Berlino,capitale europea della cultura ebraica- Il Foglio 18-06
Doveva essere la capitale del millenario Reich la Berlino di Adolph Hitler, ma la storia per fortuna è andata diversamente. Invece di mille gli anni sono stati dodici, sufficienti però a scatenare la seconda guerra mondiale e portare morte e distruzione in tutta Europa. All'avvento del Fuerher nel 1933 a Berlino vivevano 160 mila ebrei. Riuscirono a salvarsi soltanto quelli che fecero in tempo a lasciare la Germania prima che i campi di sterminio iniziassero a lavorare a pieno regime. A Berlino,la quasi totalità fra coloro che non riuscirono a fuggire, 55 mila, furono assassinati. Alla fine della guerra la Germania era "judenrein", senza ebrei. Un risultato destinato però a ribaltarsi nel giro di pochi decenni, con buona pace di Hitler che dal profondo degli inferi non è riuscito a veder realizzato il suo folle progetto. Sarà che la Germania i conti con il nazismo li ha fatti, sin da quando agli inizi degli anni '50, fra polemiche roventi, Ben Gurion accettò i risarcimenti che i governi Adenauer e Erhard avevano sottoscritto per riportare la nazione tedesca fra le nazioni democratiche del mondo libero. Non furono grandi cifre, eppure rappresentarono allora un aiuto significativo per il giovane stato ebraico, alle prese con molte difficoltà, non ultime quelle economiche.
Nell'anno che ricorda i sessanta anni dalla liberazione dal nazismo e dalla autoeliminazione fisica del Fuerher, Berlino dà al defunto dittatore un altro dispiacere. Sì, perchè Berlino, a buon titolo, è oggi la capitale europea della cultura ebraica. In nessuna altra città si possono visitare musei, mostre,istituzioni così importanti per numero e qualità come in questi giorni può capitare al fortunato viaggiatore che la voglia visitare.
Anche perchè la cultura ebraica che si respira è stata portata dagli stessi ebrei che sono poco a poco tornati a vivere in Germania, anche se ad un esame superficiale poò essere difficile capirne le ragioni. Ma il legame fra gli ebrei e Berlino e la Germania stessa è antico quanto la loro storia comune. Ecco come si presenta oggi la Berlino ebraica.
Cominciamo dal "Memoriale degli ebrei d'Europa assassinati", inaugurato il mese scorso vicino alla Porta di Brandeburgo, Un museo che rivoluziona la stessa concezione di museo, perchè consiste in 2.711 steli funerarie, disposte in una intera piazza a cielo aperto in modo che i visitatori possano entrarvi da qualsiasi punto, camminare fra i blocchi di cemento grigio scuro di varia altezza fra loro, e avere l'impressione di trovarsi in un labirinto senza via d'uscita. Se l'architetto Peter Eisenmann che l'ha progettato voleva comunicarci un profondo senso di angoscia ci è riuscito. Non è possibile non pensare a quanto di mostruoso è accaduto, girando senza meta fra quei corridoi che trasmettono un senso di freddo gelido, lo stesso che si avverte nei cimiteri. Alla fine del percorso, pochi scalini ci introducono nel sotterraneo centro di informazione, dove scritti e immagini ci raccontano come si è sviluppato il processo di sterminio degli ebrei europei. All'ingresso, una citazione da Primo Levi, quel che è accaduto può accadere ancora, ci ricorda il dovere della memoria. Un'opera d'arte più che un museo, quindi, e che ha provocato reazioni diverse, anche contrarie, visto che le steli di media altezza si prestano ad essere usate come installazioni-gioco per i bambini che vi si arrampicano sopra. Un'obiezione di zelo eccessivo, perchè Eisenman ha sicuramente voluto vedere in quell'uso, all'apparenza dissacrante, la rappresentazione della vita che continua oltre la morte. Malgrado la morte.
Al numero 9 di Lilienstrasse Daniel Libeskind, lo stesso architetto che ha vinto il progetto di ricostruzione di Ground Zero a New York, ha costruito nel 2001 il nuovo Museo Ebraico della città. Un edificio completamente foderato all'esterno di zinco, dalla forma di stella di Davide spezzata, quasi a ricordare i profondi ma discontinui legami e le tensioni che hanno marcato la storia ebraico-tedesca. Un museo poco tradizionale, molto più attento ai simboli, che stimolano domade e riflessioni che non a riempire le pareti di oggetti o a tracciare percorsi obbligati. Una porta pesante e stretta introduce in una torre alta venti metri,la torre della Shoah, buia, tranne un taglio di luce in cima, quasi a rappresentare il baratro e una possibile speranza, per entrare subito dopo in un giardino nel quale si ergono contro il cielo dei quadrati di cemento altissimi, dalla cui apertura in cima fuoriescono piante di ulivo. Non è un giardino dove si passeggia, a mala pena ci si muove fra gli alberi di cemento. Il suo nome è, non a caso, giardino dell'esislio. E' ricorrente il parallelo vita-morte, dove la prima,pur attraverso enormi avversità, alla fine riesce a vincere. Al piano superiore la mostra permanente dell'ebraismo tedesco. Duemila anni di storia raccontati attraverso le immagini della vita quotidiana, per capire quanto la cultura ebraica abbia influenzato la storia della Germania.
