La guerra religiosa del presidente Sisi
Analisi di Zvi Mazel
(Traduzione di Angelo Pezzana)
https://www.jpost.com/Opinion/President-Sisis-religious-war-573361
Abdel Fattah Al Sisi
Una guerra religiosa insidiosa si sta combattendo in Egitto e diventa sempre più virulenta di giorno in giorno. Non ha nulla a che fare con l'ostilità radicata di segmenti significativi della popolazione nei confronti della grande minoranza copta e gli episodi troppo frequenti di violenza contro i suoi membri. La guerra viene combattuta tra il presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi e lo sceicco Al Azhar Ahmed el Tayeb intorno alla nuova interpretazione della narrativa islamica, cioè, in parole povere, se l'Islam deve tenere conto del tempo presente. Durante la celebrazione del compleanno del Profeta nel Ministero degli affari religiosi (Awakf) il 18 novembre, c'è stato uno scontro pubblico tra i due. Alcune organizzazioni islamiche hanno poi organizzato delle proteste in favore di Sheikh el Azhar e indirettamente contro il presidente, che aveva attribuito i mali che affliggono oggi i musulmani all'errata interpretazione dei testi fondamentali dell'Islam. Per questo, ha poi proseguito, i saggi islamici dovevano fare il possibile per trovare nella Sharia la via per redigere leggi adattate al tempo presente e alla modernizzazione, per aiutare la nazione e il mondo dell'Islam a progredire. Non vi era nulla di nuovo in quel discorso, Abdel Fatah al Sisi aveva detto le stesse cose nella stessa occasione tre anni prima, pochi mesi dopo la sua elezione. Poi aveva sorpreso l'Egitto e il mondo musulmano chiedendo una "rivoluzione" nell'Islam, rivedendo le interpretazioni tradizionali del Corano, valide da secoli, che però hanno dato vita a organizzazioni come Al Qaeda e lo Stato islamico, trasformando l'Islam in una religione portatrice di caos e distruzione nel resto del mondo. Al Azhar, il più importane istituto di istruzione superiore del mondo sunnita, non ha risposto a quelle affermazioni. Al contrario, i suoi studiosi hanno sottolineato che non c'era nulla da cambiare o da modificare nella Sharia, che è valida in tutte le situazioni e su ogni argomento. Ma il presidente non ha mollato. In particolare, chiedendo a Sheikh al Azhar di dichiarare pubblicamente organizzazioni infedeli lo Stato islamico quali Ansar Beit El Makdess nella penisola del Sinai, che aveva giurato fedeltà all’ ISIS e ai Fratelli Musulmani, e di pubblicare una fatwa che condannava come infedele ogni musulmano o organizzazione che aderiva al terrorismo. Ahmed el Tayeb si è rifiutato, perchè non si può chiamare infedele un uomo che recita la Shahada – la professione di fede musulmana - e quindi conferma la propria fede in Allah e nei profeti. Al Azhar si è opposto in linea di principio a qualsiasi mossa che "punisca" un musulmano chiamandolo infedele fino a che non rifiuta i principi dell'Islam. Da quel momento in poi i rapporti tra il presidente e lo sceicco sono entrati rapidamente in contrasto, anche se gran parte dell’opinione pubblica non veniva a conoscenza di ciò che stava accadendo.
Intanto Al Sisi ha cercato di modificare la costituzione di Al Azhar per poter licenziare El Tayeb. Il conflitto è diventato pubblico lo scorso anno quando lo sceicco ha respinto l'iniziativa del presidente di rendere ufficiale il divorzio, facendo firmare alle parti un documento vincolante, eliminando così la separazione rimasta finora verbale. Allora il Ministero degli Affari Religiosi ha deciso che da quel momento in poi avrebbe preparato i sermoni del venerdì per tutte le moschee in modo che i giovani non fossero esposti all'estremismo e all'incitamento al terrore. Fu un duro colpo all'indipendenza di Al Azhar, che era tradizionalmente incaricata di inviare i sermoni alle migliaia di moschee sotto la sua tutela. Inoltre, il Ministero ha pubblicato nuovi libri religiosi senza sottoporli prima ad Al Azhar, come era la norma. La venerabile istituzione si è vendicata pubblicando nuovi libri propri che saranno presentati alla fiera del libro del Cairo il prossimo febbraio. La tensione era alta alla vigilia della celebrazione del 18 novembre. Imperterrito il presidente ha riaffermato la sua posizione. Era sostenuto dal Ministro degli Affari religiosi Mohammed Mokhtar Gomaa, che affermava con forza che era dovere degli studiosi di Al Azhar continuare a lavorare per eliminare le narrative estremiste e reinterpretare la Sharia per adattarla ai tempi moderni attraverso il rispetto dei principi veri dell'Islam. Tra le sue raccomandazioni c'era una nuova lettura della Sunnah, un corpo di testi e prescrizioni basate sulla trasmissione orale dell'insegnamento del Profeta. Ha poi informato che il suo ministero stava elaborando piani per istituire una nuova accademia religiosa per preparare uomini e donne alla predicazione. Sheikh el Azhar ha respinto tutti i tentativi di reinterpretare la Sunnah o di modificarla perché avrebbe portato i musulmani a contestare alcuni aspetti del Corano e delle sue prescrizioni, provocando una spaccatura all'interno dell'Islam. Annullò l'incontro privato che si sarebbe dovuto tenere con il presidente, rifiutandosi di stringere la mano al ministro.
