesto la liberazione del vice del mullah Omar e la cosa non è nemmeno una notizia), è un’incognita. Prima di dipingere lui e i talebani come seguaci di Gandhi, sarà meglio ricordare come preziosa metafora cosa accadde a Burhanuddin Rabbani, l’anziano leader della Commissione per la riconciliazione in Afghanistan, che nel 2011 accettò di ricevere due emissari talebani per parlare di pace. I due avevano addosso dell’esplosivo – uno lo nascondeva nel turbante – e si fecero saltare in aria.
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