Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/01/2019, a pag.17 con il titolo "Nuova ondata di repressione: '40 gay arrestati e 2 uccisi' " l'analisi di Giuseppe Agliastro.
Ecco il vero volto della Russia di Putin, un paese che calpesta i diritti civili e umani e che, non ha caso, è il migliore alleato dell'Iran teocratico degli ayatollah. I sostenitori del nuovo zar Putin in Italia farebbero bene a prenderne nota. Il regime ceceno è retto da un uomo di Putin, è quindi inevitabile che anche in Cecenia i gay vengano perseguitati e uccisi.
Ecco l'articolo:
Giuseppe Agliastro
Il regime ceceno torna a perseguitare gli omosessuali. Lgbt Network denuncia una nuova caccia alle streghe contro le minoranze sessuali in Cecenia: un’ondata di violenze che - secondo l’ong - in meno di un mese ha portato alla detenzione illegale di almeno una quarantina di uomini e donne e, come minimo, all’uccisione di due di loro. Una morte atroce, provocata dalle torture della polizia, stando alle fonti interpellate dagli attivisti. Ma le vittime potrebbero essere molte di più. Per Lgbt Network è al momento «impossibile stabilirne il numero ». Mentre un ragazzo gay fuggito in Francia e in contatto con alcuni omosessuali scappati dal paese ha raccontato alla testata online Meduza che i morti potrebbero essere tra 10 e 20.
Un manifestante Lgbt arrestato in Cecenia
Il pugno di ferro
La Cecenia è una turbolenta repubblica del Caucaso governata col pugno di ferro da Ramzan Kadyrov: un fedelissimo di Putin accusato di gravissime violazioni dei diritti umani e per questo sanzionato da Usa e Ue. Le autorità cecene ovviamente respingono tutte le imputazioni a loro carico. Ma a confermare le nuove persecuzioni contro gli omosessuali sono anche alcune fonti sentite da Novaya Gazeta. Un anno e mezzo fa fu proprio la testata investigativa russa a svelare che oltre cento omosessuali erano stati arrestati illegalmente e torturati dalla polizia in luoghi di detenzione segreti e che alcuni erano stati addirittura uccisi. Allora il regime di Kadyrov rispose alle accuse insinuando che in Cecenia non ci siano gay. Adesso, per bocca del ministro dell’Informazione Dzhambulat Umarov, bolla la denuncia di Lgbt Network come «una completa fesseria». Ma ancora una volta ricorre a parole che non fanno che rafforzare i sospetti. «Non spargete i semi della sodomia nella benedetta terra del Caucaso», ha tuonato il ministro. «Non cresceranno come nella pervertita Europa».
Da Lgbt Network arrivano accuse ben circostanziate. Secondo il numero uno dell’ong, Igor Kochetkov, le persone detenute illegalmente dalla polizia sono rinchiuse ad Argun, a 20 chilometri da Grozny. Gli agenti - spiega l’attivista - cercano di «impedire in tutti i modi»che coloro che sono finiti nel loro mirino «lascino la regione o ricorrano alla giustizia», e per raggiungere il loro scopo «sequestrano i documenti» degli omosessuali e «minacciano di aprire inchieste penali» contro coloro che sono caduti nelle loro grinfie «o contro i loro cari». Nonostante ciò, Lgbt Network fa sapere di essere riuscita a far scappare dalla Cecenia in un anno e mezzo circa 150 persone che si trovavano in una situazione di potenziale pericolo: 130 di loro hanno trovato rifugio fuori dalla Russia.
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