Arrestato in Austria lo storico inglese David Irving. L’altro giorno la notizia ha occupato pagine intere dei giornali, poi è scomparsa, dopo ventiquattr’ore interesse zero. A me invece interessa ancora, anche se l’affronto con il senso di profondo disgusto che le tesi di Irving mi hanno sempre procurato. "Le camere a gas non sono mai esistite, il cianuro serviva per la disinfestazione dai pidocchi, gli ebrei uccisi sono stati centomila e non sei milioni, Hitler era all’oscuro di tutto", sono queste le tesi di Irving, patrimonio di ogni antisemita e negazionista della Shoah. Quello che mi ha colpito leggendo i commenti che hanno fatto da corollario alla cronaca, è stata l’unanimità nel condannare l’arresto. Non mi mettono in carcere le idee., ad un libro si risponde con un libro, contro di lui idee non manette, non uno, dico non uno che abbia avanzato la benché minima ipotesi sulla giustezza del fermo, conforme peraltro con la legge che in Austria e in Germania condanna chi propaga antisemitismo e nega la Shoah. Sul piano formale non avrei alcun dubbio a sottoscrivere anch’io. La libertà di pensiero, e quindi di parola, sono i pilastri sui quali si fonda una società libera e democratica. Ma c’è un ma. David Irving è stato presentato come uno storico. Ma non è vero, non è uno storico ma un propagandista. Non basta scrivere dei libri per meritarsi la qualifica. Infatti un tribunale londinese lo ha condannato nel 2000 dopo aver analizzato meticolosamente tutti i suoi testi, stabilendo che erano “frutto di disonestà intellettuale”, dopo che Irving aveva querelato la storica americana Deborah Lipstadt che lo aveva definito “antisemita,negazionista,dice menzogne, falsifica”. Lipstadt vinse contro Irving, che perse definitivamente la qualifica di storico, semmai l’aveva avuta. Eppure non è bastato. Tra i tanti “colleghi” intervistati, Franco Cardini sulla Stampa ha dichiarato che Irving è “un ricercatore serio con aspetti sconcertanti, il suo libro su Hitler non è male”. . E’ vero che la storia non si fa con i se, ma quando Adolf Hitler pubblicò il suo “Mein Kampf” alla fine degli anni ’20, nel quale esponeva con meticolosa precisione il suo programma politico, e la volontà di realizzarlo se fosse andato al potere, se l’avessero tenuto in gattabuia invece di rilasciarlo, forse nel 1933 non si sarebbe impadronito (legalmente !) del potere e la storia europea avrebbe avuto un destino diverso. Irving non sarà un nuovo Hitler, ma di deboli menti pronte ad abbeverarsi alle sue falsificazioni storiche è pieno il mondo. Non occorre qui richiamarsi al diffondersi nuovamente di pericolosi segnali di antisemitismo, da quello di estrema destra, alimentato appunto dai vari “storici” negazionisti (oltre a Irving, i vari Faurisson,Garaudy e la galassia minore, anche italiana, non meno terrificante che si esprime sui siti internet) all’odio nato dall’antisionismo islamico. L’ebreo non viene più perseguitato solo in quanto tale, ma in quanto appartenente al popolo che ha ricostruito lo Stato d’Israele. Se non è zuppa è pan bagnato, come vien da pensare quando si leggono sottili disquisizioni sulle differenza fra antigiudaismo e antisemitismo, come se in qualche modo fosse lecito trovare fra le due interpretazioni una qualche giustificazione.
Fuori Irving dalla prigione, invoca quell’Italia garantista e liberale nella quale pure io mi identifico. Non questa volta,però. Non è vero che un libro è sempre e soltanto un libro. Al Mein Kampf, sotto qualunque altro autore o titolo si ripresenti, non gli si deve concedere alcuna liceità. Non è vero che in democrazia tutto è permesso, bisogna impedire a chi vuole sovvertirne i valori di realizzare il suo obiettivo. La lotta al terrorismo insegna, non ci si può limitare a difendersi, occorre attaccare in anticipo chi si propone di distruggerci. Antisemiti e negazionisti sono i nemici, purtroppo non gli unici, della società democratica. Impediamogli di nuocere.