Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/12/2018, a pag.10 con il titolo "Trump e la strategia del disimpegno militare" la cronaca di Paolo Mastrolilli
L'opinione di Informazione Corretta nel commento di Antonio Donno in altra pagina di IC
Antonio Donno
Dal Corriere della Sera, a pag.13, evidenziamo una breve con la dichiarazione del 5Stelle Di Battista, si legge in 10 secondi, sufficienti per capire l'enorme errore commesso da Donald Trump, titolo " Di Battista: «Bene Donald Obama golpista»
Di Battista benedice Trump
«In politica estera Trump si sta comportando meglio di tutti i presidenti Usa precedenti, incluso quel golpista di Obama». Così inizia il post scritto su Facebook da Alessandro Di Battista dall’America Latina. L’esponente del Movimento 5 Stelle motiva così il suo giudizio: «A Tegucigalpa ho parlato a lungo con Manuel Zelaya, ex presidente dell’Honduras buttato giù con un colpo di Stato avallato da Obama e dalla Clinton». Di Battista esprime il suo grande apprezzamento sulle ultime decisioni della Casa Bianca: «Il ritiro delle truppe dalla Siria e di parecchi uomini dall’Afghanistan è un’ottima notizia. Trump sta andando contro parecchi poteri forti Usa. Andrebbe riconosciuto senza i paraocchi delle ideologie».
Ecco la cronaca di Paolo Mastrolilli:
Paolo Mastrolilli
Dopo la Siria, l’Afghanistan. Il presidente Trump ha ordinato al Pentagono di preparare i piani per dimezzare le truppe presenti nel Paese dove al Qaeda aveva preparato gli attentati dell’11 settembre 2001, facendole scendere da 14.000 a 7.000. Ieri è tornato a difendere la linea del disimpegno militare, dicendo che era sempre stata nel suo programma e ora è venuto il momento di applicarla, perché gli obiettivi sono stati raggiunti: «Ho fatto più danni all’Isis di tutti i presidenti recenti. I geni che protestano contro il ritiro sono gli stessi che avevano consentito l’avvento del Califfato». Il presidente turco Erdogan gli ha poi promesso di continuare la lotta all’Isis, rimandando invece l’offensiva già pianificata contro i curdi. I critici, incluso il segretario alla Difesa Mattis che giovedì si è dimesso proprio per questo, rispondono che le minacce del terrorismo e dell’instabilità regionale sono ancora vive, così come la presenza russa e iraniana, ma soprattutto mettono in discussione la dottrina isolazionista che sta tornando a prevalere nelle scelte del capo della Casa Bianca. La riduzione delle truppe in Afghanistan è stata anticipata dal «Wall Street Journal», ma l’ordine non è ancora esecutivo come quello della Siria. I militari americani al momento svolgono due compiti: le operazioni antiterrorismo, finalizzate ad evitare la ricostituzione di al Qaeda o l’arrivo di nuovi soggetti come l’Isis; e l’addestramento delle forze afghane. La prima parte delle loro attività, che include la difesa delle basi, proseguirà come in passato; la seconda finirà, perché le truppe di Kabul vengono considerate ormai capaci di agire da sole. Nel frattempo continua il negoziato con i taleban dell’inviato Khalilzad, ma le valutazioni sull’impatto dell’eventuale ritiro divergono. I sostenitori del presidente dicono che la sua mossa potrebbe convincere la controparte a fare concessioni, perché la partenza dei soldati stranieri era sempre stata la richiesta centrale. I critici temono che avverrà il contrario. Il ritiro senza contropartite spingerà i taleban ad accelerare l’offensiva militare, e rallentare la diplomazia, anche perché la proposta su cui stava lavorando il mediatore era proprio il cessate il fuoco in cambio di un richiamo parziale delle truppe americane e Nato.
La lettera con cui Mattis si è dimesso ha però allargato il dibattito oltre i dettagli specifici della situazione in Siria o in Afghanistan, chiamando in causa l’intera strategia di Trump. «Una delle mie convinzioni più profonde - ha scritto l’ex generale - è sempre stata che la nostra forza come nazione è inestricabilmente collegata alla forza del nostro unico e complessivo sistema di alleanze e collaborazioni.
Gli Usa restano la potenza indispensabile, ma non possiamo proteggere i nostri interessi senza mostrare rispetto a questi alleati».
Una chiara critica al mondo in cui Trump ha spesso attaccato pubblicamente la Nato e i Paesi più amici di Washington. «Allo stesso modo - ha aggiunto - io credo che dobbiamo essere risoluti nel nostro approccio verso quei Paesi i cui interessi strategici sono in crescente tensione con i nostri. È chiaro ad esempio che Cina e Russia vogliono modellare un mondo coerente con il loro modello autoritario, ottenendo il potere di veto sulle decisioni delle altre nazioni». Trump ha risposto che «non c’è mai stato un presi dente più duro (ma giusto) con Cina e Russia», ma la preoccupazione di Mattis è che il suo disimpegno e isolazionismo finiscano proprio per aiutare i regimi autoritari a prevalere.
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