Entro la fine di agosto ottomila israeliani che vivono a Gaza dovranno lasciare quel territorio e trasferirsi in Israele. Tutte le infrastrutture che avevano costruito, il che vuol dire case e attività produttive, verranno abbattute. Per Sharon non è stata una decisione facile da prendere, ma il realismo politico che l'ha sempre guidato, non gli lasciava altra scelta. D'altra parte nè Gaza nè Giudea e Samaria, ovvero la cosidetta Cisgiordania, erano mai state dichiarate territorio israeliano ma soltanto "territori amministrati". Territori che sarebbero rimasti all'Egitto (Gaza) e alla Giordania se nel 1967 quei simpatici e bravi vicini di Israele non avessero sferrato l'ennesima guerra contro lo Stato ebraico.Per distruggerlo.
Detto questo, alcune considerazioni. Israele è uno stato democratico, dove il dissenso non solo è possibile, ma è addiritto difeso da precise leggi dello Stato. Che una gran parte dei cittadini israeliani di Gaza abbiano accolto la decisione di Sharon con ostilità è più che comprensibile. E'difficile comportarsi da persona che analizza tranquillamente il futuro dello Stato in cui vive ed il proprio, quando si deve far fagotto distruggendo quanto tre generazioni hanno costruito. Che ci siano reazioni, tentativi di opporsi, fino al limite di chiedere ai soldati che devono eseguire materialmente lo sgombero di disobbedire agli ordini ricevuti, non solo è possibile, ma è addirittura connaturato e fisiologico alla natura democratica di Israele. E' successo l'altro giorno quando un soldato si è rifiutato di obbedire a un suo superiore dicendo "un ebreo non caccia un altro ebreo". Verrà giudicato per il suo atto di insubordinazione e sconterà la pena prevista di ventotto giorni di detenzione. Un atto di indisciplina commesso davanti a giornalisti e telecamere (escludiamo dal numero l'ottimo Claudio Pagliara, che su Rai 1 informa correttamente i telespettatori), che in questi giorni raccontano i fatti con una attenzione quasi morbosa nel tentativo di "pizzicare" Israele in qualche azione che ne diminuisca l'immagine di fronte all'opinione pubblica internazionale. Invece di descrivere Tzahal, l'esercito di difesa israeliano, quale esso è, un esercito di popolo, dove persino un soldato semplice può mettere in discussione gli ordini di un generale, e che opera nel più totale rispetto dei diritti umani di fronte ad una spaventosa offensiva del terrorismo palestinese, ecco che una casa abbandonata ancora dagli egiziani a Gaza e occupata ieri da alcuni coloni rivoltosi diventa " una casa palestinese occupata dai coloni", come ha riferito ieri l'Ansa.Come se i coloni volessero in realtà non rimanere a casa loro, ma occupare le case dei palestinesi ! E le pietre che vengono lanciate da altri coloni che hanno deciso di adottare la maniera dura contro l'esercito, vengono descritte su quasi tutti i nostri giornali e agenzie come una specie di guerra civile. Che molti se lo augurino non ci stupisce. Quando il terrorismo palestinese trova difficoltà a mettere a segno i suoi colpi, quando Sharon e Abu Mazen cercano, pur attraverso mille difficoltà, di ridare fiato alle trattative, cosa può esserci di meglio di una guerra civile fra ebrei ?
A questo gioco sporco non ci stiamo. Seguiremo con apprensione quanto accadrà durante i prossimi mesi, la scommessa di Sharon è enorme e difficile, ma non ci lasceremo intrappolare in quel gioco al massacro nel quale i "grandi" organi di informazione stanno già attirando i lettori. Diversamente da loro, questo giornale si augura che il piano Sharon si realizzi al minor costo possibile, che la reazione dei coloni si mantenga entro i limiti della legalità. Oggi più che mai Israele ha bisogno di informazione corretta , non di propaganda. |