Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/01/2019, a pag.111 con il titolo "Putin in Serbia sfida la Nato: 'Non vi lasceremo i Balcani' " la cronaca di Giuseppe Agliastro; con il titolo "Bagni di folla e ovazioni. Belgrado accoglie Vladimir come una rock star", la cronaca di Stefano Giantin.
La lunga mano dittatoriale di Putin si allunga sui Balcani.
Ecco gli articoli:
Sostenitori di Putin a Belgrado
Giuseppe Agliastro: "Putin in Serbia sfida la Nato: 'Non vi lasceremo i Balcani' "
Giuseppe Agliastro
La Serbia punta all’ingresso nell’Unione Europea, ma intanto srotola il tappeto rosso ai piedi di Vladimir Putin. Il leader del Cremlino è stato accolto come un divo a Belgrado.
A fargli da ospite e allo stesso tempo da cerimoniere è stato il presidente serbo Aleksandar Vucic, che per il suo potente alleato ha preparato un bagno di folla con tanto di campane a festa e colpi di cannone. La visita di Putin in Serbia serve a rafforzare il già solido asse Mosca-Belgrado, ma rappresenta anche un avvertimento all’Occidente sulla questione del Kosovo e sull’espansione della Nato nei Balcani.
Russi e serbi hanno siglato 21 accordi di collaborazione che spaziano dal settore militare a quello energetico, ma hanno anche discusso delle trattative in corso per un compromesso tra Belgrado e Pristina che potrebbe portare a una revisione dei confini, e soprattutto hanno confermato la loro volontà di portare il gasdotto TurkStream fino in Serbia.
Mosca non digerisce l’ingresso del Montenegro nella Nato e i recenti passi della Macedonia per entrare sia nell’Ue sia nell’Alleanza Atlantica. Ecco perché, proprio alla vigilia della trasferta, Putin ha denunciato che gli Usa e «certi Paesi occidentali» stanno perseguendo una politica «destabilizzante» nei Balcani nel tentativo di «promuovere il proprio dominio sulla regione». Ma in realtà la Russia è a sua volta accusata di un tentativo di golpe in Montenegro nel 2016 e di appoggiare il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik per impedire l’integrazione euro-atlantica della Bosnia.
Belgrado invece corteggia Bruxelles, ma non è interessata a entrare nella Nato che vent’anni fa la bombardò, senza un mandato Onu, per indurre Milosevic a porre fine alla pulizia etnica della popolazione kosovara albanese.
Il nodo del Kosovo
La Serbia resta uno dei principali partner della Russia in Europa e l’unica alleata di Mosca nei Balcani. Non per niente l’aereo di Putin è atterrato a Belgrado scortato da quegli stessi Mig-29 che il Cremlino ha recentemente regalato alla Serbia. Putin qui è molto popolare: innanzitutto per il rifiuto della Russia di riconoscere l’indipendenza del Kosovo e poi perché Mosca, così come Pechino, ha finora opposto un muro invalicabile contro l’ingresso di Pristina nelle Nazioni Unite. Anche ieri Putin non ha risparmiato critiche al Kosovo e ha definito «provocatoria» la creazione di un esercito regolare a Pristina. Ma ha soprattutto puntato il dito contro l’Ue sostenendo che la sua mediazione in Kosovo non abbia ottenuto i risultati sperati e accusando Bruxelles di voler mettere Belgrado davanti a un bivio obbligandola a «una scelta artificiale» tra Russia e Occidente.
Gli investimenti
L’amicizia con la Russia può certo portare dei vantaggi a Belgrado. Putin si è detto pronto a investire 1,4 miliardi di dollari per estendere fino alla Serbia il possibile prolungamento europeo del gasdotto TurkStream che porta il metano russo in Turchia attraversando le acque del Mar Nero. Ma l’Ue resta per la Serbia un partner fondamentale: oltre il 70% degli investimenti stranieri nel Paese arriva infatti dall’Unione Europea e solo il 10% da Mosca.