Echi dello scontro divennero pubblici, mentre nello stesso giorno in uno spettacolo di sostegno a due distinte organizzazioni, l'unione delle tribù meridionali e quella dei diplomati di Al Azhar, ci furono preghiere speciali in una moschea nella città natale dello sceicco dell'Alto Egitto. Entrambe le organizzazioni volevano tenere una protesta fuori dalla moschea ma furono convinte a non farlo da un fratello minore dello sceicco, lui stesso una rispettata personalità religiosa. Si sono però impegnati a continuare la lotta per fermare gli "attacchi ad Al Azhar e la santa Sunnah". Può esserci un compromesso tra lo sceicco che non è pronto ad accettare alcun compromesso e il presidente che crede che l'Egitto deve liberarsi dalle catene di uno stile di vita stabilito al tempo del profeta per costruire un'economia forte e moderna e una società progressista? Nel frattempo Abdel Fatah al Sisi mantiene un dialogo diretto con i giovani del paese attraverso incontri in cui cerca di convincerli del loro ruolo nella creazione di una nuova società. Ha avviato un comitato nazionale della gioventù che si incontra ogni anno a Sharm a Sheikh e l'accademia religiosa progettata è l'ennesimo tentativo di aggirare Al Azhar e l'establishment islamico. Sebbene i movimenti islamici siano dotati di una struttura armata, gli egiziani ora sono consapevoli della situazione, devono prendere posizione.
Non c'è tradizione di democrazia e libertà di parola, la popolazione nel suo complesso è profondamente religiosa. Nelle prime elezioni successive alla cacciata di Mubarak, i Fratelli musulmani e i salafiti hanno ottenuto il 73% dei voti. Il presidente dovrà muoversi molto attentamente. Secondo voci insistenti, sta prendendo in considerazione una campagna mediatica contro lo sceicco Al Azhar. Una politica a doppio taglio. Come reagirà Al Azhar? Per come stanno le cose oggi il presidente dovrà promuovere una nuova e moderna legislazione senza il sostegno dell'establishment islamico, una soluzione che il presidente tunisino ha raggiunto nonostante la presenza contraria di queste forze, quando ha promulgato leggi che danno alle donne diritti uguali in materia di eredità. Sisi ha il sostegno dell'esercito e delle forze di sicurezza, che dovranno mantenere l'ordine e la stabilità qualora le proteste diventassero violente. Ma secondo il canale tv Al Arabia, un nuovo gruppo estremista, Morabitun, si è infiltrato nell'esercito, dando vita a dozzine di cellule segrete guidate da ufficiali. Nel Medio Oriente di oggi le speranze della primavera araba sono state infrante e potenti forze stanno ancora resistendo al progresso e alla democrazia sostenendo l'islam estremista. Le guerre fratricide stanno distruggendo gli stati arabi e l'Iran sciita ne sta approfittando. L'Egitto sta ancora affrontando l'insurrezione jihadista nel Sinai e gruppi terroristi continuano a seminare il terrore al Cairo. Il Presidente dovrà avere mano libera per attuare le riforme economiche mentre si occupa dell'islam tradizionale, cercando di ripristinare la cosiddetta Età dell'Oro dei Giusti Califfi e resistendo a tutti i tentativi che si oppongono al cambiamento.
Zvi Mazel è stato ambasciatore in Svezia dal 2002 al 2004. Dal 1989 al1992 è stato ambasciatore d’Israele in Romania e dal 1996 al 2001 in Egitto. È stato anche al Ministero degli Esteri israeliano vice Direttore Generale per gli Affari Africani e Direttore della Divisione Est Europea e Capo del Dipartimento Nord Africano e Egiziano. La analisi di Zvi Mazel sono pubblicate in esclusiva in italiano su Informazione Corretta