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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Il grande progetto di Erdogan: la prossima sarà la Libia? 09/01/2019

Il grande progetto di Erdogan: la prossima sarà la Libia?
Analisi di Zvi Mazel

(Traduzione di Angelo Pezzana)

https://www.jpost.com//Opinion/Erdogans-grand-plan-Is-Libya-next-576631

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Da Erdogan a...

Una sorprendente scoperta verso la fine dell'anno ha rivelato una nuova sfaccettatura nei continui sforzi della Turchia per diventare ancora una volta un attore importante in Medio Oriente e ripristinare parte della gloria dell'Impero Ottomano. Enormi quantitativi di armi nascoste in due container in arrivo dalla Turchia sono state scoperte dalle autorità doganali nel porto libico di Khoms il 17 e 18 dicembre. Non meno di 3000 pistole di fabbricazione turca, un numero di armi da caccia e munizioni sono state trovate nel primo container e 4,2 milioni di proiettili anche di fabbricazione turca nel secondo. Khoms è un porto relativamente minore nella parte occidentale del paese, a soli cento chilometri da Tripoli e abbastanza vicino al confine libico con la Tunisia e Algeri. Fu indubbiamente scelto con la falsa convinzione che i controlli sarebbero stati più superficiali che nel principale porto del paese nella capitale Tripoli. Dal tipo di armamenti di contrabbando è abbastanza ovvio che non erano destinati ad un esercito regolare, ma piuttosto ad attività terroristiche di gruppi armati, molto probabilmente organizzazioni islamiche legate alla Fratellanza Musulmana. Il Consiglio di sicurezza dell'ONU aveva imposto un embargo sulle armi alla Libia, durante la guerra civile dopo la caduta di Muhammar Gheddafi nel 2011, rinnovato lo scorso giugno. La guerra civile non si è fermata, il paese è diviso tra due governi rivali: il governo dell'Accordo nazionale di Fayez al Sarraj a Tripoli, riconosciuto dall'ONU, e il governo di Tobruk guidato dal generale Khalifa Haftar, il governatore de facto della Libia a est e comandante in capo dell'esercito nazionale libico, la più grande forza militare del paese. Ci sono anche dozzine di milizie armate islamiche, alcune sostengono il regime di Sarraj e altre che agiscono in modo indipendente. La fazione locale dello Stato islamico è ancora attiva, anche se molto diminuita dopo essere stata cacciata dalle principali città. La scoperta dei contenitori ha portato a una protesta pubblica ed è stata condannata da entrambi i governi.

