Come rendere più saporito il brodo anti-Trump
Commento di Antonio Donno
Accusare in ogni modo Trump è un esercizio oggi di moda tanto da consentire al giornalismo internazionale anti-trumpiano di sbizzarrirsi in analisi irrealistiche ma di sicuro effetto.
Così, l’articolo di Daniele Raineri sul “Foglio” di martedì 30 ottobre 2018 non si sottrae a questa tendenza. Dispiace vedere un giornalista di vaglia come Raineri sottostare ad una sorta di obbligo che caratterizza il giornale fondato da Giuliano Ferrara.
Daniele Raineri Giuliano Ferrara con bassotti
Ma così va il mondo del giornalismo nostrano, e non solo nostrano. Nonostante che Trump abbia un’Amministrazione imbottita di ebrei e la sua politica sia, con ogni evidenza, favorevole a Israele, come lo stesso Raineri riconosce, il giornalista del “Foglio” afferma che la politica trumpiana ha usato il “fischietto per cani” al fine di eccitare l’estrema destra a sostenere il “Make America first again” contro coloro che non sono bianchi e americani. E, di conseguenza, il complotto pluto-giudaico-massonico è tornato prepotentemente all’ordine del giorno.
I recenti fatti di Pittsburgh e la crescita delle azioni antisemite negli Stati Uniti confermerebbero la responsabilità di Trump di aver spostato il suo elettorato verso posizioni razziste e antisemite.
Cerchiamo di vedere più chiaro in queste affermazioni di Raineri.
Innanzitutto, il dato evidente, clamoroso, è che l’antisemitismo è cresciuto in Europa allo stesso modo che negli Stati Uniti e questo ben prima che alcune formazioni di destra avessero conquistato il potere in alcune nazioni europee.
Non è vero che l’atteggiamento dell’Unione Europea nell’ultimo decennio, e ancor più indietro, sia stato profondamente contrario alla politica israeliana?
Non è dunque evidente che la diffusione capillare di atteggiamenti e condanne da parte delle istituzioni europee abbiano veicolato nell’opinione pubblica del continente un giudizio negativo, ostile nei confronti dello Stato ebraico?
Questo giudizio tanto ostile quanto preconcetto non è venuto a fondersi con le posizioni tradizionali antisemite mai scomparse in Europa dalla fine del secondo conflitto ad oggi?
Per spiegare la crescita dell’antisemitismo nel Vecchio Continente non bisogna far riferimento alla politica israeliana, bensì alla politica anti-israeliana e filo-iraniana dei burosauri europei, i cui atteggiamenti hanno dato man forte alle posizioni più estremistiche anti-ebraiche della componente islamica presente in Europa.
Accertato questo, torniamo agli Stati Uniti.
Secondo Raineri, l’uso del “fischietto per cani” avrebbe compattato il mondo bianco conservatore americano e scatenato la caccia all’ebreo. È vero che nell’abitazione del terrorista bianco vi erano immagini di Trump, ma questo sarebbe sufficiente ad affermare che il presidente americano, con la sua politica e con il suo presunto richiamo alla “supremazia bianca”, abbia favorito la crescita dell’antisemitismo negli Stati Uniti?
Forse sarebbe il caso di guardare più attentamente nel fronte opposto, quello democratico, e in particolare quello liberal. Il sostegno ad Obama e alla sua politica di appeasement nei confronti dell’Iran ha diffuso in molti settori dell’opinione pubblica negli Stati Uniti un malcontento, anzi una forte opposizione nei confronti della politica di Netanyahu, contrario all’accordo sul nucleare con l’Iran, che ha finito per porre Israele nella categoria dei nemici della pace.
Come la storia dell’antisemitismo dimostra, a partire dalla nascita di Israele nel 1948, la sua crescita in Occidente spesso non si è slegata dall’opposizione, dalla critica, anche virulenta, nei confronti della politica di Israele. Anzi, è proprio il contrario.
Così, non si può negare che la continua, sottile condanna della politica israeliana da parte del mondo democratico e liberal americano abbia diffuso lentamente, ma profondamente un’antipatia verso Israele che il giornalismo liberal ha trasferito a piene mani nell’opinione pubblica americana. La critica a Israele non si è mai dissociata da una ripresa sotterranea dell’antisemitismo, oggi dell’antisionismo come mascheratura “democratica” dell’antisemitismo, espresso nelle più varie forme.
La crescita dell’antisemitismo in Occidente ha ragioni più profonde, che sono state analizzate in molti libri, a meno che non si voglia sostenere che il suo aumento in Europa sia colpa di Trump. C’è da aspettarsi anche questo.
Un’ultima osservazione. Nel suo articolo Raineri mescola razzismo e antisemitismo con una certa leggerezza. Come egli stesso sa, i due fenomeni hanno origini e sviluppi molto diversi. Ma rigirarli nella stessa pentola, in questa occasione, sembra che faccia un brodo anti-trumpiano più saporito.
Antonio Donno