Riprendiamo da LIBERO del 06/12/2018, con il titolo "Supercoppa in Arabia. L'ipocrisia del calcio che va dietro ai soldi", il commento di Filippo Capra; dal FATTO QUOTIDIANO, a pag. 19, con il titolo "Supercoppa e affari, l'Italia dà un calcio a Khashoggi", il commento di Giampiero Gramaglia.
Libero e Fatto Quotidiano oggi vanno a braccetto e attaccano l'Arabia Saudita, mentre ignorano completamente la situazione drammatica dei diritti umani nel resto del mondo islamico, a partire dall'Iran finanziatore del terrorismo in tutto il Medio Oriente e non solo. Due articoli quasi uguali su due testate di solito molto lontane: unite, oggi, nella disinformazione.
Ecco gli articoli:
LIBERO - Filippo Capra: "Supercoppa in Arabia. L'ipocrisia del calcio che va dietro ai soldi"
Terrorismo iraniano: ignorato da destra e sinistra
Il calcio italiano si rende protagonista di un'altra figura barbina che annienta i buoni propositi contro razzismo e violenza sulle donne, rivendicati, a più riprese, come battaglie di vitale importanza e valori base di un Paese che si vuole ritenere "civile". Il che è il minimo se, appunto, si vuole parlare di civiltà, ma il nostro pallone cade miseramente davanti alle sue stesse parole con la scelta di giocare la finale di Supercoppa Italiana in Arabia Saudita. Non solo si conferma la tendenza di correre dietro ai petrodollari (oltre 20 milioni il guadagno stimato), ma per intascarli si è disposti anche a chiudere gli occhi su quanto avviene in un Paese che traduce in pratica l'esatto opposto di quanto professato qui da noi. E notizia di giugno il permesso accordato alle donne di guidare un'automobile, fatto che ha avuto risonanza mediatica mondiale visto l'assurdo divieto in vigore da sempre. E, all'alba del 2019, già questo la dice lunga.. C'è poi la sanguinosa guerra con lo Yemen, che dal 2015 vede l'Arabia impiegare sproporzionate forze contro i civili dello stato confinante, inducendo a carestie e crisi umanitarie. Infine, il truculento omicidio del giornalista e dissidente saudita Jamal Khashoggi, ucciso dopo essere entrato nel consolato dell'Arabia (che prima ha smentito e poi confermato) a Istanbul, per cui è stato chiesto l'arreso di due alti funzionari sauditi ritenuti responsabili. Basta questo per spiegare la spudorata incoerenza delle istituzioni italiane che si riempiono la bocca di ideali, salvo poi ingoiarli con beveroni di liquidità monetaria.
IL FATTO QUOTIDIANO - Giampiero Gramaglia: "Supercoppa e affari, l'Italia dà un calcio a Khashoggi"
Khashoggi?, chi era costui? Il calcio italiano non permette che diritti umani e ubbie buoniste turbino i suoi affari: la Supercoppa italiana si giocherà a Gedda, in Arabia Saudita, il 16 gennaio 2019. Scenderanno in campo i campioni d'Italia della Juventus e il Milan, finalista della scorsa edizione della Coppa Italia. La notizia è da ieri ufficiale: la partita si disputerà al King Abdullah Sports City Stadium, con inizio alle ore 20.30 locali (18.30 ora italiana).
IL CLAMORE internazionale per l'abominevole uccisione il 2 ottobre dell'oppositore ed editorialista Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul non scuote né la Federazione né le squadre. L'Italia è così. Quella del tennis, nel 1976, accettava di andare a giocare nella Santiago del Cile di Pinochet, nello stadio che era stato prigione e luogo di tortura appena tre anni prima, pur di portare in Italia la Coppa Davis: Pietrangeli capitano e Panatta, Bertolucci, Barazzutti giocatori. E quella della politica ammicca all'Egitto del generale golpista al-Sisi, dimentica di Giulio Regeni e del suo barbaro atroce omicidio: rimanda l'ambasciatore, non lesina visite e incontri, manda avanti, a fare il volto truce, inquirenti e magistrati, ma non ottiene giustizia; però salvaguardia gli affari dell'Eni. E il presidente della Camera Roberto Fico avverte il gelo della maggioranza intorno a sé, quando fa un passo nella giusta direzione e congela i rapporti con il Parlamento egiziano-gesto solo simbolico, senza impatto pratico -. La decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di fare spallucce di fronte al rapporto della Cia che chiama in causa il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman, ormai Mbs, nell'omicidio Khashoggi suscita titoli critici sui media italiani. Mentre l'incontro tra il premier Conte e Mbs a Buenos Aires, a margine del G20, non suscita emozione: "Gli ho chiesto spiegazioni, un'inchiesta approfondita". Mbs assicura che la giustizia sta già facendo il suo corso, come al-Sisi afferma di quella egiziana. Certo, di mezzo ci sono gli affari. E l'Italia ne fa con l'Arabia Saudita: certo, non a livello degli Usa cui Ryad compra armi per oltre cento miliardi di dollari in dieci anni; ma cospicui. Le vende anche le bombe usate nello Yemen, dov'è in corso una sanguinosa guerra civile e uno scontro per procura tra sunniti e sciiti, tra iraniani e, appunto, sauditi e loro alleati. La scheda Info Mercati Esteri del sito del ministero degli Esteri propone dettagliate informazioni sui rapporti tra Roma e Ryad: investimenti; presenze di aziende; accordi economico-commerciali fra i due Paesi; anche i flussi, ancora modesti, turistici. L'interscambio, in calo negli ultimi anni, sfiora gli 8 miliardi di euro e potrebbe quest'anno superarli, come già fece nel 2015: nei primi sette mesi di quest'anno, l'Italia ha esportato verso l'Arabia saudita beni per 1.855 milioni di euro, per i due terzi macchinari e apparecchiature industriali, e ne ha importato per oltre 2.923 milioni di euro, essenzialmente prodotti energetici, all'80% petrolio e derivati. La politica? Evita d'intralciare gli affari, gira alla larga dai problemi - la legalità costituzionale della vendita di armi a Paesi in guerra è contestata dalle organizzazioni pacifiste -, fino a fare il pesce in barile nell'affare Khashoggi. E magari ci sarà pure un qualche ministro che andrà a vedere la finale della Supercoppa - nel governo, i tifosi del Milan fanno bella mostra di se stessi -, sedendo accanto - chi lo sa? - all'ineffabile Mbs.
LA LEZIONE AMERICANA è diversa. Se Trump gioca alle tre scimmiette, il Senato di Washington non ci sta e vuole vederci chiaro, decidere che risposta dare all'impudenza saudita: lunedì, i senatori, dopo avere ascoltato un briefing del capo della Cia Gina Haspel, sono parsi convinti che Mbs abbia ordito e ordinato l'omicidio di Khashoggi. "Se il principe finisse davanti a una giuria, sarebbe condannato in 30 minuti", ha commentato il repubblicano Bob Corker. E LindseyGraham, altro repubblicano, ha fatto macabra ironia: "Non c'è la pistola fumante, c'è la sega fumante", alludendo allo strumento che sarebbe stato usato per sezionare il corpo.
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