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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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La longa manus di Hamas nell'Anp 14-10-05
I lettori ricorderanno il brutale assassinio del commerciante israeliano Nuriel Sasson, rapito e ucciso due settimane fa dalle “Unità rapimenti”, l’ultima sigla del terrorismo palestinese. La sua immagine, in ginocchio legato e imbavagliato, fu diffusa attraverso internet, allineando Hamas alle tecniche di Al Qaeda. Ma c’è una novità: due giorni fa la banda che l’aveva rapito è stata sgominata dallo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno israeliano, in una operazione anti-terrorismo nelle vicinanze di Hebron che ha portato in carcere 117 membri di Hamas. Abdullah Arour e Akli Kadi hanno subito confessato. Sono stati loro a guidare il commando che ha rapito e ucciso Nuriel Sasson. L’avevano tratto in inganno con la scusa di voler acquistare una macchina per il caffè, ma una volta giunti nelle vicinanze di Ramallah l’avevano assassinato. Raccontata così potrebbe sembrare una delle tante azioni che hanno segnato negli ultimi anni la lotta contro il terrorismo palestinese. Di più, potrebbe addirittura evidenziare la differenza tra le azioni criminali di Hamas e il tentativo delle forze di polizia dell’Autorità palestinese di portare un po’ di ordine nel caos che continua a dominare la società che Abu Mazen invano dichiara di voler cambiare. Potrebbe, ma la realtà è purtroppo diversa e ben più grave. Yasser Saleh, uno dei comandanti delle unità terroristiche catturate, e in modo particolare della cellula alla quale appartenevano i due assassini di Sasson, non è un criminale qualunque, uno dei tanti capi di Hamas che dedica la propria vita ad ammazzare israeliani, nossignore. Yasser Saleh è il figlio del comandante della polizia palestinese di Ramallah, il quale, come se non bastasse, è pure il consigliere del ministro degli interni dell’ANP Nasser Yousef. Con un curriculum alle spalle più che notevole. All’inizio del 2004 aveva organizzato gli attacchi terroristici in Sinai che avevano fatto strage, fra gli altri, di molti turisti israeliani.



Leggiamo ogni giorno degli sforzi che Abu Mazen e il suo governo fanno per combattere Hamas e la galassia dei vari gruppi terroristi , sappiamo che il primo impegno che la Road Map imponeva all’ANP era proprio lo smantellamento di tutte le infrastrutture terroristiche, e sappiamo pure che sino ad oggi il risultato consiste in un niente di fatto. Abu Mazen è debole, la sua polizia non ha armi sufficienti, se non ce la fa a sconfiggere Hamas non è colpa sua ma, pensa un po’ la novità, di Israele che si rifiuta di dargli armi e munizioni. Certo, le cose potrebbero anche stare così. Peccato che la verità sia un’altra, e per fortuna che l’arresto di Yasser Saleh ci ha permesso di scoprirla. Ammettiamo pure che Abu Mazen sia in buona fede, che abbia veramente intenzione di fare quello che dice di volere. Ma lo sa o no che intorno a lui, nel suo stesso governo, opera una longa manus di Hamas ? Come può pensare onestamente di combattere e sconfiggere il terrorismo quando il cervello operativo si aggira indisturbato fra coloro che dovrebbero estirparlo ? Non sono domande oziose, semmai solitarie, perché siamo sicuri, purtroppo, che la scoperta di queste gravissime connivenze non susciterà alcuna curiosità fra i nostri abituali critici della politica israeliana. Come sempre chiuderanno un occhio, lasciando l’altro puntato solo ed esclusivamente su quello che Sharon farà o non farà. Perché, se è maledettamente difficile arrivare in tempi ragionevoli a un accordo, la responsabilità va cercata nel campo israeliano. Quel che avviene nell’ Autorità palestinese rimanga avvolto in una nube assolutoria. E’ stato così per quarant’anni con quel bandito di Arafat, osannato e riverito. Così continui ad essere.

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