Israele e Italia inaugurano il primo eco-sistema digitale subacqueo Commento di Fabiana Magrì
Testata: La Stampa Data: 14 novembre 2018 Pagina: 31 Autore: Fabiana Magrì Titolo: «Chat sott’acqua, come i delfini»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/11/2018, a pag.31, con il titolo "Chat sott’acqua, come i delfini", il commento di Fabiana Magrì.
Fabiana Magrì
Il Mar Rosso a Eilat, in Israele
Ogni volta che l’archeologia subacquea e la tecnologia s’incontrano è una bella avventura. La prima volta, lo scorso settembre, lo scenario è stato il parco archeologico marino del porto di Erode a Cesarea, in Israele. Domani, invece, il direttore dell’unità di archeologia marina dell’Israel Antiquities Authority, Kobi Sharvit, e la professoressa de La Sapienza di Roma e direttrice di «Wsense» (società spin-off dell’università), Chiara Petrioli, si ritroveranno a Paestum, alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico. Insieme stanno rivoluzionando un settore dalle potenzialità ancora inespresse: l’archeologia subacquea. Per farlo - spiega Petrioli - applicano una tecnologia «tutta italiana, con brevetti internazionali su scala mondiale, che permette di esplorare e conoscere le profondità oceaniche, estendendo i nostri sensi sotto la superficie del mare».
Nodo, batteria e tablet «Archeosub» è il primo ecosistema digitale subacqueo, un insieme integrato di rete tra sommozzatori, robot e sensori. L’obiettivo del progetto (finanziato dall’agenzia europea Easme) è sviluppare prodotti e servizi innovativi per la scoperta, il monitoraggio e la valorizzazione di siti archeologici sommersi. Prima che «Wsense» brevettasse le reti di sensori la comunicazione sott’acqua dipendeva dal contatto visivo e i sub si esprimevano a gesti o dovevano riemergere per parlare con chi era a bordo della barca. Adesso, grazie ad un equipaggiamento davvero speciale - un nodo acustico, composto da una batteria e un modem, agganciato alla bombola, e tra le mani un tablet subacqueo dotato di app dedicate - ci si può scambiare messaggi, perfino immagini, anche con chi resta in superficie, in tempo reale, in una chat che funziona sul modello di WhatsApp.
«La lacuna era l’impossibilità di usare il wifi che, basandosi sulle onde radio, non funziona sott’acqua. La tecnologia rivoluzionaria per questa connessione - spiega Marco Merola, responsabile della comunicazione per “Wsense” - si basa sulle onde acustiche, le stesse usate dai delfini per dialogare a lunghissime distanze, esempio virtuoso in cui la scienza copia la natura». L’anello di congiunzione tra mondo sommerso e superficiale è una boa con un’antenna wifi che fa da ponte e traduce il segnale tra quello che avviene sotto e sopra l’acqua.
Drone a forma di manta A completare la squadra di «Archeosub» c’è un drone sottomarino a forma di manta, che può svolgere la mappatura acustica (cioè una scansione) dei fondali: «Zeno», come il santo protettore dei pescatori invocato contro le inondazioni, è un veicolo autonomo progettato e realizzato dall’Università di Firenze e dalla sua spin-off «Mdm Team» con caratteristiche specifiche per le necessità del progetto «Archeosub». Se la soprintendenza archeologica israeliana, per esempio, deciderà di acquistarne un esemplare, dovrà investire tra i 70 e i 100 mila euro. «Zeno» porta con sé una strumentazione talmente sofisticata che vale la metà del robot stesso. Una delle sue più preziose qualità è il sistema che consente una velocissima - bastano pochi minuti - sostituzione della batteria. Così, con «Archeosub», le rilevazioni archeologiche beneficeranno di un’accelerazione incredibile. «A Cesarea scaviamo da quasi 30 anni e abbiamo sondato appena il 5% del sito», spiega l’archeologo Sharvit, entusiasta di questa tecnologia. Ora gli studiosi cercano di spiegare perché, a un certo punto della storia, il porto di Cesarea, uno dei più grandi dell’impero romano con Ostia, Alessandria e il Pireo, si sia in parte inabissato, fino a essere abbandonato. La teoria attuale attribuisce il fallimento dello scalo a un evento catastrofico. Sharvit propende, invece, per l’ipotesi dell’incuria. Ora le risposte arriveranno più rapidamente, visto che «le missioni possono proseguire senza interruzioni per ore e siamo in grado di sondare aree più ampie molto velocemente. Inoltre, con il tablet collegato agli altri dispositivi, possiamo addirittura condividere immagini e informazioni senza riemergere».
Il prossimo 11 dicembre la squadra di «Archeosub» sarà di nuovo in Israele, a Haifa, per partecipare al workshop sulle tecnologie marine organizzato da «theDock - Smart Port, Smart Maritime Innovation Hub», una piattaforma nata per facilitare l’ingresso nel mercato alle start-up del settore della «blue economy» e della tecnologia marittima, dove opportunità e applicazioni a vasto raggio sono numerose. In Italia, per esempio, sono tanti i siti archeologici non sfruttati, con potenzialità straordinarie di sviluppo turistico attraverso itinerari subacquei. Ecco perché per «i prossimi test in programma in Italia - anticipa la direttrice di “Wsense” a “Tuttoscienze” - stiamo scegliendo un sito tra Liguria, Sicilia e Sardegna. Luoghi veramente clamorosi».
Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011 /65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante