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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Il disimpegno e l'identità di Israele 09-05-05
Se non ci fossero state persecuzioni, espulsioni, conversioni forzate e assimilazioni oggi il numero degli ebrei nel mondo sarebbe intorno ai 100-120 milioni. Non fa parte della trama di un romanzo di fantapolitica. Sono invece le conclusioni alle quali è arrivato il prof. Sergio Della Pergola, illustre docente alla Università ebraica di Gerusalemme, un esperto di studi demografici famoso in tutto il mondo. Come il suo cognome ci rivela, è anche di origini italiane, milanesi per la precisione, anche se vive in Israele dagli anni sessanta. A parte i meriti accademici, il suo nome è salito nuovamente alla ribalta internazionale quando si è saputo che sono state le sue ricerche demografiche a far riflettere Ariel Sharon sul fatto che Israele potrà avere un futuro ebraico e democratico solo a condizione che la stragrande maggioranza dei suoi cittadini sia composta da ebrei, come attualmente è, 80% ebrei contro il 20% di appartenenti ad altre popolazioni e fedi. Il che significa che democrazia e maggioranza ebraica sono incompatibili con l’ampliamento territoriale, così come si era configurato dopo la guerra dei sei giorni del 1967. Non è un caso se i territori che oggi vengono definiti come Autorità palestinese, Gaza e una parte di Giudea e Samaria (Cisgiordania), non sono mai stati annessi da Israele, essendo stati sempre solo amministrati. Il pericolo di una immissione così alta di palestinesi nello Stato ebraico era già avvertita anche allora. Israele incluse nel territorio nazionale soltanto il Golan e la parte est di Gerusalemme, che venne dichiarata una e indivisibile capitale dello Stato, ma si guardò bene dal fare altre annessioni, pena lo stravolgimento della maggioranza ebraica.



Leggendo le statistiche e le previsioni tracciate dal prof. Della Pergola, Sharon si è reso conto che l’unica strada da percorrere era quella del disimpegno dalle aree popolate quasi esclusivamente da palestinesi, e cioè Gaza e parte della Cisgiordania. Diverso è il caso di Gerusalemme est, dove vivono più di duecentomila palestinesi con nazionalità israeliana. Sono molti i progetti sul tavolo della discussione e una soluzione verrà sicuramente trovata, tenendo conto che Gerusalemme non sarà mia divisa un’altra volta, ma rispettando comunque una certa autonomia della parte palestinese. Fra i vari progetti c’è chi ha prospettato una ipotesi sul tipo Vaticano-Stato italiano. Si vedrà.



Quindi Sharon non ha cambiato bandiera, come viene accusato da chi si oppone al progetto di uscita da Gaza. Più semplicemente, da quel politico realista e concreto che è, ha valutato con estrema attenzione la analisi del Prof. Della Pergola e ne ha tratto le dovute conclusioni. Certamente ha analizzato e comparato le statistiche sulla natalità ebraica con quella palestinese, un calcolo che per primo è stato visto come segnale di allarme. E che ha fatto capire anche a coloro che ne erano fortemente contrari che la nascita di uno Stato palestinese è nell'interesse anche dello stesso Stato ebraico. Forse è durante le sue sue analisi demografiche che Dalla Pergola si è imbattuto in quella che non è una affascinante ipotesi ma un calcolo che non sarebbe azzardato definire esatto. Sembra la trama di un film di fantascienza, come dicevamo, invece è tutto vero.



Tutto è cominciato con una ricerca per stabilire quanti ebrei hanno vissuto nei vari periodi storici, a partire dall’era dei Patriarchi sino ad oggi.



Durante il regno di Re Salomone (1000 AC), in Israele vivevano circa due milioni di ebrei. Al momento della distruzione del secondo Tempio da parte dei romani (70 DC) gli ebrei erano quattro milioni e mezzo, un record che fu superato solo nel 1800. Nel medio Evo la popolazione mondiale degli ebrei era di circa un milione. Prima della Shoh si registrò il numero massimo, sedici milioni e mezzo, che è poi divento tredici milioni dopo lo sterminio nazista. Questa cifra è rimasta stabile, con una crescita in percentuale per quanto riguarda Israele e in diminuzione fra gli ebrei della diaspora, diminuzione dovuta al grande numero di matrimoni misti e dal relativamente basso tasso di natalità.



L’analisi dei numeri nell’antichità è sorprendente. Della Pergola è partito dalla Bibbia. Analizzando il testo biblico dell’Esodo, dove è scritto chiaramente che 70 uomini arrivarono in Egitto con Giacobbe e che 600.000 se ne andarono 430 anni dopo, è possibile fare delle statistiche quasi perfette, tenendo conto che l’età media in quel tempo era di 40 anni e che ogni famiglia aveva circa 6 figli. Altri dati, per i tempi successivi, sono stati tratti dai testi storici di Giuseppe Flavio e dalle relazioni dei rappresentanti romani nel periodo della distruzione del secondo Tempio. Per quanto riguarda il Medio Evo i numeri interessanti ci vengono dai resoconti di viaggio di Beniamino di Tutela, che nel 1170 viaggiò fra Europa e Medio Oriente. In base ai suoi scritti si può calcolare che gli ebrei in quegli anni fossero circa quattro milioni e mezzo. Fu nel Medio Evo che si verifico la grande diaspora degli ebrei dalla penisola arabica verso il nord Africa e la Spagna, il sud della Francia, la Germania e l’Europa centrale.



Ai tempi di Beniamino di Tudela erano pochissimi gli ebrei che si erano stabiliti nell’Europa centrale. Dopo pochi secoli, due terzi degli ebrei del mondo vivevano lì.



E' stato calcolando il tasso di sviluppo della natalità ebraica, paragonando luoghi e tempi, che Della Pergola si reso conto che il numero degli ebrei oggi sarebbe di circa 100-120 milioni. Beninteso se non fossero intervenuti gli ostacoli di cui abbiamo detto. Una speculazione soltanto intellettuale ? non crediamo, visti gli strumenti scientifici che ne sono stati alla base. L'autore è uno scienziato, non scrive romanzi.



E il futuro ? Della Pergola ritiene che Israele supererà per numero gli ebrei negli Stati Uniti, dove i matrimoni misti e la bassa natalità hanno contribuito a far scendere il numero totale della popolazione ebraica, che oggi è di poco più di cinque milioni. Se però si considerano anche le famiglie miste, dove almeno un componente è ebreo, allora il numero sale a nove milioni.



Qualcuno potrà obiettare che la storia non si fa con i se, e avrebbe anche le sue buone ragioni. Ma sono dei “se” poco discutibili, perché la ricerca scientifica oggi ha del tutto eliminato ogni ombra di sospetto dalla analisi del nostro passato. Se possiamo stabilire l’età di una pietra qualunque con un semplice esame chimico, così è possibile ricostruire i destini di un popolo che, tra le sue molte specificità, ha anche quella di essere passato, purtroppo non indenne, attraverso molte dominazioni. Ma che, a differenza di quasi tutti gli altri popoli che hanno subito le stesse vicende, non ha mai perduto la proprià identità ed i legami che hanno segnato i destini degli ebrei dispersi in ogni parte del mondo. “L’anno prossimo a Gerusalemme”, evocato durante la lettura dell’Haggadah intorno al tavolo della cena pasquale, dopo duemila anni si è tramutato in una realtà.



Non saranno 120 milioni, ma quelle decine di migliaia che alla fine dell’800 cominciarono a percorrere a ritroso il cammino della diaspora hanno realizzato quel sogno che Theodor Herzl aveva profeticamente annunciato. La rinascita dello Stato di Israele.

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