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Libero Rassegna Stampa
03.12.2018 Il giornalista pakistano ucciso che non interessa a nessuno: indagava su Al Qaeda (ma non si chiamava Regeni)
Commento di Mirko Molteni

Testata: Libero
Data: 03 dicembre 2018
Pagina: 8
Autore: Mirko Molteni
Titolo: «L’altro Regeni dimenticato che indagava su Al Qaeda»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 03/12/2018, a pag.8 con il titolo "L’altro Regeni dimenticato che indagava su Al Qaeda" il commento di Mirko Molteni.

Richiama giustamente Molteni, come l'uccisione di  Syed Saleem Shahzad non abbia suscitato alcun interesse fra i volonterosi 'umanitari' a senso unico. Non aveva le "credenziali" giuste come Regeni, che era stato inviato in Egitto dalla sua docente inglese, musulmana e affiliata ai Fratelli Musulmani, affinche preparasse un rapporto sui sindacati clandestini avversari del governo di Al Sisi. Era un onesto giornalista e, forse, nemmeno 'de sinistra'.

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Mirko Molteni

La rinnovata attenzione per il caso del ricercatore italiano Giulio Regeni, rapito e ucciso in Egitto nel 2016, riporta alla ribalta una vicenda simile. “L’altro Regeni”, come è stato definito, era un giornalista pachistano corrispondente dell’agenzia di stampa Aki AdnKronos, Syed Saleem Shahzad. Sette anni e mezzo fa fu rapito e trovato morto, forse “colpevole”, per i carnefici, di indagare su collusioni fra terroristi di Al Qaeda ed elementi delle forze armate pachistane.

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Syed Saleem Shahzad

Un mese fa avrebbe compiuto 48 anni, essendo nato il 3 novembre 1970. In questi giorni la vedova, Anita, ha lanciato un appello perché si faccia luce sul suo omicidio: «Non si saprà mai chi e perché ha ucciso Saleem. Non abbiamo ricevuto alcun aiuto dal governo. Ho dovuto gestire da sola i miei figli, le finanze e anche gli aspetti emotivi». Il reporter pachistano ha lasciato orfani tre figli, che secondo la madre «non faranno i giornalisti». Il 29 maggio 2011 Saleem fu rapito, dopo aver ipotizzato che un attacco terroristico a una base della Marina pachistana fosse stato facilitato da complici di Al Qaeda incistati nella forza navale. Il reporter era fra i maggiori esperti di terrorismo pachistani. Dal 2002 conduceva inchieste su talebani e Al Qaeda,diventando collaboratore di Adn Kronos nel 2004 e viaggiando anche in Afghanistan, dove nel 2006 era già stato rapito dai jihadisti e poi liberato. Ulteriori inchieste le aveva condotte sulla strage di Mumbai del novembre 2008, da lui attribuite alla sigla Lashkar e-Taliba. I giorni della sua fine erano assai critici per il Pakistan, poiché poche settimane prima, il 2 maggio 2011, gli americani avevano mandato le loro forze speciali Seal a stanare e uccidere Osama Bin Laden nella sua villa-fortino di Abbottabad, nel cuore del paese, senza avvertire le autorità di Islamabad, tanto che gli elicotteri speciali “invisibili” MH-60 erano decollati da una base Usa in Afghanistan, volando bassi per non farsi captare dai radar pachistani. Il 31maggio Saleem fu trovato cadavere, e con segni di torture, in un canale a Sara e Alamgir, 150 km da Islamabad. Una delle maggiori attiviste pachistane dei diritti umani, Zohra Yusuf, ancora oggi ricorda che Saleem temeva di essere ucciso da esponenti deviati dell’Isi, i servizi segreti governativi: «La verità potrebbe non emergere mai, considerato che non si riesce nemmeno a indagare sull’uccisione della ex-premier Benazhir Bhutto». Intanto, dall’Italia, l’insigne professor Franco Cardini nota il differente approccio dei media ai casi Regeni e Saleem: «Della fine di Regeni si sono impadroniti i media. Era un giovane che scriveva per il Manifesto e ciò gli ha portato simpatie di un settore che ancora conta. Sulla questione italo-egiziana c'era qualche interesse da portar avanti, non così col Pakistan.Non se ne parlava benché si sapesse che fosse fondamentalista. Era un alleato e bisognava comunque aiutarlo». Il recente distanziamento del Pakistan dall’America potrebbe essere però, secondo il celebre storico, un incentivo a fare pressioni su tale vicenda.

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