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La Stampa Rassegna Stampa
29.12.2018 Donne Usa e minoranze Lbgt contaminate dall'odio per Israele e gli ebrei
Analisi di Christian Rocca

Testata: La Stampa
Data: 29 dicembre 2018
Pagina: 23
Autore: Christian Rocca
Titolo: «Il germe dell'antisemitismo divide la marcia delle donne Usa contro Donald Trump»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/12/2018, con il titolo "Il germe dell'antisemitismo divide la marcia delle donne Usa contro Donald Trump" l'analisi di Christian Rocca

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Analisi perfetta tranne qualche citazione sbagliata: su Soros, che pur essendo ebreo, opera politicamente come se fosse un nemico di Israele e quindi antisemita, e le ultime righe, dove Rocca sembra riporre fiducia in Bernie Sanders, anche lui ebreo ma delle specie Ovadia/Lerner/Berenboim, ovvero di quelli da cui guardarsene bene.
Che il movimento delle donne, non solo in Usa, sia stato contaminato dall'odio per Israele è purtroppo vero, così come lo è la minoranza Lgbt, non solo in Usa, le cui posizioni anti-Israele (in Usa guidate da Judith Butler, guarda caso ebrea) sono presenti anche in Europa, specialmente a sinistra, contraddicendo quando scrive Rocca a conclusione della sua analisi.

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Christian Rocca

Il 19 gennaio prossimo, due anni dopo la grande marcia delle donne contro Donald Trump del 21 gennaio 2017, si terrà una seconda Women’s March che si annuncia ancora più rilevante grazie alla sollevazione popolare di questi anni contro il presidente repubblicano, sfociata in un numero record di candidature femminili alle elezioni di metà mandato del novembre scorso. Ma, questa volta, il fronte delle donne non marcia unito e in alcuni casi, come a New York, ci saranno due manifestazioni concorrenti a causa delle accuse di antisemitismo nei confronti delle organizzatrici della marcia principale. Un’inchiesta di prima pagina del New York Times, successiva a una dettagliata denuncia del magazine di cultura ebraica Tablet, ha svelato che le due leader della Women’s March, una afroamericana e una ispanica, hanno escluso l’ideatrice originaria della mobilitazione perché in quanto ebrea sarebbe portatrice di una responsabilità collettiva del popolo ebraico nello sfruttamento delle persone di colore e, in particolare, nella tratta degli schiavi. La panzana sul coinvolgimento degli ebrei nello schiavismo è uno dei pilastri della dottrina politica di Louis Farrakhan, il leader della Nation of Islam, un gruppo suprematista afroamericano che ha fornito indirettamente il servizio d’ordine della marcia delle donne del 2017. Farrakhan è considerato uno dei più grandi pensatori contemporanei da Tamika Mallory, una delle due leader della Women’s March, nonostante i suoi scritti siano universalmente riconosciuti come «la Bibbia dell’antisemitismo». In questi stessi giorni, ha fatto scalpore un’altra accusa di antisemitismo, questa volta nei confronti della scrittrice Alice Walker, premio Pulitzer e autrice del best-seller Il Colore Viola, la quale ha detto al New York Times che tiene sul comodino il libro di uno screditato saggista britannico, David Icke, noto perché sostiene la veridicità dei Protocolli dei Savi di Sion, accusa gli ebrei di tutti i mali del mondo, svela che dietro l’Olocausto ci sarebbero proprio gli ebrei e anzi nega che ci sia mai stata la Shoah al punto che le teorie negazioniste, secondo lui, dovrebbero essere insegnate a scuola. I lettori del Times hanno tempestato il giornale di mail e di telefonate, ma Walker ha ribadito che per lei l’autore del volume antisemita è «coraggioso». Nel frattempo sono riemerse altre posizioni imbarazzanti della Walker: poesie contro gli ebrei, Israele paragonato alla Germania nazista, il no alla traduzione in ebraico de Il Colore viola e applausi vari al pensiero di Farrakhan. Ovviamente Walker e le organizzatrici della marcia negano di essere antisemite, ma è abbastanza evidente che nella sinistra americana sta emergendo una nuova tendenza, a cominciare dall’elezione al Congresso di due donne, Ilhan Omar e Rashida Tlaib, note tra le altre cose per chiedere a gran voce il boicottaggio di Israele. Tutto questo in un contesto che a ottobre ha assistito a una strage di ebrei in una sinagoga di Pittsburgh, a una maggiore presenza della destra antisemita nel dibattito politico, all’ambigua retorica contro il finanziere ebreo George Soros e, in generale, all’aumento del 60 per cento, secondo l’Anti Defamation League, di incidenti contro gli ebrei. Ci sono, insomma, molti elementi per temere che la sinistra radicale americana possa fagocitare quella liberal fino a farle seguire l’esempio di una parte della sinistra europea, quella inglese di Jeremyn Corbyn e quella francese di Jean-Luc Mélenchon, in preda a un preoccupante tic antisemita, soprattutto tra gli odiatori di Israele. Molto dipenderà dalla tenuta del leader Bernie Sanders, al momento lontano da queste posizioni scabrose. Quanto a noi, per una volta, possiamo vantarci della sinistra italiana, finora immune al virus razzista.

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