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Il Manifesto - Avvenire Rassegna Stampa
31.10.2018 Elezioni amministrative in Israele: Michele Giorgio sbaglia le previsioni e disinforma
Ecco come è andata

Testata:Il Manifesto - Avvenire
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Urne vuote a Gerusalemme est e in Golan - Al voto per le Comunali: 6,6 milioni alle urne»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 31/10/2018, pag.14 la breve "Al voto per le Comunali: 6,6 milioni alle urne"; dal MANIFESTO, a pag. 16, con il titolo "Urne vuote a Gerusalemme est e in Golan", il commento di Michele Giorgio, preceduto dal nostro.

A destra: Moshe Lion (imprenditore, sostenuto da liste di destra), Ofer Berkovitch (indipendente): andranno al ballottaggio il 13 novembre per il comune di Gerusalemme. Fuori dal ballottaggio il candidato del Likud Ze'ev Elkin.

Ecco i vincitori delle elezioni nelle altre principali città israeliane:

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Tel Aviv: Ron Huldai. E' sindaco di Tel Aviv dal 1998 dopo una lunga carriera nell'esercito di difesa israeliano.

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Haifa: Einat Kalisch Rotem (partito laburista). E' il volto nuovo di queste elezioni e la prima donna eletta sindaco a Haifa. Ha vinto su Yona Yahav con il 57% dei voti

Ecco gli articoli:

AVVENIRE: "Al voto per le Comunali: 6,6 milioni alle urne"

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Gerusalemme. Ieri 6,6 milioni di israeliani si sono recati alle urne per le elezioni comunali. Occhi puntati su tre grandi municipalità: Gerusalemme (dove il sindaco uscente Nir Barkat, che ha completato due mandati, non si ripresenta, aprendo la sfida a diversi candidati), Tel Aviv (dove si ripresenta Ron Huldai, in carica dal 1998) e Haifa (si ripresenta Yona Yahav al timone da 15 anni). Un eventuale ballottaggio per i sindaci è previsto il 13 novembre. Per la prima volta dalla guerra del 1967 si è votato anche in quattro Consigli municipali drusi sulle Alture del Golan. Qui una parte della comunità locale drusa ha chiesto il boicottaggio del voto per manifestare "fedeltà" alla Siria.

IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Urne vuote a Gerusalemme est e in Golan"

Mentre la breve di Avvenire informa correttamente, il pezzo di Michele Giorgio è unidirezionalmente contro Israele. Giorgio, nel tentativo incessante di demonizzare lo Stato ebraico, sbaglia anche completamente le previsioni perché scrive di una "vittoria quasi certa dell'ultranazionalista Elkin" a Gerusalemme. Elkin, invece, non è arrivato neanche al ballottaggio. La realtà a Giorgio evidentemente non interessa: è più comoda la propaganda contro Israele a qualsiasi costo, fino a non riportare i risultati elettorali veri.

Ecco il pezzo:

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Michele Giorgio

Si sono chiusi ieri sera alle 22, ora locale, le elezioni amministrative in Israele, a Gerusalemme e nel Golan. L'orario non ci ha permesso di riportare l'esito delle consultazioni. Non si attendevano però grandi sorprese dall'elezione di sindaci e consigli comunali e regionali che ha portato alle urne circa sei milioni di israeliani, pur essendo un test per le elezioni politiche del 2019.

DIVERSI CANDIDATI a sindaco ieri non sembravano in grado di vincere al primo turno (con almeno il 40% dei voti) e dovranno affrontare il ballottaggio il 13 novembre. L'interesse principale è ruotato intorno a Gerusalemme. La città, un feudo della destra israeliana e dei religiosi ortodossi, è al centro dell'attenzione dopo il suo riconoscimento come capitale di Israele fatto circa un anno fa da Donald Trump. Il Likud del premier Netanyahu ha schierato un pezzo da novanta, il ministro per Gerusalemme, Zeev Elkin, un ultranazionalista religioso, per sostituire il sindaco uscente Nir Barkat. Nel difficile tentativo di sbarrargli il passo si sono impegnati Ofer Berkovitch, punto di riferimento di una parte degli elettori laici, e Moshe Lion, sostenuto dai partiti religiosi. Spinto da sondaggi favorevoli, Elkin ha proclamato in campagna elettorale di voler rendere Gerusalemme ancora più la capitale di Israele e di voler condurre una campagna contro le costruzioni «illegali». In sostanza vuole demolire le case che i palestinesi costruiscono senza i permessi edilizi concessi con il contagocce dalle autorità comunali ai cittadini arabi.

L'HANNO FATTO TUTTI i suoi predecessori. Elkin però sostiene di volerlo fare in modo rapido e massiccio. E cosi ha fornito ai palestinesi (oltre il 30% della popolazione secondo le statistiche ufficiali, il 40% nella realtà) nella zona araba, est, occupata nel 1967, di Gerusalemme un motivo in più per boicottare le urne, come hanno fatto negli ultimi 51 anni.

SOLO UNA FRAZIONE di abitanti di Gerusalemme est ha partecipato al voto che pure vedeva tra i candidati Ramadan Dabash, un palestinese nel sobborgo di Sur Baher che si proclama «sostenitore» del Likud di Netanyahu. Quest'anno tra i palestinesi si è discusso della possibilità di partecipare al voto, affermando comunque il rifiuto della sovranità di Israele su tutta la città, in modo da portare in consiglio comunale un'opposizione forte alle politiche dell'amministrazione israeliana. Alla fine è però prevalsa la continuità del boicottaggio. «La partecipazione al voto per molti non avrebbe avuto alcun senso», ci ha spiegato l'analista di Gerusalemme Mahdi Abdel Hadi, direttore del centro studi Passia, «a maggior ragione ora che la Knesset (il parlamento israeliano, ndr) ha approvato la legge che definisce tutto il territorio controllato da Israele appartenente al popolo ebraico. Anche chi si proclama simpatizzante del Likud (Dabash, ndr) sa bene che non avrà alcun potere entrando in consiglio comunale». Senza democrazia e uguaglianza tra israeliani e palestinesi, ha aggiunto Abdel Hadi, «l'unica strada è il boicottaggio dell'occupazione. La legalità internazionale era e resta il punto di riferimento dei palestinesi di Gerusalemme».

ISRAELE «STATO della nazione ebraica» invece non ha spinto i palestinesi cittadini di Israele a boicottare le urne o ad attuare altre forme di protesta. L'affluenza nei centri abitati arabi in Galilea è stata sostenuta. «Il voto amministrativo è importante per i palestinesi in Israele, soprattutto quelli dei villaggi e centri rurali - ci ha detto la giornalista di Haifa, Nahed Dirbas - Possono votare per candidati che sono parte della loro comunità, per sindaci che sono palestinesi, cosa che non accade quando si vota per la Knesset». Sulle alture del Golan - occupate nella guerra del 1967 con la Siria e unilateralmente annesse ad Israele nel 1981- invece è scoppiata la protesta dei 22mila abitanti drusi. Perla prima volta sono state organizzate elezioni in quattro consigli regionali drusi e la leadership politica e religiosa locale ha minacciato un «boicottaggio sociale» nei confronti sia dei candidati sia dei vo- tanti. In due villaggi, Masada e Bukata, tutti i candidati ieri hanno dato forfait.

A MAJDEL SHAMS le urne sono rimaste vuote e migliaia di drusi hanno inscenato proteste sventolando la bandiera siriana. Decine di loro sono stati feriti dalle cariche della polizia israeliana che ha cercato di aprire un varco per i pochissimi elettori decisi ad entrare nei seggi.

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