Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 12/11/2018, a pag. II, l'analisi "In occidente sembra che non ci sia più niente che valga la pena di essere difeso" tratta da American Interest.
Ironia della sorte, due decenni dopo che gli esperti occidentali si sono prodigati sui vari ‘statebuilding’ e progetti di ‘nation-building’ per la stabilità e la democratizzazione nel mondo musulmano post 11/9, le democrazie in tutta Europa e Nord America si stanno rapidamente avvicinando al punto in cui il fallimento dello stato sistemico non è più una fantasia”, scrive lo storico Andrew Michta.
Andrew Michta
“Dopo decenni di decostruzione multiculturale dei loro stati-nazione, le democrazie occidentali si stanno fratturando internamente e i loro legami sociali e nazionali si stanno dissolvendo. Oggi, pensare alla sicurezza nazionale in occidente è uno degli aspetti più importanti della responsabilità sociale, della polarizzazione razziale e politica che non si vede dalla fine degli anni Sessanta. L’attuale moda per la politica dell’identità è avanzata al punto che la progressiva decomposizione degli stati-nazione occidentali è ora una possibilità. Mentre il collasso della civiltà può essere ancora molto lontano, le democrazie occidentali devono affrontare l’erosione del consenso di quello nazionale da cui derivano le loro comunità più grandi. Quando i legami nazionali si indeboliscono, la vitalità di una solidarietà transatlantica che poggia su più di semplici calcoli geostrategici perde un po’ del suo splendore. Uno studio del Pew Research Center del 2015 offre inquietanti intuizioni sulle visioni del pubblico occidentale quando si tratta della solidarietà alleata: nei sondaggi americani e canadesi i numeri non erano così impressionanti (56 per cento per gli Stati Uniti e 53 per il Canada); al contrario, in nessun paese europeo c’era una maggioranza a favore del rispetto dell’impegno della Nato. L’antica convinzione che ci siano cose in occidente che valga la pena di difendere è stata costantemente erosa. La democrazia è di ripartizione per definizione, e quando priva di un concetto forte generale di un’identità nazionale condivisa che si traduce in un senso di mutualità e di reciprocità nella società (in definitiva, il patriottismo), è adatta a biforcarsi nell’anarchia. Mentre il consenso frattura la solidarietà transatlantica ed è una delle principali conseguenze della balcanizzazione della nazione lungo linee etniche in tutto l’occidente, il processo fondamentale minaccia di indebolire la capacità di recupero delle nazioni occidentali, che è essenziale per la sicurezza nazionale. Uno dei più grandi successi delle democrazie occidentali è stato la capacità di assorbire più etnie e fedi, pur mantenendo la sovrapposizione di una monocultura nazionale più grande per servire come quadro essenziale per i processi democratici. Tuttavia, con il raggiungimento della maggiore età della generazione degli anni Sessanta, il concetto generale di un’affinità culturale condivisa come fondamento dell’identità nazionale è stato progressivamente spostato. Se la cultura occidentale non è altro che un meccanismo di oppressione, qual è il significato della solidarietà transatlantica in una crisi? Se le nostre nazioni sono poco più che eredità condivise di vergogna e ingiustizia, perché rischiare sangue e soldi per difenderle? La domanda nel momento presente è questa: cosa succede quando il multiculturalismo e la politica di identità di gruppo fanno il loro corso? Nonostante la crescita di istituzioni e regimi internazionali, lo stato-nazione con confini territoriali chiaramente definiti rimane il modo più efficace per garantire la sicurezza e, per estensione, la libertà sociale e individuale. La funzione di sicurezza nazionale dello stato rimane irriducibile. Quando la nazione in quanto tale perde la capacità, da sola o attraverso un’alleanza, di provvedere alla sua sicurezza e quindi di plasmare il proprio destino, le discussioni sui diritti o sulle libertà o sulla giustizia sociale alla fine diventano accademiche. E’ tempo che le nostre società inizino una significativa discussione sulla sicurezza nazionale sia sull’importanza vitale di un’identità nazionale condivisa sia sui pericoli intrinsechi dell’ideologia multiculturale. La riluttanza ad affrontare entrambi questi argomenti deriva, naturalmente, dalla storia dell’Europa con il nazionalismo e il totalitarismo e il calamitoso razzismo e genocidio che i regimi animati da essi hanno prodotto. Storicamente il ‘multiculturalismo’ è solo una fase di transizione che porta alla frammentazione e alla disintegrazione finale di comunità più grandi. Se non troviamo il coraggio di parlare di questo problema, la balcanizzazione delle nostre nazioni continuerà a ritmo sostenuto, con un esito fin troppo prevedibile”.
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