Apertura totale all'immigrazione: Donatella Di Cesare (già seguace del nazista Heidegger) per l'accoglienza indiscriminata e contro Donald Trump il cattivo uso della filosofia
Testata: Corriere della Sera Data: 02 novembre 2018 Pagina: 28 Autore: Donatella Di Cesare Titolo: «Trump, i miti del complotto e la carovana dei migranti»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/11/2018, a pag. 28 con il titolo "Trump, i miti del complotto e la carovana dei migranti" il commento di Donatella Di Cesare.
Per una volta Donatella Di Cesare non scrive di Martin Heidegger, il filosofo di Hitler di cui per lunghi anni ha contribuito a diffondere - insieme a Gianni Vattimo - il verbo in Italia (è stata anche vicepresidente della Fondazione tedesca nata per onorare Heidegger, ma non ha ancora dato spiegazioni in materia).
Negli ultimi mesi - e anche nell'articolo di oggi - Di Cesare ha scritto anche sul "diritto di migrare" e aperto le porte in modo indiscriminato e totale all'immigrazione clandestina. Le ragioni accampate, a partire dall'alterità totale e irriducibile dell'altro, si scontrano però con la realtà dei fatti, che Di Cesare non prende minimamente in considerazione: islamismo, sharia importata in Europa, estremismo e terrorismo islamico. Di fronte a questi argomenti Di Cesare rimane in silenzio, come lo è quando non la racconta tutta su Heidegger. In compenso attacca direttamente Donald Trump, accusato di essere "borioso" e di "fomentare l'odio", senza spiegare il motivo di questi giudizi, arrivado a collegarlo con a strage alla sinagoga di Pittsburgh.
Ecco l'articolo:
Islamizzazione: quello che Di Cesare non mette in conto
Quando arriveranno alla frontiera con gli Stati Uniti? Forse una minuscola avanguardia giungerà tra un mese. Ma per i più la smisurata distanza del territorio messicano è un ostacolo insuperabile. Non si sa quanti siano davvero: tremila, quattromila, seimila. Nessuno può contarli. Ormai si sono sparsi e frammentati. Certo è che il 12 ottobre molti honduregni, rispondendo a un messaggio rilanciato sui social network, si sono messi in marcia verso l’America. Hanno formato una carovana partita da San Pedro Lula. Insieme si è meno vulnerabili. Si sono aggiunti per via guatemaltechi e salvadoregni, trascinati dalla convinzione di quei migranti, ma come loro spinti dalla miseria, dalla violenza, dalla fame, dall’assenza di un futuro. La loro scelta è esistenziale: cercano una nuova vita. Ma la carovana dei migranti è anche una mobilitazione politica. Sta qui la novità. La loro fuga è una protesta aperta. È un manifesto. Perciò in poco tempo è assurta a simbolo. Inutile voler parlare qui di «clandestini», quello stigma che colpisce chi muovendosi tra le frontiere si sottrarrebbe alla luce del giorno dissimulandosi. Nella carovana nessuno vuole nascondersi. I migranti della carovana si fermano a parlare con giornalisti e reporter, si affacciano agli obiettivi dei fotografi. Ciascuno racconta la sua storia, ripercorre le tappe di quel drammatico viaggio.
Donald Trump, colpevole di ogni misfatto
All’unisono gridano che nei loro paesi dimenticati i poveri non riescono a sopravvivere. Trump non ha esitato a criminalizzarli: nella carovana ci sarebbero avanzi di galera, terroristi potenziali, nemici occulti. Ed è pronto a spedire oltre 15.000 militari. Ma la carovana appare piuttosto un convoglio di umiliati, espulsi, sconfitti. Donne anziane con i loro nipoti, adolescenti fuggiti di casa, moltissimi bambini. Di qui l’allarme di Save the children: già stremati per il viaggio estenuante, i minori vanno «trattati con umanità». Chiedere asilo non è un crimine. Eppure il governo americano, che già detiene illegalmente più di 13.000 minori non accompagnati, ha annunciato ulteriori misure punitive, mentre Trump vorrebbe addirittura abolire il 14° emendamento della Costituzione che garantisce la cittadinanza a chi nasca sul suolo americano. Ne verrebbero colpiti i figli di coloro che vivono e lavorano già da tempo negli Stati Uniti. È possibile cancellare con un colpo di spugna un diritto costituzionale? Certo che no. Ma le elezioni di midterm sono alle porte e Trump continua a soffiare sul fuoco, annunciando boriosi proclami, fomentando l’odio, sfruttando la paura, gridando al complotto. Sono queste – tra miopia e malafede – le sue armi. In America, dove l’antisemitismo era relegato al ricordo, non era mai avvenuto un attacco a una sinagoga. Ed ecco che ora gli ebrei – così vuole uno dei tanti miti complottistici – sono ritenuti responsabili di quella «sostituzione etnica» della «razza bianca» che sarebbe ormai in atto. Persuaso di ciò, il terrorista di estrema destra ha fatto strage a Pittsburgh. È difficile contrastare i pericolosi miti del complotto che offrono a chi non ha voglia di leggere, studiare, pensare, una facile scorciatoia interpretativa. I complottisti nostrani sono già alla ricerca del burattinaio che avrebbe messo in moto la carovana. Come se i migranti fossero pacchi e non persone in grado di decidere. Non si tratta di essere pro o contro, bensì di guardare al fenomeno nella sua complessità. I migranti nel mondo sono ormai più di 250 milioni, un vero continente. Stupisce che il numero non sia più elevato, se un quarto dell’umanità dispone di ricchezze e risorse precluse agli altri tre quarti, se si è andata accentuando l’enorme disparità tra la sfera del mondo occidentale e i perdenti della globalizzazione, mentre è cresciuta, grazie ai nuovi media, la consapevolezza che una vita migliore sia possibile. Non è difficile ipotizzare che le cifre aumenteranno. Come la carovana, il continente dei migranti è un variegato popolo in movimento che sfida le frontiere dell’ordine mondiale. Contro questo popolo si erge lo Stato-nazione, ultimo baluardo del vecchio assetto. Lo scontro attuale è tra la sovranità statuale e il diritto di migrare. La geopolitica dei muri segna però anche quello scontro tra Nord e Sud, antico per via di uno squilibrio profondo, che sembra incolmabile, ma esasperato oggi da un’ostilità prima sottotraccia. Nessuna compassione, né indulgenza, né solidarietà. La nuova frontiera è quella di un Nord deciso a contenere la spinta dell’immigrazione, anche a costo di murare la democrazia e di cancellare i diritti umani.
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