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Fayez al Sarraj

Sarraj ha ordinato un'indagine approfondita chiedendo spiegazioni alla Turchia. Haftar ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell'ONU di condannare Ankara per violazione dell'embargo e avviare un'inchiesta internazionale accusando Erdogan di sostenere gruppi armati di terroristi per fomentare il caos. La delegazione ONU in Libia è per la neutralità, tenta di riconciliare i due governi, ma si è trovata costretta ad agire e il 22 dicembre ha espresso preoccupazione e ribadito l'importanza dell'embargo, sottolineando che l'ONU aveva costituito un gruppo di esperti per esaminare quanto era accaduto. La Turchia, che si era astenuta dall'entrare in merito alle reazioni di Haftar e Sarraj, non poteva ignorare la posizione assunta dalla delegazione delle Nazioni Unite. Lo stesso giorno il ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu ha fatto un imprevisto viaggio a Tripoli e ha incontrato il suo omologo libico alla presenza del capo del parlamento prima di incontrare Sarraj. Ha cercato di minimizzare l'incidente e ha accusato i "paesi arabi"- senza fare nomi- di rifornire carri armati, missili e droni in Libia. Probabilmente intendeva l'Egitto, che sta cooperando con il generale Haftar per controllare il loro lungo confine e impedire l'intrusione dei terroristi islamici. Tuttavia, secondo un rapporto delle Nazioni Unite, una dozzina di paesi stanno fornendo armi a entrambe le parti in violazione dell'embargo. La Turchia era già uno di questi. Secondo la dichiarazione rilasciata dall'ufficio di Sarraj dopo la riunione, Cavusoglu ha negato qualsiasi coinvolgimento nell'incidente, aggiungendo che non rientrava nella politica della Turchia. Entrambi i paesi hanno concordato di avviare immediatamente un'indagine comune. Una risposta ritenuta insoddisfacente da un membro del parlamento che ha chiesto che venissero presi provvedimenti contro la Turchia accompagnati da un'indagine internazionale. Nel frattempo, ad Algeri, una fonte anonima della sicurezzaha reagito rabbiosamente dichiarando e al quotidiano saudita al Shark al Awsat che la spedizione di armi verso la Libia occidentale, vicino al confine algerino, era destinato a destabilizzare la regione. Per quanto lo riguardava, disse, era una dichiarazione di guerra; l'esercito del suo paese era in uno stato di massima allerta. Sia Al Qaeda che Daesh sono attivi tra i confini tra Libia, Tunisia e Algeri, dove vi sono frequenti scontri. Le armi che raggiungono la regione, soprattutto dal Mediterraneo, finiscono nelle mani di organizzazioni terroristiche nelle nazioni del Sahel africano come Mali, Niger e Ciad. La Turchia si era schierata coni partiti islamici guidati dai Fratelli Musulmani subito dopo la caduta di Gheddafi, vincendo le prime elezioni parlamentari tenutesi l'anno seguente. Ha mantenuto poi il suo sostegno quando hanno perso le successive elezioni nel 2012. Il fatto che Ankara stesse aiutando le organizzazioni islamiche coinvolte nella conseguente guerra civile sia avvenuto iniziato nel 2013, dipese da un fatto accidentale, quando le dogane in Grecia hanno trovato armi di manifattura turca su una nave diretta in Libia che aveva cercato riparo durante una tempesta in un porto greco. Da allora ci sono state molte scoperte simili, che hanno rivelato l’origine delle armi. Nel dicembre 2013, l'Egitto ha trovato quattro contenitori di armamenti di contrabbando su una nave che era partita dalla Turchia verso la Libia. Tre tentativi simili sono stati scoperti nel 2014: in agosto l'esercito libico ha fermato una nave che portava armi dalla Turchia mentre stava per entrare nel porto di Darna, allora roccaforte della più grande organizzazione jihadista dell'epoca, "Ansar al Shariah". In Novembre i greci hanno fermato su una nave proveniente dall'Ucraina un carico di armi dirette in Libia. Infine, a dicembre, le autorità libiche hanno arrestato una nave coreana che trasportava una spedizione di armi a Misurata, allora sede di milizie armate. L'aiuto della Turchia non era limitato alla fornitura di armamenti. Nel gennaio 2017 "Ansar al Shariah" aveva annunciato la morte del suo leader, ferito in una battaglia con l'esercito nazionale della Libia, nell'ospedale turco dove era stato ricoverato. Quando, nel settembre 2018, il Procuratore generale della Libia ha emesso mandati per l'arresto per 826 terroristi islamici, è emerso che la maggior parte di loro era fuggita in Turchia o in Qatar, due strenui sostenitori dei Fratelli Musulmani. Il Qatar aveva fornito alla Libia in passato gruppi islamici armati. Mentre il costante sostegno della Turchia alle organizzazioni islamiche diventava sempre più evidente, cresceva l'ostilità con il generale Haftar, il cui esercito è il principale ostacolo allo sviluppo dell'islam politico sostenuto dalle milizie armate in Libia. Secondo fonti di Tobruk e dell'esercito, l'aviazione libica ha confermato che aerei turchi erano entrati nello spazio aereo libico, mentre il parlamento di Tobruk minacciava di fermare il commercio bilaterale, stimato in due o tre miliardi di dollari l'anno. Gli investimenti turchi nella regione prima della guerra civile superavano i 15 miliardi di dollari. Nel corso degli ultimi due anni ci sono stati alcuni nuovi sviluppi. La Turchia guarda con preoccupazione la crescente forza politica e militare del generale Haftar; l'ONU sta lavorando duramente per tentare una riconciliazione tra Tobruk e Tripoli, con elezioni che potrebbero rafforzare ulteriormente la posizione di Haftar e ostacolare la penetrazione turca. Ecco perché una delegazione del parlamento di Tobruk è stata invitata nel settembre 2018 a incontrare il presidente Erdogan ad Ankara. Sebbene l'incontro fosse avvenuto in un clima cordiale, non venne raggiunto alcun accordo, principalmente perché il generale Haftar era fortemente sospettoso delle intenzioni turche. Lo scorso novembre la Turchia ha partecipato alla conferenza di Palermo convocata su iniziativa dell'Italia per trovare una soluzione politica alla crisi libica. Il generale Haftar si oppose alla presenza di una delegazione turca, per cui I turchi se ne andarono per protesta. Poche settimane dopo una nuova spedizione di armi turche fu scoperta a Khoms. È interessante notare che c'è scarso interesse dei media su ciò che la Turchia sta facendo in Libia, nessuna condanna o reazione. Ma questo vale anche per l'approfondimento del coinvolgimento di Ankara nel Medio Oriente. La Turchia, dopo tutto, è un giocatore importante a causa della sua situazione geostrategica tra Asia ed Europa, e del fatto che è un membro della NATO e quindi parte della difesa dell'Occidente (sebbene i suoi legami con la Russia sollevino dubbi su questo punto. ) Poi c'è il problema dei profughi. Ankara ha accettato di fermare il flusso dei rifugiati dai paesi islamici che cercano di raggiungere l'Europa in cambio di cinque miliardi di dollari. Funziona così da quelle parti. Un'Europa debole, incapace di affrontare il caos in Medio Oriente, non è pronta per affrontare il comportamento aggressivo turco. E con l'America che lascia la scena, l'aspirante Sultano sarà ancora più libero di agire. La Turchia sta perseguendo vigorosamente la sua penetrazione politica e / o militare nelle zone più sensibili della regione - dalla Siria all'Iraq, al Mar Rosso, al Sudan e al Qatar nel Golfo, per la maggiore gloria del suo leader e la supremazia dell'Islam.


Zvi Mazel è stato ambasciatore in Svezia dal 2002 al 2004. Dal 1989 al1992 è stato ambasciatore d’Israele in Romania e dal 1996 al 2001 in Egitto. È stato anche al Ministero degli Esteri israeliano vice Direttore Generale per gli Affari Africani e Direttore della Divisione Est Europea e Capo del Dipartimento Nord Africano e Egiziano. La analisi di Zvi Mazel sono pubblicate in esclusiva in italiano su Informazione Corretta


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