Per capire la responsabilità del nazismo nello sterminio ebraico si sta facendo strada una ricerca che arriva comprensibilmente ultima, quella che valuta l'importo della rapina economica nei confronti degli ebrei. Quel furto legalizzato rappresentato dagli espropri, dal possesso illegale dei beni di che è stato deportato, dal furto vero e proprio dei beni posseduti dagli ebrei nelle loro abitazioni. Si chiama proprio così un'altra mostra di grandissimo interesse, "Legalisierter Raub", furto legalizzato, che si tiene sino al 18 settembre al Museo Storico Tedesco. Ci sono tutti i documenti che le autorità naziste, nella loro precisione burocratica, hanno inventariato ogni volta che il furto veniva commesso. Certo, non lo definivano così, ma oggi, proprio in base ai loro documenti, è possibile fare un calcolo economico di quella enormi rapina che il Reich ha realizzato a danno degli ebrei tedeschi. Per chi ama la precisone, la mostra ha anche fatto i conti, dai quali si deduce quanto poco sia stato restituito ai sopravvisssuti. Ma almeno la Germania ha oggi il coraggio di dirlo, ad eterna vergogna di quanto è stato fatto.
Nello stesso museo, ristrutturato dal famoso architetto Pei vicino alla Unter del Linden, un'altra mostra con dei reperti di accezionale interesse storico-archeologico, descrive la storia degli ebrei europei nel Medio Evo (fino al 28 agosto).
Poteva mancare un riconoscimento al Albert Einstein nel cinquantenario della morte ? Sempre nella Unter den Linden al numero 3, nel Kronprinzenpalais, l'inventore della teoria della relatività viene ricordato come l'ingegnere dell'universo. Già la rivista Time l'aveva nominato lo scorso anno "Persona del Secolo", ma la mostra berlinese rende all'ebreo più famoso del mondo una doverosa ricompensa, dopo averlo obbligato all'esilio quando Hitler salì al potere. Una mostra che è una gioia per gli occhi di tutti quelli che sono affascinati dagli strumenti della fisica che hanno accompagnato il percorso scientifico di Einstein dal 1905 in poi. Sarà aperta fino al 30 settembre.
Ma la mostra assolutamente imperdibile è "Die Neuen Hebraer", i nuovi ebrei, ovvero 100 anni di arte in Israele al Museo Martin Gropius-Bau (sino al 5 settembre). Organizzata in collaborazione con il Museo Israel di Gerusalemme, celebra il centenario della fondazione della scuola d'arte Bezalel, che ha segnato la rinascita artistica dello Stato ebraico. Nelle sale del museo scorrono tutte le tendenze artistiche israeliane, dai primi anni del novecento fino alle espressioni più estreme dell'arte contemporanea, mescolando tutti gli avvenimenti che hanno segnato la storia israeliana. Dal sionismo alle correnti artistiche del novecento, è come se il formarsi e il divenire di Israele ci scorresse davanti nelle sue realizzazioni artistiche. Influenzate e condizionate, come raramente succede in un paese, da quanto accade nella vita quotidiana.
Prima di programmare la serata, non può mancare la visita della grande sinagoga di Oranienburgerstrasse. Fu costruita nel 1866 e fu gravemente danneggiata dalle bombe nel 1943. Oggi, in parte restaurata, merita di essere inclusa nel giro della città.
Chi ama la musica ebraica non perda un concerto di musiche Kletzmer o Yiddish nei teatrini d'avanguardia al numero 40 di Rosenthalerstrasse, un insieme di cortili comunicanti in una strada non lontana dal quartiere ebraico. E poi ancora bar che si chiamano Solomon' s Bagel o Noah's Ark, librerie specializzate in Judaica,
ecco quanto può offrire di ebraico una capitale come Berlino. E abbiamo dimenticato tutto il resto che rende ugualmente affascinante la città, dal museo Pergamon alla nuovissima Marlene Dietrich Platz (proprio accanto a Postdamerplatz). Durata del viaggio quattro o cinque giorni. Aspetto non trascurabile, Berlino è meno cara di una citta italiana. Per chi segue la culltura ebraica un'occasione irripetibile.