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La Stampa Rassegna Stampa
04.11.2018 Iran: dopo le sanzioni di Trump ecco chi sta con la democrazia e chi con il terrorismo
Servizi di Giordano Stabile, Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 04 novembre 2018
Pagina: 11
Autore: Giordano Stabile-Paolo Mastrolilli
Titolo: «Iran, il turismo per aggirare le sanzioni di Trump-Le sanzioni Usa all'Iran per accelerare il cambio di regime»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/11/2018, alle pagg.11 e 21, due servizi di Giordano Stabile e Paolo Mastrolilli sull'Iran dopo la conferma delle sanzioni Usa. Entrambi aiutano a capire chi sta dalla parte della democrazia e chi si schiera a difesa del terrorista Iran.

Giordano Stabile- Iran, il turismo per aggirare le sanzioni di Trump

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Giordano Stabile           Vacanze in Iran? NO, grazie!

Turismo al posto del petrolio. Sembra una scommessa al limite dell’impossibile per un Paese come l’Iran, da quarant’anni in conflitto con l’Occidente. Ma Teheran ci crede e quest’anno ha raccolto i primi frutti di una politica di apertura senza precedenti, con linee da crociera che ora lo collegano a tutti i Paesi vicini, visti facilitati, anche per gli europei, investimenti in resorts sul Golfo Persico e il Mar Caspio. La Repubblica islamica ha bisogno di valuta forte per sostituire gli incassi dalla vendita del greggio e l’arrivo di visitatori stranieri è la via più veloce per ottenerla. Nel periodo estivo, da marzo ad agosto i turisti dall’estero sono saliti a 3,14 milioni, con un aumento del 45 per cento rispetto all’anno scorso. Nell’anno persiano 2017-2018, che va da marzo a marzo, erano stati 5,11 in tutto: il ministero del turismo punta a raddoppiarli. Un primo «vantaggio» è la spettacolare svalutazione del rial. Nei primi sei mesi del 2018 il valore della moneta locale si è dimezzato rispetto al dollaro. Questo significa viaggi che costano la metà per chi arriva. L’Iran ha 23 siti inclusi nel patrimonio mondiale dell’Unesco - dalla Persepolis di Ciro il Grande al capolavoro dell’arte islamica che è il centro storico di Isfahan - ma per attirare la clientela dei Paesi vicini ha puntato su attrazioni più profane. A settembre è stata inaugurata la prima linea croceristica iraniana. Un nave da 420 posti, la Sunny, costruita in Svezia collega il porto di Bandar Abbas con Sharjah, negli Emirati arabi uniti. In teoria nemici irriducibili, ma nel Golfo i rapporti commerciali, ufficiali o no, non si interrompono mai. La Sunny è la prima nave da crociera iraniana dai tempi della rivoluzione islamica, e oltre a portare turisti da una sponda all’altra può anche trasportare container. Con i prezzi stracciati offerti l’esperimento è riuscito in pieno ed entro l’anno apriranno le linee fra Bandar Abbas e Khassab in Oman, e fra Anzali e la russa Astrakhan, sul Mar Caspio. Ad Anzali è stata creata anche una zona franca, che ha già attirato decine di aziende straniere ma l’obiettivo è dirottare in Iran parte dei visitatori russi che scelgono la Turchia, sempre con l’offerta di prezzi concorrenziali. Altri collegamenti navali puntano a incrementare il turismo religioso dal Pakistan, dove il 20 per cento dei 210 milioni di abitanti è sciita, un mercato enorme. Per il mercato europeo sono invece in costruzione resorts su 14 isole della provincia di Hormozgan, davanti allo Stretto di Hormuz. Nonostante il traffico di petroliere, è un’area ben conservata, con una specie unica di tartarughe e persino coccodrilli. Sono in costruzione una ventina di hotel a cinque stelle, con finanziamenti agevolati da parte dello Stato, a tassi molto bassi. L’immagine di Paese bellicoso, dominato dai Pasdaran, però frena gli arrivi dall’Europa. Per questo il ministero del Turismo è riuscito a ottenere un allentamento del regime dei visti. Ormai quelli turistici di breve durata sono concessi all’aeroporto ai cittadini di quasi tutti i Paesi del mondo, tranne dieci, in testa gli Stati Uniti. L’apertura riguarda però anche i Paesi del Golfo, a cominciare dall’Oman. Lo scontro strategico e ideologico è insomma meno forte dello spirito commerciale. L’altro cliente corteggiato è la Cina e i visitatori in transito: i cinesi hanno ora permessi di ingresso gratuiti fino a 72 ore di permanenza. Il tempo stringe. Lunedì 5 novembre entreranno in vigore le sanzioni americane su petrolio e derivati. L’export iraniano è già sceso da 2,8 a 1,8 milioni di barili al giorno. Per non finire strangolata la Repubblica islamica ha una sola possibilità: aprirsi al mondo.

