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Gli israeliani lavorano sino al 20 luglio per lo Stato. Solo dopo quella
data cominciano a mettersi in tasca i profitti del loro lavoro. Paragonati
agli americani, che per lo Stato lavorano solo fino all'11 aprile, forse
hanno buone ragioni per lamentarsi. Eppure, malgrado le altissime tasse che
devono pagare, sanno che la loro sicurezza e' al di sopra di ogni altra
valutazione.
Sicurezza e' una parola che a noi europei e' diventata famigliare a causa
del terrorismo islamista internazionale. In Israele, sin dalle prime
immigrazioni di fine '800, il senso profondo di quella parola e' cresciuto
insieme alle necessita' quotidiane di prefigurare la nascita del futuro
Stato ebraico. Una parola che nessuno ha mai sottovalutato, legata com'e'
alla difesa dei cittadini contro chi vorrebbe privarli delle loro liberta'.
Se oggi il terrorismo palestinese attacca con i missili Kassam le citta'
vicine al confine con Gaza, scenari di pericoli imminenti e molto piu' gravi
sono quelli che si aprono con la reale possibilita' che l'Iran possa dotarsi
in tempi brevi di armi nucleari. Con il preciso compito di lanciarle su
Israele, come ha minacciosamente e apertamente dichiarato il governo degli
Ajatollah. Israele ha dovuto quindi dotarsi di armi di difesa per garantirsi
al 100% contro ogni possible attacco. In questi giorni in California si sono
conclusi con successo I test del sistema anti-missile ''Arrow'', in grado di
intercettare e distruggere in volo I missili scud, anche quelli provenienti
da paesi lontani e non confinanti come l'Iran. Non meno vitale e' la
prevenzione. Grazie al satellite ''Ofek'', Israele e' in grado di
controllare dal cielo qualsiasi movimento nei paesi vicini che potrebbero
mettere a rischio la sua difesa. Malgrado gli ultimi quattro anni di
Intifada, che hanno causato non solo molti lutti ma anche danneggiato
seriamente l'economia, Israele ha saputo eccellere in maniera significativa
in molti campi. La mortalita' infantile e' inferiore a quella degli Stati
Uniti: sei per mille, mentre per l'educazione scolastica e' fra i primi
dieci paesi del mondo. Il livello delle universita' e' superiore a Svizzera,
Germania, Australia e Stati Uniti. Da rilevare che questi numeri includono
tutta la popolazione, ebrei e arabi. Numeri che potrebbero essere ancora
piu' importanti se, come dicevamo,la guerra al terrorismo e un indubbio
isolamento internazionale (pensiamo a organismi come l'ONU,ma non solo) non
avessero penalizzato scambi e rapporti economici.
Eppure Israele assicura ai suoi bambini un sistema scolastico fra i migliori
del mondo, mentre quello stesso mondo non ha nulla da dire a un Arafat che
ai bambini della sua gente indica il martirio come lo scopo piu' alto da
raggiungere. Diventate ''Shahid'',martiri, e' l'urlo ossessivo che TV e
media palestinesi da anni trasmettono con i risultati che conosciamo. Certo
Arafat, e con lui i suoi dirigenti, si guardano bene dall'applicare a se
stessi le medesime regole. Quando la moglie del rais, Suha, se ne ando'
quattro anni fa a Parogi con la figlia Zahwa, che oggi ha nove anni,
affitto' un intero piano dell'esclusivo 5 stelle hotel Bristol in Faubourg
St Honore' per la modica cifra di 15.000 $ a notte. Cosi' come riceve dal ''
prigioniero di Ramallah'' 150.000 $ al mese per l'esilio parigino. Ancora
oggi e' impossibile controllare quale strada prendono I finanziamenti che
Arafat continua a ricevere dagli organismi internazionali (Unione Europea in
testa). Una strada (di sicuro non fra le naggiori) adesso la conosciamo, e'
a Parigi, non lontano dall'Arco di Trionfo.
''Crisi, quale crisi?'' continua a ripetere il rais. La crisi c'e', eccome,
e proprio all'interno del mondo palestinese, che ha pagato un prezzo molto
alto per accorgersi alla fine che l'eliminazione di Israele era e rimane il
desiderio inappagato di una leadership rivelatasi storicamente
irresponsabile. Da questa crisi sta emergendo il nome di Mohammed Dachlan,
l'ex capo della sicurezza di Gaza e oggi fra gli oppositori piu' in vista di
Arafat. Vedremo quanto filo da torcere sapra'daragli. |
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