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La migrazione vista da una prospettiva islamista (Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky,versione italiana di Yehudit Weisz) Nella cultura occidentale, se il luogo di nascita garantisce ad una persona un senso di sicurezza, una buona istruzione, un modo dignitoso di guadagnarsi da vivere, una bella casa in cui abitare e un partner con cui crescere una famiglia, allora quella persona di solito non cerca fortuna altrove. L'emigrazione diventa un’opzione solo quando uno o più di questi elementi è estraneo nella terra natale. Nel mondo musulmano, la migrazione è intesa in modo completamente diverso e si basa sull’esempio creato dal profeta dell'Islam, Maometto, che era stato umiliato, disprezzato e quasi assassinato nella sua città natale, la Mecca, a causa delle previsioni apocalittiche che aveva portato agli abitanti della sua città ed ai suoi tentativi di "educarli". Dopo aver lasciato la Mecca nel 622 d.C., si trasferì a Medina e lì, dopo un periodo di circa due anni, divenne governatore e comandante militare, oltre che uomo di stato. Nell'Islam, Maometto è visto come il modello di comportamento ideale, il leader che non può in alcun modo ingannare i propri fedeli, perché le sue azioni sono guidate dall’Onnipotente. Ciò significa che ogni musulmano, ovunque sia e in qualsiasi situazione si trovi, deve seguire gli insegnamenti di Maometto e tentare di imitarne il comportamento. Dal momento che l'emigrazione a Medina aveva portato Maometto ad uno status più elevato, a prendere in consegna il Paese ed a trasformarlo in una città islamica, oggi gli islamisti vedono nell'emigrazione un'opportunità per conquistare i luoghi in cui scelgono di vivere e trasformarli in Stati islamici. Milioni di musulmani, che hanno bussato alle porte dell'Europa negli ultimi anni, provengono da Stati falliti, distrutti dalla guerra, carichi di disoccupazione, abbandono e disperazione. Sono alla ricerca di un ambiente sicuro, di un lavoro dignitoso, di un’educazione per i loro figli, di un tetto, di una vita serena e soddisfacente. Una volta raggiunta la stabilità economica nello Stato che li ha accolti, molti vi si integrano anche culturalmente e si assimilano, rompono i loro legami con la tradizione islamica, mangiano di tutto e bevono ciò che viene versato nei loro bicchieri. Al contrario, tuttavia, ci sono milioni di musulmani insediati in Europa che hanno un chiaro obiettivo: rimanere fedeli alla loro tradizione religiosa e rafforzare il loro status nel nuovo paese. Fanno richieste il cui obiettivo è quello di trasformare il Paese ospitante in uno sempre più disponibile nei loro confronti: insistono per ottenere un’alimentazione Halal priva di alcol e di carne di maiale; vogliono che i tribunali agiscano secondo la legge della Sharia islamica anziché secondo i codici di diritto locali; le festività cristiane vanno cancellate; eliminano dall’educazione scolastica i riferimenti alla Shoah, che comprende il genocidio degli ebrei; vogliono l'istituzione di un sistema bancario secondo la legge islamica e il permesso che consenta alle donne musulmane di indossare il niqab, che copre i loro volti in pubblico. Vogliono che le loro donne siano curate da personale medico femminile e non da uomini e fanno molte altre richieste con l’obiettivo di trasformare il Paese ospitante in un posto ancora più attraente per i migranti islamici. A chiunque tenga gli occhi aperti, è più che evidente che quei migranti musulmani, che non si integrano nella società del Paese europeo ospitante, intendono trasformarlo in un'entità islamica. Non hanno bisogno di sparare un solo colpo per ottenere questo risultato e anche se il processo dovesse richiedere decenni, va benissimo, perché il Corano afferma che "Allah è con coloro che sono pazienti": quindi il mondo islamico ha tutta la santa pazienza di aspettare fino a quando non verranno raggiunti gli obiettivi. Muammar Gheddafi, l’ex Presidente libico, una volta ha detto che "noi musulmani non dobbiamo sparare un solo colpo contro l'Europa, perché la nostra immigrazione ed il nostro alto