Nikki Haley e Brigitte Gabriel
IC7 - Dal 23 al 29 dicembre 2018
Il commento di Daniele Scalise
Nikki Haley Brigitte Gabriel
In questo ultimo scorcio di anno vorrei parlare di due persone che – e non solo da adesso – mi hanno colpito per l’energia, l’intelligenza e la capacità di esprimere in modo compiuto e inequivoco quelli che ritengo essere dei punti cardine del dibattito sulla conflittualità contemporanea, sul terrorismo islamico e sul ruolo di Israele. Pur se non mi interessa almanaccare sulla casualità o meno del genere sessuale a cui appartengono, si tratta di due donne che condensano un pensiero politico e civile alto:
Nikki Haley e Brigitte Gabriel. E’ inutile che riassuma le rispettive biografie e la loro attività politica e civile, certo come sono che tutti coloro che ci stanno leggendo e che seguono Informazione Corretta ne sanno più di me. Quel che desidero è ringraziare queste due signore che restituiscono al discorso politico una dignità smarrita. Tra i tanti interventi, due mi paiono concentrare in modo cristallino le idee e lo stile. Partiamo da quello più lontano che risale al 2014 e che ha come protagonista la giornalista e scrittrice libanese naturalizzata statunitense Brigitte Gabriel. In un incontro pubblico Gabriel replica a Saba Ahed, studentessa islamica di legge che con aria mite da santarellina piagnucolava e rivendicava l’esistenza di un islam moderato (https://www.facebook.com/LeiIslamicaEmAcao/videos/como-responder-a-ativista-pró-jihad/1066033986756299/) .
Brigitte Gabriel, con toni fermi e ritmo incantevole, impartisce una lezione alla signorina ricordandole che nemmeno tutti i cittadini tedeschi si consideravano nazisti, che nemmeno tutti i russi e i cinesi professavano fede comunista, che nemmeno tutti i giapponesi furono diretti responsabili dei massacri compiuti nel sud est asiatico durante la Seconda Guerra Mondiale. C’era (io aggiungerei, probabilmente) una maggioranza pacifista che però – dice e ripete Gabriel - è stata sempre e del tutto irrilevante. Come la cosiddetta maggioranza pacifista islamica si dimostra ininfluente rispetto a quella percentuale (tutt’altro che modesta e oscillante tra i 180 e i 300 milioni di persone) che mira alla esplicita distruzione della civiltà occidentale. Brigitte Gabriel conclude: “è ora di prendere il politicamente corretto e di buttarlo nell’immondizia a cui appartiene”. Della rappresentante repubblicana, che non può certo essere considerata un animaletto addomesticato da Trump (“se non sono d’accordo con lui non chiamo la stampa ma alzo il telefono e glielo dico”), mi piace ricordare il discorso di commiato dalle Nazioni Unite (esce domani su IC con i sottotitoli in italiano )
La limpidità e la serietà dell’analisi, la capacità di entrare subito nel merito senza compiacimenti retorici, senza timidezze ma anche priva di arroganza sono elementi incandescenti che dovrebbero far provare imbarazzo e vergogna ai signori del Palazzo di Vetro. Cosa hanno in comune queste due signore pur nelle differenze? Entrambe riescono a pronunciare la verità (qualsiasi cosa questo termine significhi) in modo netto, senza ricorrere agli espedienti abusati dell’invettiva o del sermone ma senza retrocedere di un passo. Dicono – ci dicono – che la verità possiede una sua intrinseca chiarezza e che per svelarla non occorrono né acrobazie linguistiche, né un vocabolario seducente, né testate nucleari: basta riconoscerla e affermarla. Succede così che entrambe abbiano la capacità di ipnotizzare chi le ascolta e permettano di nutrire la dissanguata speranza in una politica dignitosa. Oggi siamo invece costretti ad accontentarci di figure provvisorie pensando al meno peggio, sconsolati dal discorso politico ridotto a una sceneggiatura patetica se non barbara. Se anche noi riuscissimo a mettere insieme, conservare e arricchire le preziose democrazie che abbiamo la fortuna di abitare, forse faremmo qualcosa di più utile che amareggiarci e magari passare il tempo a litigare. Buon 2019, care amiche e cari amici. Perché sia buono davvero, non dimentichiamolo, dipende da ognuno di noi.
Daniele Scalise