Paolo Mastrolilli- Le sanzioni Usa all'Iran per accelerare il cambio di regime

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Paolo Mastrolilli    Le sanzioni in arrivo

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Ecco come il Guardian si schiera in difesa della dittatura iraniana

Dietro alle dichiarazioni ufficiali, le rinnovate sanzioni americane all’Iran vengono viste come l’arma più potente di una strategia finalizzata a provocare il cambio di regime a Teheran. È curioso però che le reazioni più tiepide, o persino negative, siano venute proprio dai falchi che in teoria dovrebbero appoggiare questa offensiva. Trump è sempre stato chiaro nella sua opposizione all’accordo nucleare firmato da Obama. Lo ha bocciato come l’intesa più stupida mai negoziata dagli Usa, perché in cambio di una provvisoria sospensione dello sviluppo delle armi atomiche, aveva consegnato agli ayatollah gli strumenti economici e politici per affermare la loro supremazia in tutto il Medio Oriente. La strategia del presidente è stata finalizzata ad interrompere questa avanzata iraniana, dalla Siria allo Yemen, rilanciando l’alleanza con Arabia Saudita e Israele. In questo quadro, la cancellazione dell’accordo nucleare era uno sviluppo naturale, nonostante il primo segretario di Stato Tillerson e il capo del Pentagono Mattis non fossero favorevoli, perché lo ritenevano utile a frenare le ambizioni atomiche della Repubblica islamica. Con l’arrivo di Mike Pompeo a Foggy Bottom, e soprattutto di John Bolton alla Casa Bianca come consigliere per la Sicurezza nazionale, questa strategia ha subito un’accelerazione. Brian Hook, ex direttore politico del dipartimento di Stato, ha ricevuto l’incarico di guidare l’Action Group costituito per gestirla. Ufficialmente Washington dice di non volere il cambio di regime, ma un profondo cambiamento nei comportamenti dell’Iran. Ha elencato dodici richieste per non rinnovare tutte le sanzioni, dichiarando che l’obiettivo è spingere gli ayatollah a firmare un nuovo accordo, che oltre ad impedire per sempre la costruzione delle armi nucleari, limiti anche lo sviluppo dei missili, e metta fine alle ingerenze destabilizzanti nella regione, a partire da quelle di Hezbollah in Siria. Molti analisti ritengono che ci sia in realtà la volontà di provocare il cambio di regime dal basso. Le sanzioni stanno già strozzando l’economia iraniana, e prima ancora di colpire la Guardia repubblicana, generano risentimento nella popolazione, la spingono alla protesta, e indeboliscono il governo del presidente Rohani. Ciò potrebbe favorire l’ascesa dei falchi, ma una nuova stretta aumenterebbe anche la rabbia popolare. In questo quadro l’Arabia svolge un ruolo fondamentale, perché tocca a lei aumentare la produzione petrolifera per compensare le mancate forniture iraniane, mentre la sfida si riaccende con l’Europa che attraverso il «veicolo» commerciale prospettato dalla commissaria Mogherini vorrebbe tenere in vita gli scambi e l’accordo nucleare. La cosa curiosa è che sono stati proprio i falchi a criticare i provvedimenti di venerdì, in particolare le esenzioni per otto Paesi, perché li considerano un cedimento. Bolton doveva fare una dichiarazione in tv, ma ci ha rinunciato, lasciando sospettare che non condividesse in pieno la sostanza dell’iniziativa. United Against Nuclear Iran, organizzazione bipartisan guidata dall’ex senatore democratico Lieberman, è stata anche più dura: «Che fine ha fatto la massima pressione? Il governo si è piegato. Alla grande». Il senatore Graham ha criticato la debolezza delle sanzioni, e il collega Cruz ha già pronta una proposta di legge per inasprirle. Ora sarà Trump, viste queste reazioni, a decidere se proseguire sulla strada intrapresa per arrivare a negoziare un nuovo trattato, oppure accelerare verso il cambio di regime.

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