Paolo Mastrolilli Donald Trump
I segni erano già evidenti ma ora il cambio della linea Usa in Medio Oriente è ufficiale. «In soli 24 mesi, gli Stati Uniti sotto il presidente Trump hanno riaffermato il loro tradizionale ruolo come forza per il bene nella regione, perché abbiamo imparato dai nostri errori. Abbiamo riscoperto la nostra voce, ricostruito le nostre relazioni, rigettato le false aperture dei nostri nemici». Sono le parole con cui il segretario di Stato Pompeo ha delineato la “dottrina Trump” per il Medio Oriente, durante il discorso tenuto ieri all’American University del Cairo, che aveva l’obiettivo di invertire la rotta rispetto a quella indicata dal presidente Obama, con il suo intervento tenuto sempre al Cairo nel giugno del 2009. Allora il capo della Casa Bianca aveva cercato di aprire una nuova fase nelle relazioni con il mondo islamico, sunnita e sciita, che avrebbe poi portato all’accordo nucleare con l’Iran. Ora si torna al passato, cioè alla stretta alleanza con la componente sunnita egiziana e saudita, e alla sfida con Teheran.
Mike Pompeo
Pompeo nel suo discorso ha sottolineato quattro punti. Primo, «gli Stati Uniti sono una forza per il bene in Medio Oriente. Siamo sempre stati una potenza liberatrice, non occupante. Non abbiamo mai sognato la dominazione. Chi può dire lo stesso del regime iraniano?». Secondo, Washington resta determinata a «combattere insieme l’islam radicale e il terrorismo», nonostante l’annuncio del ritiro dalla Siria. «Continueremo a lavorare - ha promesso Pompeo - con i nostri partner per sconfiggere l’Isis, e dare la caccia ai terroristi in tutto il Medio Oriente e il mondo». Terzo, l’opposizione all’Iran e ai loro alleati: «Le nazioni del Medio Oriente non godranno mai della sicurezza, la stabilità economica e la realizzazione dei loro sogni, se il regime rivoluzionario iraniano persisterà nella traiettoria attuale». Quarto, rafforzare le alleanze di lungo termine, come quelle con Arabia, Egitto ed Israele, e costruirne di nuove.
Con il suo discorso al Cairo Obama aveva cercato di costruire un nuovo rapporto con il mondo islamico, dopo gli attentati dell’11 settembre e le guerre in Afghanistan e Iraq. Si era basato su 7 punti: primo, lotta all’estremismo violento; secondo, risoluzione della questione israelo-palestinese; terzo, controllo delle armi nucleari, offrendo il dialogo all’Iran; quarto, diffusione della democrazia e dei diritti umani; quinto, libertà di religione; sesto, diritti delle donne; settimo, sviluppo economico e istruzione. Prima di lui, anche i neocon avevano spinto l’amministrazione di Bush figlio in una direzione nuova, che pur senza abbandonare gli alleati tradizionali, aveva enfatizzato la necessità di allentare il legame con i regimi dittatoriali ed esportare la democrazia nel mondo islamico per aprirlo alla modernità. L’Iraq che immaginavano di costruire dopo l’invasione sarebbe stato il modello da seguire per l’intera regione, favorendo anche la pace con Israele.
Trump ha sempre rifiutato entrambe queste visioni. Fin dalle primarie ha criticato l’intervento in Iraq, facendone un elemento di netta distinzione fra lui e l’establishment repubblicano, stretto intorno alla famiglia Bush. Quanto alla linea di Obama, considerava l’apertura all’Iran ingenua, se non folle.
Ora dunque si torna alle origini. La dottrina illustrata da Pompeo ricalca quella seguita per decenni dagli Usa, ma con alcune differenze importanti. Non ha nemmeno citato il caso Khashoggi, a conferma del fatto che democrazia e diritti umani non sono più discriminanti, anche se solo in apparenza. Nel vecchio schema delle alleanze svolgeva un ruolo centrale la Turchia, che ora si sta allontanando sempre più dagli Usa. La Russia è tornata con forza nella regione, non solo in Siria, e ambisce a rappresentare l’alternativa fornita un tempo dall’Urss. L’alleanza con i sunniti era sostenuta da una forte presenza militare americana nella regione, che invece Trump rifiuta, come ha dimostrato col ritiro dalla Siria. Resta da vedere se questa nuova interpretazione del vecchio schema riuscirà ad essere più efficace di quella del passato.
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