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La Stampa Rassegna Stampa
30.01.2019 Iran imputato: la conferenza voluta da Mike Pompeo a Varsavia
Nel commento di Giordano Stabile l'intelligence sottovaluta il pericolo iraniano

Testata: La Stampa
Data: 30 gennaio 2019
Pagina: 11
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «L'intelligence contro Trump: 'L'Iran non è una minaccia'»

Mike Pompeo, Segretario di Stato americano, ha annunciato che Stati Uniti e Polonia organizzeranno a Varsavia una grande conferenza per discutere di Medio Oriente e in particolare di Iran, con invitati i Ministri degli Esteri di molti Paesi. Seguiremo con attenzione l'importante convegno, la cui data non è ancora stata stabilita, si presume verso metà febbraio. Per approfondire, rimandiamo all'articolo in inglese https://polandin.com/40815190/us-and-poland-to-coorganise-middle-east-conference-in-warsaw?fbclid=IwAR3AxAh-PzziOl5nofJM1TPpEFrrVYJvHIbtNRxsPAeuB7lKRPgtHJxL-NQ

A destra: Barack Obama con l'accordo voluto con l'Iran nutre il terrorismo

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Mike Pompeo

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/01/2019, a pag.11, con il titolo "L'intelligence contro Trump: 'L'Iran non è una minaccia'" l'analisi di Giordano Stabile.

L'intelligence americana sostiene che l'Iran non stia "conducendo in questo momento alcuna attività per sviluppare l’arma atomica", mentre è assodato che l'accordo sul nucleare voluto da Obama e dall'Europa è stato fin dal primo momento violato dal regime degli ayatollah. La posizione dell'intelligence ha dunque l'unico scopo di attaccare Donald Trump, che ha avuto il coraggio di rimettere in discussione il regalo fatto dall'Amministrazione precedente a Teheran.

Ecco l'articolo:

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Giordano Stabile

L’Iran non sta «conducendo in questo momento alcuna attività per sviluppare l’arma atomica» mentre la Corea del Nord difficilmente «rinuncerà alle sue testate nucleari». La doppia smentita della linea della Casa Bianca, di parere opposto, è arrivata ieri dal direttore della National Intelligence Dan Coats, durante la sua audizione al Senato americano. È un doppio colpo a Donald Trump che a giugno, dopo l’incontro con Kim Jong-un a Singapore, aveva detto che Pyongyang non era più «una minaccia nucleare» e aveva o untato invece i riflettori su Teheran, accusata di voler continuare di nascosto il suo programma, nonostante l’intesa firmata nel 2015 con gli Usa e l’Europa.
Le dichiarazioni di Coats vanno invece nella direzione di Bruxelles e dell’agenzia internazionale Aiea, convinte che finora l’Iran abbia rispettato i patti. Il capo dell’Intelligence americana ha poi smentito Trump su un altro punto, e cioè che l’Isis sia «stato sconfitto». Per Coats il gruppo guidato dal califfo Abu Bakr al-Baghdadi ha ancora migliaia di combattenti in Siria e Iraq, rappresenta una minaccia per il Medio Oriente, oltre ad avere «otto filiali, una dozzina di reti e migliaia di sostenitori sparsi in tutto il mondo».
Le altre minacce strategiche, secondo l’Intelligence statunitense, arrivano da Russia e Cina, che «probabilmente stanno già guardando alle elezioni del 2020 come un’opportunità per far avanzare i loro interessi». Il timore è che usino la Rete e i social network, come si sospetta abbiano fatto nel 2016, «per cercare di indebolire le istituzioni democratiche, minare le alleanze degli Stati Uniti e determinare politiche negli Usa ed altrove». Una sfida che in questo caso proviene anche dall’Iran ed è stata denunciata ieri anche dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, con l’accusa a Teheran di condurre «cyber-attacchi giornalieri» e di voler interferire nelle elezioni del 9 aprile.
Il fronte iraniano, visto da Israele, si allarga anche alla Siria, dove l’asse Damasco-Teheran continua a rafforzarsi. Ieri è arrivato nella capitale siriana il vice presidente iraniano Eshaq Jahanjiri, per firmare «oltre 40 accordi» in campo economico e della sicurezza. Il presidente Bashar al-Assad ha ribadito la necessità dell’Iran di fare fronte comune contro «l’economia di guerra imposta dall’Occidente» e di unire le forze «contro il terrorismo».

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