venerdi 22 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






 
Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
<< torna all'indice della rubrica
La Tunisia è sull'orlo dell'anarchia? 27/12/2018

La Tunisia è sull'orlo dell'anarchia? 
Analisi di Zvi Mazel

 (Traduzione di Angelo Pezzana)

Immagine correlata

La Tunisia, ottenuta l'indipendenza dalla Francia nel 1956, sotto il comando del suo primo presidente, Habib Bourguiba, che promosse riforme liberali ed economiche, divenne per l'Occidente il simbolo della democrazia araba illuminata. Si sperava che altri stati arabi avrebbero seguito l'esempio. Non è successo. Nel 2011 una rivolta popolare ha portato alla caduta del presidente Zinedine Ben Ali e ha scatenato la cosiddetta primavera araba che avrebbe dovuto trasformare il Medio Oriente, liberare il popolo dai dittatori e promuovere la democrazia e lo sviluppo economico. Queste speranze furono rapidamente infrante quando i Fratelli Musulmani furono eletti e subentrarono ai capi spodestati. Furono essi stessi espulsi abbastanza rapidamente, ma i paesi furono lasciati in tumulto che si trasformò in guerre civili in corso fino ad oggi in Libia, Siria e Yemen e attacchi terroristici da parte di organizzazioni islamiche in Egitto. La Tunisia, essendo riuscita a salvarsi fino a questo momento da entrambi i destini, fu elogiata di nuovo e nel corso dei sette anni successivi i paesi occidentali versarono non meno di dieci miliardi di dollari nelle casse del paese. Sfortunatamente, una serie di sette governi durante lo stesso periodo non ha fatto nulla per l'economia in crisi. I disordini popolari a causa delle terribili condizioni economiche hanno portato l'anno scorso a un'acuta crisi politica che sta mettendo in pericolo il regime. Il partito Nidaa Tounes - " Tunisia chiama" - chiede le dimissioni del primo ministro Youssef Chahed a causa della sua incapacità ad affrontare la crisi economica. Una mossa opposta a quella del partito rivale Al Nahda, affiliato alla Fratellanza Musulmana, sulla base del fatto che avrebbe ulteriormente compromesso la stabilità. Le elezioni parlamentari e presidenziali si terranno nel novembre 2019 e la propaganda politica dei vari partiti accende gli animi. Sono stati rinnovati gli appelli per indagare sulle accuse contro Al Nahda, implicate nell'omicidio di due avversari presumibilmente uccisi dai membri del ramo segreto creato dalla sua leadership quando era al potere nel 2013. Poi c'è la crescente minaccia delle organizzazioni islamiche estremiste. Eletto nel 2011, Nahda ha formato un governo che ha favorito l'islam estremo, provocando nel paese, dopo l'omicidio dei due oppositori nel 2013,quasi una guerra civile . La Tunisia si trovò sull'orlo del baratro, ma l'anno successivo Nahda lasciò il potere - non per il bene del paese, si disse, ma per evitare un destino simile ai Fratelli Musulmani in Egitto, che forzatamente estromessi da un regime militare. È stato un partito laico, Nidaa Tounes, che ha vinto le elezioni del 2014 con Nahda al secondo posto. Insieme formarono una coalizione che approvò una nuova costituzione abbastanza liberale; per la prima volta in un paese arabo non si afferma che la Sharia è la principale fonte di legislazione. Ma la coalizione non è riuscita a ristabilire la situazione economica e la corruzione è diventata nuovamente dilagante. Nel 2016 un governo di unità nazionale composto da sei partiti è stato formato con Chahed al timone, membro di Nidaa Youssef . 41 anni all'epoca, Chahed era già un politico esperto che aveva ricoperto incarichi ministeriali. Ha istituito un comitato per contrastare la corruzione, provocando l'ira dei leader del proprio partito coinvolti in oscuri affari, così come alcuni leader del Nahda per ragioni analoghe. Ha anche raggiunto un accordo con il Fondo Monetario Internazionale, ricevendo un notevole prestito di 2,93 miliardi di dollari per una serie di misure come la riforma del settore pubblico, la cancellazione delle sovvenzioni e la svalutazione del dinaro tunisino. Il conseguente aumento dei prezzi ha causato disordini con l'UGTT, il potente sindacato, che protesta contro le misure di austerità. Dopo l'attuazione delle misure lo scorso gennaio, le manifestazioni si sono moltiplicate, con assalti alle istituzioni pubbliche, molte sono state date alle fiamme. Nel caos che seguì, ci fu un tentativo di incendiare una scuola ebraica a Djerba. Un uomo è stato ucciso e decine di poliziotti sono stati feriti. Sebbene la repressione sia rapida e violenta, le proteste sono continuate per tutto l'anno, con gravi danni a tutto il tessuto sociale. Le scuole di istruzione superiore e le università sono state chiuse per sei mesi; centinaia di cittadini arrestati. UGTT ha indetto diversi scioperi; l'ultimo, il 23 novembre, ha portato il paese a un punto morto. Il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha ammonito il governo, ricordando che i cittadini avevano il diritto di manifestare ed esprimere le proprie opinioni liberamente. Chahed, imperterrito, ha perseguito ostinatamente i suoi obiettivi, attuare riforme di vasta portata e combattere la corruzione, al costo di una crescente opposizione