Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 09/01/2019, a pag. 8, con il titolo "L'Anp si ritira da Rafah, al-Sisi chiude il valico", il commento di Michele Giorgio.
Michele Giorgio oggi si sofferma sulla guerra civile a bassa intensità che da 15 anni esiste tra fazioni arabe palestinesi, a partire dalle due più forti, Fatah e Hamas. E' questo un conflitto sempre latente che ogni tanto esplode in episodi di violenza. Tutti i tentativi di "riunificazione" finora tentati si sono risolti in fallimenti, nonostante ci sia un elemento che accomuna tutte le fazioni: l'odio contro Israele e gli ebrei.
Giorgio però rovescia le responsabilità dagli estremisti arabi palestinesi su Israele. La sua tesi, secondo cui la colpa dei conflitti tra Hamas e Fatah è dell' "assedio" di Israele che riduce Gaza in una "prigione a cielo aperto", non sta in piedi. Eppure è una menzogna che Giorgio ripete mille volte: come insegnava Goebbels, a forza di ripeterla sarà percepita come una verità.
Ecco l'articolo:
Michele Giorgio
L'irresponsabilità di Hamas e Fatah spinge di nuovo Gaza verso il baratro. I circa 200 fermi, arresti e interrogatori di militanti e dirigenti di Fatah, eseguiti dalla polizia del movimento islamico nei giorni scorsi in occasione dell'anniversario della fondazione del partito guidato dal presidente palestinese Abu Mazen, sono stati seguiti dalla decisione del governo dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) — composta ai suoi livelli più alti, in prevalenza da dirigenti di Fatah — di ritirare i suoi agenti dal terminal di frontiera di Rafah, l'unica porta di Gaza sul mondo ambo. Un passo al quale l'Egitto ha reagito chiudendo il valico sul lato palestinese.
GLI ABITANTI DI GAZA potranno tornare a casa, ma non entrare in territorio egiziano. Per migliaia di civili è un disastro, soprattutto per gli ammalati gravi che soltanto in Egitto o volando dal Cairo verso altri Stati possono ricevere le cure di cui hanno bisogno. Il ritiro da Rafah delle guardie di frontiera dell'Anp ha creato un effetto domino. Hamas ha annunciato di aver ripreso il controllo del valico di Rafah — che aveva restituito al controllo dell'Anp nell'autunno del 2017 —, poi è arrivata la chiusura in uscita del terminal decisa dal Cairo, quindi è entrato in scena Israele, che da 12 anni attua un rigido blocco di Gaza, con lo stop all'ingresso nella Striscia di 15 milioni di dollari offerti dal Qatar. Un colpo durissimo che significa l'interruzione del pagamento dei salari arretrati per decine di migliaia di dipendenti pubblici. Doha, con Ankara alleata del movimento islamico palestinese, due mesi fa ha garantito il versamento di una cifra mensile di 15 milioni di dollari nel contesto degli sforzi dell'Egitto e dell'Onu di ridurre il rischio di un confronto armato fra Hamas ed Israele.
FONDI CHE, nelle intenzioni qatariote, servono anche a ridurre le tensioni lungo le linee tra Gaza e Israele, dove dallo scorso 30 marzo, ogni venerdì, si riversano migliaia di palestinesi per protestare contro il blocco israeliano. Manifestazioni che hanno visto oltre 200 palestinesi cadere uccisi sotto il fuoco dei tiratori scelti israeliani schierati lungo le barriere. Hamas, in cambio di un allentamento del blocco e dei fondi oO messi a disposizione dal Qatar, in queste ultime settimane si è mosso per contenere le proteste. Complice anche la pressione dell'Egitto che con la sua mediazione è riuscito a evitare, almeno sino a oggi, un'offensiva militare israeliana contro Gaza.
IL DISASTRO INTERNO palestinese non si ferma qui. Se gli islamisti arrestano i rivali di Fatah a Gaza, i servizi di sicurezza dell'Anp fanno altrettanto con i militanti di Hamas in Cisgiordania, spesso in collaborazione con l'intelligence di Israele. Abu Mazen da parte sua non esita a colpire, con tagli dei finanziamenti diretti a Gaza, la popolazione civile. L'ultimo esempio è proprio il ritiro delle guardie di frontiera da Rafah che non danneggia Hamas ma i tanti che aspettavano, spesso da mesi, di poter entrare in Egitto. Il presidente dell'Anp ha mandato un segnale a Egitto e Qatar che, in apparente coordinamento con Israele, provano a trasformare Gaza in una entità separata dal resto dei territori palestinesi. Rivelazioni attribuite di recente dalla stampa araba all'ex ministro della difesa israeliano, Avigdor Lieberman, vorrebbero il piano statunitense per il Medio Oriente — non ancora presentato — finalizzato, tra le altre cose, a fare della minuscola Striscia di Gaza il futuro Stato di Palestina, una prigione a cielo aperto per oltre due milioni di civili e un contenitore ben sigillato di militanti e dirigenti di Hamas.
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