Riprendiamo dal SOLE24ORE/Domenica di oggi, 13/01/2019, a pag.28 con il titolo "Mendelssohn filosofo tedesco dell'ebraismo" la recensione di Giulio Busi al libro "Moses Mendelssohn", a cura di Irene Kajon, ed Morcelliana
Giulio Busi Moses Mendelssohn
Con l'Autobahn la distanza da Dessau a Berlino si copre oggi, in automobile, in poco più di un'ora. Nel 1743, quando il giovanissimo Moses Mendelssohn lasciò la sua città natale e imboccò la via verso la capitale del regno di Prussia, le distanze, fisiche, politiche e culturali erano assai diverse da oggi. Soprattutto per un ragazzo ebreo, di famiglia povera, di salute cagionevole, che volesse tentare la fortuna basandosi solo sulla propria intelligenza. Cento chilometri equivalevano a mezzo mondo. Dal piccolo principato di Anhalt- Dessau al fiorente regno di Federico il Grande, gli ostacoli erano parecchi. Per citarne uno, il più difficile da superare, a Berlino gli ebrei potevano entrare solo con un preciso lasciapassare. il quale permesso, rigorosamente vagliato dai gabellieri alle porte dell'abitato, si basava essenzialmente sudi un elemento: il benessere e l'utilità economica.
Chi aveva mezzi in abbondanza, o almeno era temporaneamente utile, entrava, mentre gli altri dovevano restar fuori. Federico II di Prussia, sovrano illuminato finché si vuole, era di vedute assai ristrette in fatto di censo. Preferiva tenere alla larga i poveri ed era piuttosto ostile agli ebrei. Del resto, non amava un granché nemmeno i letterati tedeschi e, soprattutto, aborriva la loro lingua. Preferiva il francese, molto più elegante e "filosofico". Squattrinato, ebreo, nato in terra tedesca - chi l'avrebbe mai detto che Moses Mendelssohn sarebbe vissuto tutto il resto della sua vita a Berlino, riuscendo a conseguire un notevole successo sociale e, soprattutto, adiventare un filosofo e un difensore dell'ebraismo letto e rispettato in tutta Europa?
Entrato in città con una speciale licenza di studio, Moses si guadagna ben presto una cultura invidiabile, non solo nelle tradizionali discipline rabbiniche ma anche nelle principali linguedel tempo e in materie filosofiche. L'amicizia con Gotthold Ephraim Lessing gli spalanca le porte di un certo mondo illuminato cristiano, così che il suo primo libretto teorico, i Dialoghi filosofici, stampato nel 1755, fa notizia. Lo scritto, apparso in maniera anonima, viene presentato su di una blasonata rivista di Gottinga, e il recensore lo elogia a tal punto da attribuirlo a Lessing in persona. L'equivoco, chiarito con grande vantaggio per la fama di Mendelssohn, ci fa capire quanto di nuovo, e di coraggioso, sia contenuto nella piccola opera. Non era mai successo prima che un ebreo difendesse il pensieri_ tedesco. Perché questa è una delle tesi dei Dialoghi mendelssohniani.
I francesi saranno pure bravi a darla da intendere, con il loro stile elegante e mondano. Ma la metafisica, quella solida,vienedalla Germania. «Non riconosceranno mai i tedeschi il loro vero valore? Scambieranno in eterno il loro oro con il finto oro rilucente dei loro vicini»? - parola di Moses. Che una delle prime prese di coscienza della filosofia tedesca, in tedesco, venga da un giovanotto ebreo emigrato di straforo a Berlino dalla provinda, può servire da monito L'intelligenza s'infila dove può, e dove vuole. Guardiani e gabellieri sono avvisati.
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