Benjamin Netanyahu in Oman
Analisi di Antonio Donno
Benjamin Netanyahu con il sultano dell'Oman
A giudicare dalle reazioni giornalistiche di questi ultimi giorni all’interno del mondo arabo sunnita, la visita di Netanyahu in Oman ha prodotto un’eco interessante, anche se su due fronti opposti: quello positivo e quello negativo. Tuttavia, il fatto stesso che la stampa araba abbia dimostrato una viva attenzione all’evento sta a significare che qualcosa si muove in quel mondo a proposito delle sue relazioni con Israele. Nello stesso tempo, tutto questo è una conseguenza dell’attività di Donald Trump sulla questione israelo-palestinese e sulla efficacia delle nuove relazioni tra Washington e le capitali arabe di parte sunnita. In questo senso, le nuove intese tra gli americani e i sauditi hanno fatto da volano per le successive aperture della politica araba verso una nuova definizione del conflitto israelo-palestinese. Sul giornale saudita “Okaz”, il giornalista Osama Yamani esamina con estremo realismo la situazione: “Israele è un dato di fatto, un’entità concreta con relazioni internazionali e paesi amici in ogni parte del mondo. Noi lottiamo per eliminare un paese che ha la forza e l’abilità di sconfiggere chiunque lo attacchi o minacci la sua esistenza”. Secondo Yamani, il mondo arabo ha commesso un errore fatale nel tentare di distruggere Israele: “Perché non impariamo da questi errori? Perché li ripetiamo?”. Secondo il giornalista saudita, occorre sedersi al tavolo delle trattative, senza preclusioni o richieste insensate. Del resto, il recente incontro tenuto nel Bahrain tra esponenti dei paesi arabi sunniti si è incentrato sulla lotta al terrorismo e alla minaccia rappresentata dall’Iran sciita al mondo sunnita. Il tema di questo incontro è quanto mai significativo. I paesi sunniti, insieme all’Arabia saudita, oggi fanno leva sull’intesa con gli Stati Uniti e, di conseguenza, sul ristabilimento di buone relazioni con Israele. Netanyahu sapeva che l’Oman era il paese più aperto a questo nuova realtà e, per questo motivo, la reazione positiva della stampa di quel paese ha avuto una larga eco negli altri paesi arabi. Ad esempio, il giornalista palestinese Talal ‘Awkal, su “Al-Ayyam”, benché critico della posizione dell’Oman, non ha potuto che constatare il successo di Netanyahu: “I fatti dimostrano […] che la visita di Netanyahu ha avuto un grande significato, perché essa ha rotto la barriera di ghiaccio e aperto la via per eguali successi in altri paesi arabi. Il primo paese a seguire l’Oman sarà il Bahrain, il cui ministro degli esteri ha accolto con favore e lodato l’iniziativa del sultano Qaboos per aver incontrato Netanyahu”. Il realismo sta penetrando nelle valutazioni dei leader arabi sunniti sul problema del conflitto arabo-israeliano. Il giornalista saudita Abd Al-Rahman Al-Rashed, del “Al-Sharq Al-Awsat”, lo dice apertamente: “La cultura araba fondata sul rigetto delle relazioni e della normalizzazione con Israele è profondamente radicata e ancora viva, ma la novità è che tutto ciò non rappresenta più il centro della politica dei paesi arabi, ed anzi la normalizzazione non è più condannata dai governi arabi”. Tutto ciò nasce da un ripensamento indotto dalla realtà della situazione mediorientale e dalle iniziative che Trump ha messo in atto a favore di Israele. In primo luogo, la rottura dell’accordo sul nucleare con l’Iran, a suo tempo firmato da Obama, da parte di Trump e le dure sanzioni economiche contro Teheran sono state considerate dai paesi arabi sunniti un’iniziativa americana molto importante per ostacolare la penetrazione dell’Iran sciita nel cuore del Medio Oriente. In secondo luogo, le azioni del presidente americano a favore di Israele hanno avuto un riflesso significativo sulle posizioni arabe nei confronti di Israele. In sostanza: è impossibile – questo è il ragionamento dei governi arabi – mantenere le buone relazioni con gli Stati Uniti e usufruire della loro politica contro la minaccia iraniana se, nello stesso tempo, non si riapre il dialogo con Gerusalemme. Un intreccio di convenienze che porta oggi il mondo arabo sunnita a rivedere profondamente la sua politica di opposizione all’esistenza di Israele. La politica di Trump sta avendo successo. E l’azione di Netanyahu la utilizza con grande intelligenza. La sua visita in Oman – scrive l’intellettuale saudita ‘Abd Al-Hamid Al-Hakim – contiene questo messaggio: “Il processo di pace è cominciato e i nemici della pace non avranno alcuna consolazione”.
Antonio Donno