tasso di natalità faranno l’intero lavoro". Il problema degli europei è che sono costretti ad accettare i migranti a causa dei loro dati demografici disastrosi. Due guerre mondiali in un secolo hanno ridotto la loro popolazione di decine di milioni di persone (oltre a sei milioni di ebrei) e, se lo sommate ai bassi tassi di natalità, otterrete una drastica mancanza di manodopera. I pochi rimasti vogliono solo essere avvocati, commercialisti, amministratori, giornalisti, esperti di hi-tech e artisti dello spettacolo. Chi resta a lavorare nelle fabbriche? Chi è disposto a fare il fruttivendolo? il tassista? il fattorino? E’ qui che entrano in gioco i migranti che forniscono una risposta. L'Europa sta procedendo in una direzione che porta all’islamizzazione, lentamente ma inesorabilmente. Il principale problema è che ora l'Europa è affetta dal “political correct”, dalla fede cieca nel multiculturalismo e dai sensi di colpa nei confronti di ciò che gli europei hanno fatto alle popolazioni indigene in tutto il mondo. Per questi motivi, chiunque parli contro l’immigrazione, viene immediatamente accusato di violare i diritti umani, chiunque tenti di preoccuparsi del proprio popolo è definito un razzista, chiunque si preoccupi del futuro del proprio Paese è considerato un "fascista", mentre chiunque esprima preoccupazione per entrambi, il proprio Paese e la sua gente è chiamato "nazista". Quest’approccio soffoca ogni critica nei confronti degli immigrati, sebbene molti di loro vivano del sussidio di disoccupazione ( dove c’è ) e la loro percentuale tra coloro che sono in carcere, sia di gran lunga superiore rispetto a quella della popolazione in generale. La ragione di entrambi i fenomeni é che i valori fondamentali delle nazioni ospitanti (duro lavoro e osservanza della legge) non vengono accettati da molti immigrati. Negli ultimi anni, in Europa, le regole del gioco politico sono cambiate per rispondere alla massiccia immigrazione islamica: i partiti nazionalisti di destra - non i neo-nazisti - considerati inaccettabili fino a cinque anni fa a causa del loro razzismo, sono diventati i partiti più popolari. Vi è una possibilità ben fondata che Austria e Ungheria non resteranno gli unici Paesi con un orientamento politico di destra. E’ cambiato lo spazio pubblico europeo: nelle strade domina la paura, come per l'attacco a Strasburgo di questa settimana e in molte altre città in passato, per le rivolte di piazza di cui i parigini sono state testimoni per settimane; vi sono intere aree in cui la polizia ha paura ad entrare ed é in continua crescita la porzione della torta economica assegnata ai migranti, sotto forma di sussidi di disoccupazione, sussidi per maternità e altri aiuti a loro dedicati, che incoraggiano anche le future ondate migratorie. Tutto questo non può andare avanti all'infinito. Uno dei possibili scenari è che la destra politica si unisca per agire risolutamente contro le ondate migratorie con mezzi legislativi e rispedisca i migranti nei loro Paesi di origine. Anche se la sinistra non è d'accordo, non ha altre soluzioni pratiche al problema e la gente non è stupida. La vera soluzione verrà quando gli europei capiranno che senza mettere al mondo dei figli, non c'è alcun futuro per la loro civiltà e la loro cultura. Devono prima cambiare l'immagine del matrimonio come istituzione, perché tutti i suoi sostituti non hanno incoraggiato le donne a decidere di diventare madri. Allo stesso tempo, gli europei devono considerare di concedere benefici economici alle coppie che hanno più di tre figli. Il problema è che al momento non esiste un modo legale per incoraggiare la formazione di famiglie numerose, distinguendo tra famiglie "europee" e famiglie islamiche che hanno ottenuto la cittadinanza. L'Europa è in un vicolo cieco che porterà al suicidio culturale se le regole del gioco non saranno cambiate radicalmente. Israele deve trovare nuovi amici in Asia orientale, in Sud America e, naturalmente, negli Stati Uniti, perché nel prossimo futuro un’Europa islamista non sarà sicuramente filo-israeliana.
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