La visita di Putin è utile a Vucic anche in politica interna. Il presidente serbo è stato insignito di un’importante onorificenza dal leader del Cremlino, a cui ha a sua volta donato un cucciolo di cane. Uno show che serve a strizzare l’occhio ai conservatori e ai nazionalisti. Ma anche a tentare di dare il benservito agli oppositori che da oltre un mese scendono in piazza a migliaia accusandolo di imbavagliare i media e di essere ogni giorno più autoritario.
Stefano Giantin: "Bagni di folla e ovazioni. Belgrado accoglie Vladimir come una rock star"
Putin incontra Vucic a Belgrado
Ogni Paese ha tante facce. E la Serbia non fa eccezione. Una è quella delle migliaia di «indignados» che da settimane scendono in piazza in manifestazioni anti-governative e contro il presidente Aleksandar Vucic, accusato di essere un autocrate. Ma ce n’è un’altra, contrapposta e dissonante. È quella dei tanti che hanno nel presidente russo Vladimir Putin – e in Vucic – i loro idoli.
Ed è stata la seconda Serbia a dominare la scena ieri, in occasione della visita a Belgrado del leader del Cremlino, accolto in città da eroe, tra mega-poster per il «caro amico» e sventolio di bandiere russe.
E soprattutto da un bagno di folla enorme, scenario inedito per la capitale di un Paese che ha fra le sue priorità l’ingresso nella Ue. Belgrado però non rinnega gli storici legami con l’amica Mosca, anzi li esalta. Lo ha dimostrato con le decine di migliaia di persone affluite nel cuore della metropoli, tra cui tanti sinceri filorussi, moltissima gente dalla provincia profonda - arrivata anche con autobus messi a disposizione dal Partito progressista di Vucic, hanno segnalato vari media locali - per poi marciare verso la cattedrale di San Sava, dov’erano attesi Putin, Vucic e il patriarca Irinej. Alla fine, secondo stime della polizia, in piazza erano 120 mila.
Tra di loro, la belgradese Marija Ilic. «Sono qui perché la Russia difende gli interessi serbi contro le mosse aggressive e secessionistiche» del Kosovo, racconta, riassumendo una delle ragioni principali che rendono filorussi tanti serbi. Le fa eco l’anziano Djuro, originario della Krajina, che assicura che «noi non possiamo essere amici di chi ci ha bombardato, Usa e Nato, ma di Putin sì che possiamo». Ma ci sono anche coloro che ammettono di essere scesi in strada «per entrambi». «Vucic l’ho votato e lo sostengo ancora», confida una donna, originaria di Zrenjanin.
In bilico tra Mosca e Ue
C’è però anche chi ha visto nel meeting pro-Putin una «glorificazione del regime autoritario» di Mosca, hanno denunciato varie Ong. E tanti critici del governo hanno sollevato sospetti sulla «volontarietà» della partecipazione al raduno, suggerendo l’ipotesi di una sorta di contro-manifestazione organizzata con il duplice strumento della persuasione e dell’imposizione. Obiettivo, dimostrare che Mosca rimane fondamentale per Belgrado. E che Vucic gode ancora di un fortissimo sostegno, malgrado le proteste. «Neppure un bambino crederebbe che qualche Ong» - come l’oscuro Centro per lo sviluppo di Belgrado, ufficialmente organizzatore del raduno di ieri - «abbia i mezzi per portare così tanti bus in città», ha suggerito alla Tv N1 l’intellettuale Srbijanka Turajlic, un’opinione rigettata dall’esecutivo. Concorda il politologo Dejan Vuk Stankovic. «Penso sia solo una manifestazione per Putin» e per celebrare «le relazioni tra Serbia e Russia», storicamente Paesi affini. Anche se negli ultimi 15 anni a pompare 3,6 miliardi euro in Serbia è stata l’Ue, non Mosca. Ma i soldi non sono bastati a «comprare» i favori di molti e Belgrado rimane l’ultimo baluardo fedele al Cremlino nei Balcani. Visita che è importante anche per Vucic, osserva il politologo Florian Bieber. Che potrà «giocare la carta filorussa in patria e avere un argomento credibile» con Bruxelles. E cioè «che sta mediando tra Russia e Ue», un bilanciamento tra Est e Ovest importante per Belgrado. Soprattutto sulla questione Kosovo.
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