Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 30/11/2018, a pag. 2 con il titolo " 'Decolonizzate!'. E la diversità d’opinione è assimilata alla bestemmia" il commento di Giulio Meotti.
Giulio Meotti
Roma. Il corso di studi su William Shakespeare? Decolonizzatelo! Il sillabo di Cambridge? Decolonizzatelo! Lo storico di Oxford Nigel Biggar? Decolonizzatelo! Lo storico della schiavitù nel mondo arabo Olivier Petre-Grenouilleau? Decolonizzatelo! Il Rijksmuseum, il più celebre museo d’Olanda? Decolonizzatelo! Il corso di letteratura di Yale? Decolonizzatelo! Lo scrittore algerino Kamel Daoud? Decolonizzatelo! E’ diventata un tormentone, questa storia della “decolonizzazione” della cultura occidentale. Ieri, il settimanale francese Le Point ha lanciato un appello firmato da ottanta studiosi e intellettuali contro questa offensiva ideologica, una “egemonia”. “Questi gruppi sono accolti nelle più prestigiose università, teatri e musei”, si legge nell’appello. “Mentre si atteggiano a progressisti, questi movimenti sono impegnati da diversi anni in una diversione della lotta per l’emancipazione individuale e per la libertà, a favore di obiettivi che sono i loro opposti e che attaccano l’universalismo. Si tratta di invocare il femminismo per giustificare il velo, o la laicità per legittimare l’universalismo religioso e il comunitarismo. La strategia è quella di screditare gli avversari tacciandoli di razzismo e islamofobia”.
Alain Finkielkraut
Da qui, scrivono gli ottanta, la “demonizzazione” e i “metodi di terrorismo intellettuale che ricordano ciò che un tempo lo stalinismo ha fatto agli intellettuali più lungimiranti in Europa”. Nell’appello ci sono la femminista Élisabeth Badinter, il filosofo Alain Finkielkraut, il sociologo Jean-Pierre Le Goff, gli storici Pierre Nora e Mona Ozouf, lo scrittore Boualem Sansal, fra gli altri. “I nemici del dibattito”, come sono definiti, vogliono “isolare e screditare”. Gli universitari, i maestri, gli insegnanti che osano dileggiare la doxa subiscono gli attacchi e le delazioni dei loro colleghi. Le idee degli accusati sono incorporate in polemiche diffamatorie, “estrapolate dal contesto e obiettivi ignominiosi (associazione con l’estrema destra, ‘fobie’ di qualsiasi tipo) sono associati attraverso le petizioni... Nel frattempo le molestie sui social network sono utilizzate per diffondere calunnie”. Così facendo si cerca di “minare i princìpi di libertà di espressione”, “alimentando l’odio etnico e le divisioni”. “Decolonizzate” è la nuova parola-ancella del multiculturalismo, con il suo odio per l’uomo bianco, maschio, europeo, morto, al fine di trasformare la cultura europea nel simbolo di una civiltà maledetta, malata e infame a un tempo, che continua a sfruttare le minoranze. Quando Sylvain Gouguenheim, medievista alla Scuola Normale di Lione, ha pubblicato un libro per spiegare che la cultura greca non tornò all’occidente grazie all’islam ma che “a salvare dall’oblio i filosofi antichi sarebbe stato il lavoro dei cristiani d’oriente, caduti sotto il dominio musulmano”, lo storico fu linciato. E’ appena uscito anche un manifesto dal titolo “Décolonisons les arts!”, in cui un gruppo di artisti delle minoranze denuncia il persistente razzismo nel mondo della cultura francese. Sono nati persino dei “campi estivi decolonizzati”, ovvero in cui è vietato l’accesso ai bianchi. L’estate scorsa a Parigi c’è stato il Nyansapo Fest, una “festa femminista-africano-europea” con tanto di “spazio riservato ai neri”. Il pensiero egemonico antirazzista è diventato una forma di razzismo invertito. E la diversità d’opinione è ormai assimilabile alla bestemmia.
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