Gerusalemme: arabi palestinesi imprigionati dall'Anp e uccisi dai terroristi, 'colpevoli' di aver venduto immobili a ebrei. Ecco il vero razzismo Michele Giorgio demonizza Israele, ma la verità emerge lo stesso
Testata: Il Manifesto Data: 03 gennaio 2019 Pagina: 8 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Vende una casa palestinese ai coloni: fine pena mai»
Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 03/01/2019, a pag. 8, con il titolo "Vende una casa palestinese ai coloni: fine pena mai", il commento di Michele Giorgio.
Il Manifesto, da sempre schierato contro Israele, pubblica oggi un pezzo in cui emerge la politica razzista dell'Anp del "moderato" Abu Mazen, che riserva pene durissime a chi, tra gli arabi palestinesi, osa vendere proprietà agli ebrei. Si tratta evidentemente di una discriminazione razzista che è costata la vita già a numerosi intermediari immobiliari arabi palestinesi, "colpevoli" di non essersi piegati ai diktat di Abu Mazen. Michele Giorgio, come da copione, demonizza lo Stato ebraico, ma la verità emerge perfino nel suo pezzo, a saperla cercare senza pregiudizi.
Ecco l'articolo:
Michele Giorgio
David Friedman, ambasciatore Usa in Israele e amico dei coloni, a novembre, usando toni minacciosi, credeva di aver fermato l'Autorità nazionale palestinese. E altrettanto pensavano di aver fatto le autorità israeliane arrestando Adnan Gheith, il governatore palestinese di Gerusalemme. Invece non è servito. L'americano-palestinese Issam Akel, arrestato dall'Anp perché accusato di aver venduto ai coloni israeliani proprietà arabe nella città vecchia di Gerusalemme, è stato condannato da un tribunale dell'Anp e dovrà scontare una condanna all'ergastolo e ai lavori forzati.
Gerusalemme, la città vecchia
LA PESANTE SENTENZA è anche figlia del clima di guerra tra Anp e amministrazione americana che va avanti da quando il 6 dicembre 2017 Donald Trump ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele. «Gerusalemme non è in vendita, non lo accetteremo mai», ha ribadito appena qualche giorno fa il presidente dell'Anp Abu Mazen. Il caso di Issam Akel ha avuto inizio lo scorso 10 ottobre, giorno dell'arresto a Ramallah, in Cisgiordania, del palestinese che è cittadino statunitense.
L'UOMO, CHE DI SOLITO abita a Betlemme, avrebbe ricevuto 25mila dollari per aver favorito la vendita di una casa nel quartiere musulmano della città vecchia di Gerusalemme, di proprietà di una anziana vedova e finita nelle mani di una «agenzia immobiliare», la Elad, legata al movimento dei coloni della Ataret Cohanim. Ufficialmente un istituto religioso ebraico, di fatto un'organizzazione di coloni di estrema destra impegnati a «conquistare» il quartiere musulmano, in particolare la parte adiacente alla Spianata delle Moschee, il sito religioso considerato dalla tradizione ebraica il Monte del Tempio, il luogo dove sorgeva il biblico Tempio. La vicenda è parecchio ingarbugliata. La famiglia Joudeh, proprietaria della casa passata ai coloni, sostiene di aver ceduto la casa a Khaled al Atari, un uomo d'affari vicino al capo dell'intelligence dell'Anp Majd Faraj, dopo aver rifiutato l'offerta fatta da Fadi Elsalameen, un palestinese vicino a Mohammed Dahlan, l'agguerrito rivale di Abu Mazen. Come poi la proprietà della casa sia passata da al Atari ai coloni via Akel non è chiaro.
FATTO STA che lo stesso giorno della vendita, l'abitazione è stata acquistata da una società estera denominata Daho Holdings Limited, legata ai coloni di Ataret Cohanim. Sarebbe stato Akel, secondo i giudici dell'Anp, a fare da intermediario nella vendita in cambio di una generosa commissione. Qualche giorno dopo l'arresto di Akel a Ramallah, Israele per mettere sotto pressione l'Anp ha arrestato il governatore palestinese di Gerusalemme. L'ambasciatore statunitense Friedman da parte sua ha più volte chiesto la liberazione del cittadino americano. «L'incarcerazione di Akel è antitetica ai valori degli Stati uniti», ha scritto Friedman su Twitter. A suo dire l'arresto di Akel a Ramallah sarebbe figlio di sentimenti antisemiti e del divieto di «vendere terre agli ebrei». Come lui gridano all'antisemitismo anche coloni ed esponenti dell'estrema destra cercando di generare negli Usa e in Europa reazioni di condanna dei palestinesi. In questa storia però l'antisemitismo non c'entra nulla. La contesa è puramente politica. Le agenzie «immobiliari» dei coloni, offrendo ai proprietari somme da capogiro, provano a comprare case nel settore arabo della città vecchia per riportarlo al pieno controllo ebraico, non mancando, denunciano i palestinesi, di falsificare i documenti.
QUALCHE SETTIMANA FA una Corte israeliana, dopo una battaglia legale durata vent'anni, ha stabilito che la famiglia Siyam, nel quartiere strategico di Silwan, ai piedi della città vecchia, deve lasciare la sua abitazione a beneficio dei coloni. «I coloni riescono a prendere il controllo delle proprietà palestinesi a Gerusalemme est combinando manipolazioni, denaro, documenti falsi e aiuti significativi dalle autorità israeliane», spiega un portavoce del gruppo pacifista israeliano Peace Now. I palestinesi invocano punizioni durissime per chi vende proprietà immobiliari arabe ai coloni e danneggia il progetto di Gerusalemme est capitale dello Stato di Palestina. Non mancano le violenze: il mese scorso un palestinese con passaporto israeliano è stato ucciso perché accusato di aver favorito la cessione di proprietà arabe a organizzazioni della destra israeliana.
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