Un centro commerciale israeliano è la nuova.. nakba dei palestinesi
Commento di Deborah Fait
A destra: Rami Levy
C'è un uomo d'affari in Israele, il suo nome è Rami Levy, proprietario della terza più importante catena di supermercati nei quali assume indifferentemente israeliani ebrei, arabi palestinesi, musulmani, cristiani e chiunque voglia lavorare in pace, come del resto accade in ogni settore della società israeliana. Rami Levy è particolarmente noto e apprezzato perchè considerato un filantropo, uno che mette le proprie idee imprenditoriali al servizio della convivenza pacifica tra etnie assumendo metà dei lavoratori tra la popolazione araba, sia di cittadinanza israeliana che proveniente dall'ANP. Come scrive il Gatestone Insitute, un think tank che si occupa di politica internazionale, più di 2000 lavoratori arabo-palestinesi e arabo-israeliani sono impiegati nei suoi supermercati. https://www.gatestoneinstitute.org/13531/palestinians-shopping-mall I supermercati Levy sono famosi perchè offrono prodotti di ottima qualità a basso prezzo, quindi molto competitivi e popolari tra la popolazione, sia ebraica che araba. L'8 gennaio del corrente anno, Rami Levy ha commesso, secondo le autorità palestinesi, un enorme crimine. Che può aver combinato? Ha ucciso, ha depredato, ha rubato qualcosa dalla villa principesca di Abu Mazen? No, niente di tutto ciò, Levy ha semplicemente inaugurato un grande centro commerciale, in cui ha investito 50 milioni di dollari, nel Parco Industriale di Atarot, a nord-est di Gerusalemme, e la maggior parte dei suoi lavoratori e clienti sono arabi.
Non l'avesse mai fatto! Fatah ha urlato al tradimento e ha chiamato i suoi al boicottaggio e alla violenza dimostrando per l'ennesima volta quanto poco alle autorità palestinesi interessi il benessere della propria gente. L'autore dell'articolo Bassam Tawil, arabo musulmano, si chiede: " In quale parte del mondo un leader condanna un progetto che offre lavoro al proprio popolo? In quale parte del mondo un leader ordina di boicottare un centro commerciale che ha prezzi competitivi per cibo e vestiti? In quale parte del mondo un leader definisce nakba (catastrofe) un progetto che porta benefici alla propria gente?" Credo che l'unica risposta alle domande del giornalista sia: un leader mentecatto, sinonimo di Abu Mazen, il boss mafioso che comanda l'Autonomia palestinese. Rami Levy racconta di aver impiegato lavoratori palestinesi e arabo-israeliani già all'epoca del suo primo supermercato aperto nel 1976 a Mahanè Yehuda, il famoso e pittoresco mercato di Gerusalemme "I miei primi impiegati erano arabi e moltissimi hanno fatto una bella carriera. Il mio primo impiegato si chiama Ibrahim, oggi è il nostro direttore logistico. Molti dei nostri lavoratori arabi sono diventati manager, tutti, ebrei o arabi, o di qualsiasi altra etnia, hanno lo stesso trattamento economico e i salari si basano sulla posizione lavorativa, su merito e prestazioni. Le opportunità di successo devono essere comuni e questo si può raggiungere solamente attraverso i principi dell'uguaglianza.". Per i rappresentanti di Fatah questo discorso è anatema, l'immagine di ebrei e arabi che lavorino insieme in armonia è un incubo che non riescono ad accettare, non possono sopportare l'idea che dei lavoratori arabi siano ben pagati, che comprino buon cibo. "Questo è un giorno triste per Al Quds ( Gerusalemme)" dichiara Hatem Abdel Qadre Eid, rappresentante di Fatah, che probabilmente avrebbe voluto tagliarsi le vene alla vista dell'enorme folla di arabi che ha riempito il centro commerciale nel giorno dell'inaugurazione, felici di avere finalmente una simile opportunità vicino a casa.
A questo punto quale strategia poteva inventarsi Fatah? Ma la solita, naturalmente! Quella cui sono abituati, quella che è insita nel DNA dell'organizzazione terroristica quale è sempre stata, dalle origini ai nostri giorni: la violenza. Nel giorno dell'inaugurazione gruppi di palestinesi sono andati a gettare bombe Molotov contro chi si recava al centro commerciale nel tentativo di convincere gli arabi a scappare. Qualcuno poteva essere ammazzato? Nessun problema, c'è sempre Israele da poter incolpare e i terroristi, tutti affiliati di Fatah, hanno dimostrato di preferire ferire o ammazzare la propria gente piuttosto che vederla lavorare o fare compere insieme agli odiati ebrei. Se chi compra un litro di latte israeliano, continua l'autore, viene accusato di tradimento non è difficile immaginare il destino dei palestinesi che vogliano collaborare con Israele, se dovesse andar bene potrebbero scontrarsi con una bomba, essere feriti e arrestati, o, male che vada, uccisi. Un palestinese con passaporto americano, Issam Akel, che aveva venduto un pezzo di terra a degli ebrei è stato condannato all'ergastolo e ai lavori forzati. All'epoca di Arafat venivano fucilati pubblicamente e poi appesi ai lampioni nella via principale di Ramallah dove la popolazione in fila indiana andava a sputare addosso ai cadaveri. Un mese fa un arabo palestinese è stato giustiziato con la stessa accusa. In Galilea una cittadina arabo-israeliana, Dima Tayeh, candidatasi alle primarie del Likud, il partito di Netanyahu, è stata condannata e rinnegata dalla famiglia, accusata di aver tradito il proprio popolo e la propria fede. Il motivo? Oltre alla colpa immensa di essere una Likudnikit (membro del Likud) ha anche difeso la legge sullo stato nazionale del popolo ebraico. Le auguro lunga vita sperando di non essere smentita. E c'è chi pensa, anche qualche illuso israeliano, che sia possibile fare la pace con questa gente, senza pace, mai stanca di violenza, mai stanca di odio. Sono 10 mesi ormai che continuano le violenze lungo il confine di Gaza, 10 mesi che ogni venerdì dai 5000 ai 10.000/12.000 fanatici scalmanati e sporchi di fumo tentano di spaccare le reti e invadere Israele. Odio e violenza, i valori con cui i palestinesi vengono educati dai loro criminali imam e condottieri del male.
Deborah Fait