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Informazione Corretta Rassegna Stampa
17.11.2018 Gli ebrei del mondo arabo, l’argomento proibito: di George Bensoussan
Commento di Giuliana Iurlano

Testata: Informazione Corretta
Data: 17 novembre 2018
Pagina: 1
Autore: Giuliana Iurlano
Titolo: «Gli ebrei del mondo arabo, l’argomento proibito: di George Bensoussan»

Gli ebrei del mondo arabo, l’argomento proibito: di George Bensoussan
Commento di Giuliana Iurlano

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                                                      George Bensoussan

È appena uscito nelle librerie italiane l’ultimo saggio di George Bensoussan, “Gli ebrei del mondo arabo. L’argomento proibito” (Firenze, Giuntina, 2018) e subito si è scatenata la polemica, perché l’A. smonta pezzo per pezzo il mito della convivenza pacifica di ebrei e arabi in un lontano passato, un mito costruito paradossalmente dall’ebraismo tedesco nel XIX secolo per avvalorare la lotta per la propria emancipazione. Bensoussan, invece, utilizzando un’enorme quantità di fonti cronachistiche, diplomatiche e militari arabe, ebraiche ed occidentali, va alla sostanza della presunta armonia arabo-ebraica, dimostrandone la sostanziale inconsistenza, per il semplice fatto che gli ebrei erano incapsulati nello status precario dei dhimmi, sudditi “protetti” e insieme umiliati, continuamente in uno stato di soggezione fisica e psicologica, inferiori in tutto e per tutto e assimilati, anche nel linguaggio, ai cani. Ma non è tanto il contenuto della ricostruzione storica di Bensoussan che colpisce, quanto i meccanismi che compongono la stessa narrazione storica. Ciò che salta agli occhi, insomma, è che in qualche modo l’eurocentrismo ha giocato un ruolo fondamentale anche nella storia dell’antisemitismo. Molto si è detto e si è scritto sul percorso che dall’antigiudaismo cristiano ha portato all’antisemitismo moderno e da questo allo sterminio di sei milioni di ebrei, ma mentre si ricostruiva la storia degli ebrei nel Vecchio Mondo poco o niente si sapeva di quella comunità millenaria che ancora viveva nell’Oriente arabo. Un esempio tra i tanti: nell’Europa del XII e del XIII secolo, gli ebrei erano in uno stato di dipendenza dai sovrani e dai signori locali, sia laici che ecclesiastici; erano di fatto una “loro proprietà”, tant’è vero che che i signori parlavano dei “loro” ebrei usando la formula “Iudei nostri”. In Germania gli imperatori definivano gli ebrei “servi del nostro Tesoro”, in quanto sia gli ebrei che i loro beni erano di loro proprietà. Ora, ciò che risalta è che tale condizione che, nella storia europea, sembra in qualche modo tipica del mondo medievale (e che evolverà verso altre forme di pregiudizio e di persecuzione), è invece una condizione permanente nel mondo arabo, una condizione che si protrarrà fino agli inizi del XX secolo. Emblematico un rapporto del 1883 dal titolo “Reconnaisance au Maroc” dell’ufficiale francese Charles de Foucauld, in cui si dice che “ogni ebreo [...] appartiene corpo e beni al suo signore, al suo sid. [...] Il sid protegge il suo ebreo contro gli stranieri, come uno difende i propri beni. Lo usa allo stesso modo in cui gestisce il suo patrimonio, seguendo il proprio carattere. Il musulmano è saggio? Economo? Allora tratta con riguardo il suo ebreo [...]; l’ebreo è alla sua mercé”. Tutto ciò determinava quello che, nel 1946, Étienne Coidan aveva definito come “placido disprezzo”, che avrebbe trovato però il suo punto di rottura proprio grazie all’emancipazione ebraica, cominciata ad opera dell’Alliance israélite universelle (fondata a Parigi nel 1860), che, portando l’istruzione tra gli ebrei del mondo arabo, ne risvegliò irrimediabilmente le coscienze. Si trattò di un processo molto importante, che sferrò un duro colpo all’atavica condizione di umiliazione dell’ebreo nei confronti dell’arabo, il quale reagì accusandolo di “arroganza”. Lo sforzo della scolarizzazione giunta dall’Europa, se facilitò l’emancipazione delle società ebraiche del mondo arabo, scavò anche l’abisso tra le due comunità, mettendo in luce l’illusorietà del mito della “coesistenza felice”. Su questa spaccatura ormai irrimediabilmente definita si inserì il colonialismo europeo, che utilizzò in maniera strumentale ciò che stava accadendo, generalmente parteggiando per la parte araba e chiudendo gli occhi di fronte alle violenze cui gli ebrei erano sottoposti. Un altro elemento dell’antisemitismo europeo che spesso viene ricordato è il marranesimo spagnolo. Ma Bensoussan ci ricorda che il marranesimo in terra islamica, dopo la conquista almohade e la presa di Fez nel 1146, precedette il marranesimo in terra cristiana. L’Islam, insomma, anticipò di più di tre secoli il fenomeno dei “nuevos cristianos”: i “nuovi musulmani”, convertiti a forza, non vennero mai veramente integrati nella società e dovevano essere immediatamente individuabili con un abito diverso da quello dei musulmani originari. Anche da questo punto di vista, dunque, il contrassegno sull’abito non fu un’invenzione europea, ma andava ad aggiungersi ad uno status di sudditanza psicologica, che proprio nella postura del capo inclinato e negli occhi bassi, indicava la realizzazione anche visiva dello stereotipo dell’ebreo impotente e codardo. Ma, al di là dei tanti esempi che il saggio di Bensoussan suggerisce, è importante comprendere le ragioni di fondo dell’accettazione del mito dell’armonia arabo-ebraica. Da parte ebraica, esso in qualche modo è vissuto in un contesto irenico, nell’immaginario di un mondo perduto, in realtà mai esistito; da parte araba, invece, esso segna un punto di rottura in due direzioni: da un lato, come incapacità intrinseca dell’Islam di ripensare criticamente a se stesso e di procedere sulla strada della modernità, come è invece accaduto alle altre due religioni monoteiste; dall’altro, come ricerca di una giustificazione funzionale a perpetrare l’odio antiebraico, nutrito questa volta delle motivazioni legate all’emancipazione ebraica, prima, e al sionismo, poi. Molto prima che esplodesse il conflitto tra Israele e i palestinesi, insomma, 900.000 ebrei furono costretti ad abbandonare le proprie terre, “un esodo che – come sottolinea Bensoussan – mise fine a una civiltà bimillenaria, anteriore all’Islam e all’arrivo dei conquistatori arabi”.


Giuliana Iurlano è Professore aggregato di Storia delle Relazioni Internazionali presso l'Università del Salento. Collabora a Informazione Corretta


info@informazionecorretta.it

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