all'interno del suo stesso partito e di grandi disordini popolari. A maggio uno degli uomini più ricchi del paese è stato arrestato per corruzione. È amico personale del presidente Beji Caid al Sebsi, il cui figlio Hafez, leader di Nidaa Tounes, ha chiesto le dimissioni del primo ministro del partito. UGTT non era contrario, ma con sorpresa di tutti Nahda si oppose. La maggioranza necessaria per un voto di sfiducia in parlamento non è stata possibile e Chahed è rimasto al timone. La lotta in corso tra il primo ministro e il suo leader di partito non sta diminuendo. A luglio Nidaa Tounes sospese Chahed dai suoi poteri e lo stesso presidente gli chiese di dimettersi o di sottoporsi a un voto di fiducia. Non ha fatto né l’uno né l’altro. A settembre Beji Caid al Sebsi ha sciolto coalizione con Nahda. Il primo ministro può ancora raccogliere voti sufficienti per impedire la caduta del suo governo, perché in un modo un po 'bizzarro i membri in parlamento di Nahda lo sostengono, mentre il partito che lo ha messo al potere è diviso, alcuni dei suoi rappresentanti si schierano con lui contro il loro i propri leader. Il suo compito non è facile e lotta per approvare una nuova legislazione e attuare le riforme richieste dall'FMI. Ciò malgrado, rimane convinto che l'economia migliorerà, e gli effetti delle riforme si faranno sentire al più tardi nel 2019 o nel 2020; la crescita stimata per il 2018 è del 2,4%. L'inflazione rimane alta all'8%, peggio è la disoccupazione al 15%, una percentuale che sale fino al 30% per i giovani. Si prevede che i disordini politici peggioreranno man mano che si avvicinano le elezioni del novembre 2019. I militanti di Nidaa Tounes affermano che se l'economia migliora Chahed intende candidarsi alla presidenza, sfidando il padre o il figlio Sebsi che si prevede saranno scelti come candidati del partito. Nahda, basandosi sul suo atteggiamento "moderato" durante l'attuale legislatura e sostenuto dalle lotte intestine dei suoi rivali, spera di vincere le elezioni. Durante il congresso nazionale del 2016 il suo leader Rashed Ghannouchi annunciò che il partito si sarebbe staccato dall'islam politico e che la religione non avrebbe più fatto parte del suo programma. Ha anche scelto un candidato ebreo per partecipare alle elezioni municipali dello scorso marzo. Ma Nahda si oppone ancora alla legislazione liberale promossa da Chahed, come le leggi che attribuiscono alle donne diritti di ereditarietà, sulla base del fatto che è contro la Sharia. La legislazione è stata però adottata. Il terrore islamico incombe ancora sui problemi del paese. Il 30 ottobre una donna kamikaze ha fatto esplodere le cariche che indossava sul Boulevard Bourguiba, nella capitale Tunisi, ferendo otto poliziotti e un civile. Organizzazioni jihadiste come Al Qaeda e Daesh attaccano ancora la Tunisia "liberale". Il 2015 ha visto una serie di attacchi terroristici nella capitale culminati nella strage di Sousse, una popolare località turistica, causando 38 morti e 39 feriti, in maggior parte turisti stranieri. Ci sono sporadici incidenti con Daesh ai confini con Libia e Algeri. Oltre al fatto che circa 3000 tunisini si sono uniti allo Stato islamico, il più alto numero tra tutti gli stati arabi. La rinnovata indagine sull'assassinio di Chokri Belaid e Mohammed Brahimi del 2013, con nuovo materiale presentato alla corte militare tunisina, potrebbe avere conseguenze di vasta portata. Se Nahda dovesse essere incriminato sulla base del coinvolgimento della sua filiale segreta nel crimine, il governo e il parlamento potrebbero dover decidere di proibirne le attività e persino ordinarne lo scioglimento. Una mossa che porterebbe il partito a mobilitare i suoi militanti, con un rischio molto reale di guerra civile. A causa della situazione politica e di sicurezza il presidente ha prolungato di un mese lo stato di emergenza imposto dopo gli attacchi del 2015 che scadevano il 5 dicembre, consentendo al governo di imporre il coprifuoco, vietare scioperi e manifestazioni. Che cosa succederà? La lunga sofferenza dei cittadini tunisini aspetterà pazientemente il miglioramento promesso delle loro condizioni di vita? Sembra dubbio. Chahed riuscirà a resistere nonostante la pressione esercitata dal suo stesso partito? Se il suo governo dovesse cadere senza alternative in vista, come sarebbe governato il paese? Le elezioni si terranno ugualmente? Non meno importante, Nahda sarà messo sotto accusa e ne scaturirà una guerra civile? Le capitali occidentali guardano il paese che è stato per tanto tempo centro di ammirazione e speranza; così fanno gli stati arabi, sapendo fin troppo bene che gli eventi in Tunisia potrebbero immergere il Medio Oriente in un nuovo caos.


Zvi Mazel è stato ambasciatore in Svezia dal 2002 al 2004. Dal 1989 al1992 è stato ambasciatore d’Israele in Romania e dal 1996 al 2001 in Egitto. È stato anche al Ministero degli Esteri israeliano vice Direttore Generale per gli Affari Africani e Direttore della Divisione Est Europea e Capo del Dipartimento Nord Africano e Egiziano. La analisi di Zvi Mazel sono pubblicate in esclusiva in italiano su Informazione Corretta


Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT