Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 26/11/2018, a pag. 14, con il titolo "'Attacco chimico su Aleppo', Assad e Mosca contro i ribelli" la cronaca di Francesca Caferri.
Quando non c'è Israele di mezzo nè Trump, persino Repubblica è corretta
Francesca Caferri
Dopo due anni di calma apparente ad Aleppo è tornata la paura. Più di 100 persone sono state ferite sabato in quello che ha tutte le caratteristiche di un attacco chimico. I video diffusi in Rete mostrano scene già viste nel conflitto siriano, con persone che faticano a respirare, bambini cianotici e medici che rimuovono in tutta fretta gli abiti dai corpi dei feriti per limitare gli effetti della contaminazione. Si tratta del primo attacco di questo genere sulla città che ha pagato uno dei prezzi più alti in termini di vittime nel conflitto siriano, ma che dopo essere stata riconquistata, con un lunghissimo assedio fatto di fame e di barili bomba, dal regime siriano sembrava essere uscita dalle mappe del conflitto. Un attacco che di questa guerra potrebbe segnare l’inizio di un nuovo capitolo. Damasco e Mosca hanno infatti accusato i ribelli di aver lanciato le sostanze chimiche su Aleppo da Idlib, la provincia del Nord che è rimasta l’ultima roccaforte per chi, jihadisti e no, si oppone a Bashar al Assad.
Aleppo, Siria
Sulla situazione di Idlib poche settimane fa era stato raggiunto un faticoso compromesso fra Mosca e Ankara: l’offesiva con cui i governativi e i loro alleati russi si preparavano a riprendere la citta’ era stata congelata per dare alla Turchia il tempo di disarmare i gruppi jihadisti che essa stessa aveva foraggiato e sostenuto per anni. Ma ora il compromesso potrebbe saltare. Mosca ha infatti bombardato postazioni ribelli in risposta all’attacco e più di un esperto teme che questo possa essere l’inizio dell’offensiva su Idlib. I ribelli da parte loro hanno negato ogni responsabilità nell’attacco. Attribuire con certezza e in tempi rapidi la paternità dell’attacco di Aleppo è praticamente impossibile. Le armi chimiche, proibite dalle convenzioni internazionali e teoricamente rimosse dal territorio siriano con un accordo firmato da Stati Uniti e Russia nel 2013, sono state infatti a più riprese usate da entrambe le parti nel conflitto. Anche se la responsabilità del regime negli attacchi che hanno fatto più morti, come quelli di Ghouta del 2013 e poi del 2018, è stata accertata da inchieste internazionali. «È da notare che pochi giorni fa il mnistro degli Esteri russo Serghej Lavrov aveva parlato di un possibile attacco chimico in preparazione da parte dei ribelli — dice su Twitter Joseph Bahout del Carnegie Endowment for International peace — chiunque sia stato, questo è il chiodo nella bara dell’accordo di Sochi su Idlib. Raid in risposta all’attacco sono stati lanciati nelle zone demilitarizzate create nell’accordo. Un accordo che il regime di Assad non ha mai digerito: questo è l’alibi perfetto per smontarlo. A perdere sarebbe soprattutto la Turchia: perché sarebbe accusata di non essere riuscita a disarmare i gruppi jihadisti. E perché l’offensiva porterebbe un enorme flusso di rifugiati verso il Paese». L’attacco di Aleppo arriva in un momento molto delicato per il conflitto siriano: dopo le dimissioni di Staffan de Mistura si attende che entri in carica il nuovo inviato Onu per il Paese, il norvegese Geir Pedersen. De Mistura sta ancora tentando di mettere insieme un comitato « credibile e inclusivo » che avrebbe il compito di disegnare la nuova costituzione siriana, in vista di un accordo di pace: ma i suoi tentativi sono finora falliti, principalmente per i "no" arrivati da Damasco. Il regime da parte sua si sente vicino alla vittoria finale e poco disposto a trattare: prima dell’accordo su Idlib aveva intensificato gli sforzi militari per riconquistare il territorio perduto. La Russia spinge per una soluzione diplomatica che veda Stati Uniti e Unione europea accettare, almeno per il momento, la permanenza al potere di Bashar al Assad. E impegnarsi per il ritorno in patria dei parte dei rifugiati e la ricostruzione del Paese: una partita da miliardi di dollari.
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