Gentilissima Signora Fait, sono rimasta allibita nel leggere il commento di IC del 30 dicembre sulla notizia del militare sanzionato per non aver assistito ad una Messa. Un militare (con numerosi precedenti disciplinari e perfino penali, sicché non si sa donde IC desuma la "serietà" del suo impegno) rifiuta o manca di assistere, in orario di servizio, ad una S. Messa in memoria di un commilitone morto (non è dato sapere se caduto in servizio e in quali circostanze): e IC lo elogia e parla di "sharia cattolica"? Un triste atto di mancanza di spirito di corpo e della più elementare solidarietà umana (non conosco, per fortuna, persone che si rifiutino di partecipare ad un rito o commemorazione funebre, quali che siano le loro convinzioni religiose o filosofiche) trasformato in una requisitoria contro la tradizione religiosa nazionale. Con l'augurio di un felice anno nuovo e la speranza di un più adeguato confronto con le realtà nelle quali non ci si rispecchia,
Annalisa Ferramosca
Gentile Annalisa,
Forse conosciamo troppo poco il caso in questione visto che ne parla solo La Stampa ma credo che i tribunali si siano espressi in modo esagerato nei confronti del militare. Non penso proprio che il soggetto si sia rifiutato di entrare in chiesa nel momento della funzione, lo avrà detto in anticipo quindi l'esercito avrebbe dovuto semplicemente prendere atto e sostituirlo con qualcun altro e in seguito, eventualmente, dargli una punizione "normale" per essersi rifiutato di obbedire agli ordini. Un soldato deve obbedire, su questo non ci piove, ma un essere umano deve rivendicare il proprio diritto alla libertà religiosa che nessun organismo statale può permettersi di prevaricare. Non credo che la commemorazione per un compagno deceduto sia stata celebrata solo in chiesa, mi rifiuto di pensarlo dal momento che l'Esercito deve essere ed è assolutamente laico. La punizione inferta al soggetto in questione è davvero terribile, la pena non corrisponde alla colpa: la perdita del grado e cessazione del servizio permanente, manca la detenzione e avrebbero completato il quadro. Un soldato in servizio permanente come il caso in questione non può aver volontariamente distrutto la propria carriera quindi, per lui, rifiutarsi di partecipare ad una funzione religiosa deve essere stata una decisione molto importante che avrebbe dovuto essere presa in considerazione dai suoi superiori. Non si è rifiutato di difendere il proprio paese, non si è rifiutato di andare in battaglia, semplicemente non ha voluto, giusto o sbagliato che sia, entrare in un luogo di culto. Laicamente l'Esercito avrebbe dovuto capirlo e non rovinarlo per sempre, con disonore. E' qui che sta la differenza tra il pensiero di libertà e la prevaricazione di un essere umano ed è qui che l'autore del commento chiama in ballo, come esempio, la sharia, naturalmente facendo le debite distanze! Non c'entra niente la religione ma solo il rispetto dell'essere umano, sia egli credente, ateo o buddista, e in questo caso il rispetto è venuto meno per essere sostituito da una mentalità intransigente e arcaica che non dovrebbe più esistere.
Un cordiale shalom e sinceri auguri per un felice anno nuovo.
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